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Plotino. Molteplice come emanazione e degradazione


Il molteplice non può che essere una produzione dell’Uno. Egli usa propriamente il termine emanazione: per spiegarlo egli si serve di immagini come l’irradiazione della luce dal sole, o di profumo da una sorgente odorosa: più si è vicini ad essa, più è intesa e si fanno singole e concise le parti di tale irradiazione; più si è lontano più tale irradiazione va incontro ad un processo di degradazione. In questo modo l’irradiazione procede senza che all’Uno venga meno qualcosa. L’emanazione quindi non scaturisce da un’azione volontaria dell’Uno e questo è stato uno dei punti di maggior conflitto con la filosofia cristiana che considerava il mondo come frutto della creazione di Dio. Plotino non poteva accettarlo perché si ripresentava il rischio di cadere nell’antropomorfismo. Il processo allora che porta dall’Uno ai molti è un processo spontaneo ed eterno, senza inizio né fine, come eterna è la sorgente da cui provengono.

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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