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La riforma del 2006 sui reati in materia di opinione: caratteristiche e questioni aperte


È anche alla luce di queste considerazioni che deve essere letto il recente intervento legislativo operato dalla l. 85/2006: “Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione”.
Almeno tre le novità da sottolineare:
- in sintonia con la filosofia generale della l. 85/2006, la scelta per tutte le fattispecie di vilipendio, riconducibili nell’alveo dei reati di opinione, di non far ricorso alla pena detentiva;
- il ricorso al termine “confessioni religiose” in luogo di “religione di Stato”,”religione cattolica” e “culti ammessi”;
- il conseguente naturale superamento del trattamento sanzionatorio di favore accordato alla religione di Stato.
Le ultime due impongono alcune precisazioni.
Intanto l’adeguamento lessicale al termine “confessioni religiose” comporta un allargamento della sfera del penalmente rilevante e innesca un ulteriore interrogativo relativamente all’annoso problema dell’individuazione di tale qualifica in capo ad una organizzazione religiosa.
A questo proposito rientrano senz’altro nei soggetti della tutela penale la Chiesa cattolica e tutte le confessioni che hanno sottoscritto un’intesa con lo Stato ai sensi dell’art. 83 cost., così come le altre confessioni che hanno ottenuto un riconoscimento attraverso il procedimento di cui alla l. 1159/29 (ex culti ammessi) e quelle i cui statuti sono stati ritenuti dallo Stato non in contrasto con l’ordinamento giuridico (art. 82 cost.).
Più problematica l’inclusione di tutti quei soggetti che non possono o non vogliono accedere alle forme ricordate di riconoscimento e che pur rientrano nella tutela loro garantita dall’art. 81 cost.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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