Caratteristiche della riserva di legge in materia penale
Caratteristiche della riserva di legge in materia penale
In riferimento alla ratio della riserva (sua funzione) vi è un generale accordo in dottrina che si tratta di una ratio di garanzia e non di certezza.
Il monopolio della produzione normativa penale nelle mani dell’organo legislativo serve non tanto ad assicurare chiarezza e precisione dei precetti, così da consentire al cittadino-destinatario la calcolabilità delle conseguenze penali delle sue azioni (“certezza”); negli Stati liberal-democratici il monopolio legislativo realizza piuttosto la garanzia contro possibili abusi del potere punitivo in quanto concentra la fonte di produzione penale nell’organo dotato di più piena legittimazione democratica, sottraendola al potere esecutivo, che da sempre è considerato il più “pericoloso” anche perché è quello più prossimo alla gestione quotidiana del governo della società.
Questa funzione di garanzia si realizza attraverso la possibilità di assoggettare ad un triplice controllo il prodotto normativo penale => solo nei confronti degli atti legislativi è possibile esercitare questo plurimo controllo:
1.quello dell’opinione pubblica, in quanto la sede parlamentare di produzione del diritto è pubblica per definizione;
2.la sede parlamentare è quella in cui le minoranze hanno lo spazio necessario per poter a loro volta controllare la formazione del prodotto legislativo, e anzi concorrervi nei limiti fissati dalle procedure parlamentari;
3.la natura legislativa dell’atto di produzione normativa ne consente il controllo da parte della Corte costituzionale attraverso il giudizio incidentale di legittimità delle leggi, che può avere ad oggetto solo leggi e atti aventi forza di legge (art. 134 Cost.).
La natura assoluta della riserva e l’integrazione tra fonti primarie e fonti secondarie
Oggi la quasi unanimità della dottrina considera la natura della riserva di legge come “assoluta”.
Assolutezza della riserva significherebbe, a rigore, esclusione totale del contributo di fonti diverse dalla legge o degli atti aventi forza di legge, nella costituzione della norma penale.
Nella pratica invece si tende a considerare la riserva non proprio assoluta, e si cerca di individuare dei limiti legittimi dell’intervento delle fonti secondarie.
Dato per scontato il fatto che ogni fonte che integra in qualsiasi modo la legge incriminatrice contribuisce comunque a individuare il precetto, vi sono però contributi di fonti secondarie che, nonostante la precisazione che apportano al precetto, in nulla modificano le scelte valutative già compiutamente espresse dalla fonte primaria:
o perché si tratta di contributi meramente specificativi di criteri, valutazioni, concetti già esaurientemente espressi dalla legge (a);
oppure perché si tratta di norme secondarie che vengono assunte dalla legge incriminatrice nella loro funzione valutativa e precettiva originaria, del tutto eterogenea, indifferente ed autonoma rispetto alla funzione di tutela della norma incriminatrice (b).
(a) Es. I decreti ministeriali che forniscono gli elenchi delle sostanze stupefacenti integrano senz'altro le norme incriminatrici del traffico e dello spaccio di droghe e partecipano, inoltre, della stessa loro funzione di tutela poiché sono addirittura specificamente finalizzate a precisarne la portata precettiva, ma hanno una natura meramente specificativa e tecnico-applicativa di quei criteri generali di definizione delle sostanze stupefacenti già stabiliti dalla legge.
(b) Es. Le norme civili disciplinanti la proprietà e gli atti e i fatti traslativi della stessa vengono seppur indirettamente a contribuire alla individuazione dei precetti penali a tutela della proprietà medesima. Ma è chiaro che queste norme "integratrici" sono assunte nella loro originaria funzione, che è totalmente diversa da quella di tutela esplicata dalle norme penali.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale
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