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Il processo penale nello Stato Assoluto


La Ordonnance criminelle del 1670, promulgata in Francia nel periodo di maggiore potenza dello Stato assoluto, costituisce uno snodo fondamentale della storia del processo penale.
Fino ad allora agli organi giudicanti era riconosciuto il potere di determinare le regole del proprio operare.
La normativa processuale si era venuta completando nel tempo sulla base della prassi creata dai giudici e dagli avvocati, con l’aiuto della dottrina.
Il re Luigi XIV volle innovare anche in questo campo e, mentre affermava di voler soltanto razionalizzare la procedura penale allora vigente, in realtà si impossessava del potere di legiferare in via esclusiva in materia processuale.
L’effetto fu quello di rafforzare i tratti del sistema inquisitorio.
Netto era il giudizio negativo dato dai filosofi illuministi su questa procedura.
L’arbitrio del giudice era illimitato, l’imputato era lasciato a se stesso, era martoriato ancora prima che potesse difendersi, era posto davanti all’alternativa tra confessare (e allora la condanna era sicura) o negare la reità (e, di conseguenza, i tormenti si allungavano).
La denuncia di clamorosi errori giudiziari portò l’Europa a interrogarsi sull’efficacia di tale sistema processuale.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE PENALE di Stefano Civitelli
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