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I virus a trasmissione orale: l'epatite A


Passiamo adesso ad esaminare i virus a trasmissione orale. Oltre al virus dell’epatite A, analizzeremo poi i rotavirus e gli adenovirus.

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Caratteristiche del virus dell'epatite A

È un picornavirus: si tratta di virus nudi, con capside icosaedrico, il genoma a RNA a polarità positiva e all'estremità 3' non presenta un cap, ma una proteina VPG. 
Nell'immagine è rappresentato lo schema replicativo: una molecola di RNA positivo può fungere direttamente da messaggero, quindi la prima sintesi macromolecolare in caso di infezione da virus dell'epatite A è un processo di traduzione, con formazione di un lungo polipeptide che poi viene clivato per formare poi tutte le proteine indispensabili alla sua replicazione. Tra queste svolge un ruolo fondamentale, ancora una volta, una RNA polimerasi RNA dipendente che copierà il genoma positivo in negativo, il quale fungerà da stampo sia per la formazione di nuovi mRNA che per la formazione di nuovi genomi, che assemblati insieme alle proteine strutturali andranno a formare nuove particelle virali. 
 
Il virus dell'epatite A è trasmesso nel circuito oro-fecale, per questo è estremamente resistente; resiste nelle feci disidratate per un periodo che può arrivare anche ad un mese e vive molto bene anche nei frutti di mare, in acque contaminate, diventando veicolo dell'infezione. 
 
Conosciamo un unico sierotipo di epatite A, da normalmente un'infezione che dura per tutta la vita ed è legata a standard igienici estremamente bassi; per quanto sia diffusa in forma endemica in tutto il mondo, è particolarmente presente nelle zone sottosviluppate dell'Africa, Asia e America latina. Dalla forma endemica però può dar luogo anche ad epidemie, che caratterizzano scuole, ospedali, ristoranti, ecc. ad esempio, in seguito alla distribuzione di frutti di mare cotti male, il che porta alla diffusione dell'infezione. 
 

Replicazione dell'epatite A

Non vediamo nei dettagli la replicazione di questo virus, perché è del tutto paragonabile a quella dei primi virus, però c'è una forte differenza: mentre rhino e polio prendono il sopravvento sulle sintesi macromolecolari della cellula ospite in maniera massiva, il virus dell'epatite A ha un approccio più “dolce”, non sovverte così tanto la sintesi macromolecolare della cellula, tant'è vero che replica molto più lentamente e anche l'effetto citopatico che dà sulla cellula è molto più lieve se paragonato a quello di altri enterovirus. 

Come si realizza la replicazione del virus: ad infettare è un genoma a polarità positiva; tra le proteine che si producono dal clivaggio del lungo precursore proteico c'è l'RNA polimerasi, che copia la catena positiva con formazione di un genoma ad RNA a polarità negativa, il quale ha come ruolo fondamentale quello di fungere da stampo per la formazione di nuove catene a polarità positiva, le quali a loro volta potranno fungere, se private di VPG, da messaggeri, oppure diventare genoma della progenie virale che si libera da quella cellula, o ancora fungere da stampo per la formazione di altre catene negative. 
 
A caratterizzare quest'infezione virale trasmessa nel circuito oro-fecale, come gli altri virus trasmessi per via orale, vogliono raggiungere l'intestino, replicarsi nell'epitelio intestinale e poi essere eliminati con le feci. Devono essere virus ben corazzati, perché devono superare le difese a livello della saliva, a livello dello stomaco e anche a livello dell'intestino, contro gli enzimi che arrivano dal pancreas e dal fegato; solo i virus più robusti devono fare questo e contribuiscono a questa resistenza la conformazione del capside, che lo rende particolarmente resistente al pH ed al calore (contrariamente al virus del raffreddore, che già a 37°C non è in grado di replicarsi); ma c'è un'altra differenza ancora, tutti gli altri virus che penetrano per via orale si limitano ad un'infezione a livello intestinale, il virus dell'epatite A invece, fa una “deviazione” e dall'intestino si sposta nel fegato, ed è proprio qui che trova le cellule che meglio soddisfano il proprio ciclo replicativo.

La risposta immunitaria all'epatite A

Quando il virus, superate le varie barriere dell'apparato gastro-intestinale, arriva nell'intestino, non replica in maniera molto efficiente, ma tramite le cellule M, localizzate nella mucosa dell'intestino, riesce ad arrivare nei linfonodi, stimolando una risposta immunitaria specifica. 
In seguito a questa arriveranno nell'intestino anticorpi IgA, però i virus sono pochi e le IgA svolgono efficacemente il loro lavoro quando ci sono tanti antigeni, perché sono immunoglobuline che hanno 4 braccia, quindi più immunoglobuline ha, più virus riesce a legare, formando degli “ammassi” sufficientemente grandi, che possono poi essere eliminati con il muco; inoltre le immunoglobuline non hanno recettori che consentono alle cellule fagocitiche di attaccarsi, perciò questi complessi Ig-virus passano alle vie linfatiche, che aprono la porta per il loro passaggio nel sangue e da qui possono così raggiungere il fegato; non è chiaro ancora quale sia il recettore epatico in grado di legare il virus dell'epatite A, ma c'è un'ipotesi che sostiene che ad essere veicolato all'interno della cellula epatica non sia solo il virus, ma anche l'anticorpo a cui esso è complessato. Comunque, una volta entrato all'interno della cellula epatica, il virus trova un ambiente ottimale per la sua replicazione, il che vuol dire che vengono prodotte tante particelle virali e questa volta, attraverso la bile, ritornano in numero massivo nell'intestino e il virus verrà riversato nell'ambiente esterno eliminato con le feci.

Ancora una volta questa è la testimonianza della “furbizia” di un virus: che cosa vuole lui in ultima analisi per garantire la propria sopravvivenza? Replicarsi per raggiungere un numero enorme di particelle virali che, una volta espulse dall'organismo, potranno poi essere punto di partenza per l'infezione di altri soggetti. 
 
Il virus raggira il sistema immunitario in questo modo: a livello intestinale, quando il virus è appena arrivato, riesce scarsamente a replicare in queste cellule e mobilita il sistema immunitario che risponde con la produzione di IgA e attraverso questi riesce ad arrivare al fegato; quando nel fegato comincia a fare danni legati alla sua replicazione, il sistema immunitario non è pronto a rispondere. Il nostro organismo dovrebbe allertarsi e iniziare la produzione di IgG, che sono quelle che potrebbero portare alla guarigione dall'infezione; ma nel lasso di tempo tra la prima produzione di IgA e lo spostamento nel fegato, il virus riesce a replicarsi e a tornare nell'intestino attraverso la bile. Soltanto in seguito alla produzione di IgG il numero di virus può essere abbassato e l'infezione guarisce. 

Contrariamente all'epatite A, l'epatite B e C hanno la possibilità di cronicizzare, mentre l'epatite A è un'infezione acuta, che in seguito all'attivazione della risposta immunitaria viene completamente annullata, con la guarigione del soggetto, e molte volte l'infezione è addirittura asintomatica, infatti se non si fanno le dovute ricerche sierologiche non ci si accorge se l'individuo ha passato questo tipo di infezione. 

In alcuni casi invece, l'infezione è più grave e si manifesta con la comparsa di ittero (le urine sono scure), dovuta al fatto che in seguito all'infezione virale il fegato lavora male, in particolare viene limitata la sua funzione di organo depuratore: in seguito alla distruzione dei globuli rossi, si ha il riciclaggio del ferro, mentre l'emoglobina viene trasformata in bilirubina, che si lega con l'albumina e viene poi veicolata nel fegato, dove dopo un'ulteriore trasformazione, passa nella bile e viene poi eliminata definitivamente con le feci; se il fegato lavora male perché in preda ad un'infezione acuta da epatite A, non si ha sufficiente rimozione della bilirubina in circolo, si manifesta l'ittero, con caratteristico ingiallimento del bulbo oculare, come pure diventano scure le urine. Però in questo caso una valida risposta immunitaria riduce la replicazione del virus, il fegato sostituisce le cellule che sono andate distrutte e si arriva ad una completa guarigione
Mentre l'epatite B e C sono infezioni virali che colpiscono sempre il fegato, ma hanno la possibilità di cronicizzare, provocando altre conseguenze.
Per l'epatite A abbiamo a disposizione un vaccino, inattivato, che viene somministrato a viaggiatori che si muovono per raggiungere regioni dove il virus è endemico; un'ulteriore difesa è rappresentata dalla proteina 2B che sopprime la produzione di interferone.

Tratto da VIROLOGIA MOLECOLARE di Simone Pisu
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