Le classificazioni motivazionali in criminologia
Le classificazioni motivazionali si fondano sul criterio differenziale delle ragioni psicologiche conscie, cioè delle motivazioni consapevoli, per le quali il soggetto ha commesso il reato.
Poiché i moventi dell’agire criminoso sono altamente indicativi della personalità morale e criminologica dell’agente, essi gettano un fascio di luce non solo sul fatto criminoso ma anche sul modo di essere dell’agente.
Motivi o moventi a delinquere sono quei fattori psicologici che la psicologia raggruppa nella categoria degli “affetti”, e cioè in impulsi, istinti, sentimenti (vendetta, gelosia, sadismo, onorabilità, cupidigia, istinto di conservazione, altruismo, patriottismo, ecc…).
Il motivo è consapevole quando lo stimolo all’azione è presente alla coscienza del soggetto come ragione che lo spinge ad operare o come scopo da perseguire.
Ma può essere anche inconscio, operando come tendenza profonda ignota allo stesso agente, per la sua incapacità introspettiva, perché mascherata da processi di autogiustificazione, ecc…, e può essere rilevato mediante analisi degli strati più profondi della psiche.
Le classificazioni motivazionali tengono conto soltanto delle motivazioni consapevoli.
Poiché l’agente può essere mosso da più di un movente, è chiaro che egli è collocabile contemporaneamente sotto più categorie classificatorie.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Criminologia, a.a. 2008-09
- Titolo del libro: Il problema della criminalità
- Autore del libro: Ferrando Mantovani
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