La fattispecie dei delitto tentato: la direzione non equivoca degli atti
b). La direzione non equivoca degli atti
Non è facile individuare con certezza quale sia il grado di sviluppo della condotta minimo indispensabile (problema dell’inizio dell’azione punibile).
Nell'interpretazione del concetto di «atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto», per garantire una (almeno relativa) certezza nella distinzione fra atti punibili e atti non punibili, è necessario seguire una concezione obiettiva, nel senso che gli atti compiuti debbano presentare un nesso finalistico obiettivamente rilevante con la commissione del delitto.
Se questo nesso deve essere individuato negli atti in sé e per sé considerati, il giudizio di non equivocità rischia di risultare impossibile, o di ridursi alle sole ipotesi in cui la consumazione è ormai quasi raggiunta (così, ad es., se Tizio entra nottetempo in casa altrui, il suo atto, valutato di per sé, può essere diretto a molti obiettivi: il furto, la rapina, il danneggiamento, la violenza sessuale).
Se non si precisa il Termine di riferimento (rispetto a che cosa l'atto è equivoco od univoco), il giudizio poggia in realtà sul vuoto. Una corretta applicazione della concezione obiettiva postula dunque la previa identificazione del delitto che il soggetto intendeva commettere, sulla base di tutte le possibili risultanze probatorie; dopo di che sarà necessario stabilire se gli atti commessi assumono una direzione finalistica certa in rapporto a quel delitto (ad es.: appostarsi con l'arma è, in rapporto all'omicidio, atto equivoco, perché esso potrebbe essere diretto anche ad uno scopo diverso, quale la minaccia; non così il prendere la mira accingendosi a sparare; entrare in casa altrui è atto univoco rispetto al furto, ma equivoco rispetto alla violenza sessuale).
Sarà univoca quella condotta che nei delitti di evento abbia già integralmente esaurito il comportamento tipico dell’agente, senza tuttavia che si sia verificato l’evento: es. chi ha propinato l’intera dose di veleno - cd. tentativo compiuto.
Sarà univoca quella condotta che, pur senza aver esaurito il comportamento tipico, ne abbia tuttavia realizzato almeno una parte: es. chi ha già sottratto il portafoglio alla vittima ma non se ne è ancora impossessato perché lo ha fatto sparire nelle proprie tasche.
Sarà considerata univoca quella condotta che, pur non realizzando nemmeno una parte del comportamento tipico, sia però immediatamente antecedente a quest’ultimo (cd. atti pretipici) es: chi forza una cassaforte. Queste ultime due situazioni fondano il cd. tentativo incompiuto.
Tutti gli atti che sono “a monte” di quelli pretipici sono “preparatori” e come tali non punibili, salvo eventuale espressa ed eccezionale previsione incriminatrice.
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale
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