La contestazione “non probatoria” nel processo penale
Le prove precedentemente acquisite, raccolte sia nel dibattimento, sia in momenti anteriori, possono costituire oggetto di quel tipo di contestazione che è definibile come “non probatoria”.
Può essere contestato ciò che è contenuto nel fascicolo per il dibattimento e anche gli atti e i documenti che sono contenuti nel fascicolo del pm, sia pure al solo fine di demolire la credibilità del soggetto dichiarante.
Così, ad un teste, possono essere contestate le precedenti dichiarazioni di un altro teste.
Inoltre può essere contestato al testimone un documento, ad esempio una fotografia.
Questa ulteriore forma di contestazione “non probatoria” adempie alla funzione di contraddire una dichiarazione allo scopo di far emergere una imprecisione o una falsità.
Non è necessario che il documento sia stato ammesso all’inizio del dibattimento; in quella sede esso non era “rilevante”, poiché non si sapeva ancora come il testimone avrebbe risposto alle domande.
Il documento diviene “rilevante” quando il teste da una versione non compatibile con esso (prova ex adverso).
L’esame può estendersi alle circostanze il cui accertamento è necessario per valutarne la credibilità.
La contestazione “non probatoria” impone al dichiarante di fornire precisazioni o ammettere di avere errato.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale II, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Delitti contro il patrimonio", "Delitti contro la persona", "Manuale per lo studio della parte speciale del diritto penale"
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