Cronologia

L'Accordo di Wye

Dopo nove giorni di convulse trattative e con un andamento incerto e febbrile, israeliani e palestinesi annunciano e firmano alla Casa Bianca un nuovo importante accordo per il Medioriente. A fianco di Arafat e Netanyhau si presentano Clinton e re Hussein di Giordania, quest'ultimo provato dalle cure contro il cancro, ma instancabile mediatore fino all'ultimo minuto, quando è parsa possibile una rottura drammatica sulla richiesta da parte israeliana della scarcerazione di Jonathan Pollard, detenuto da 13 anni in Usa per spionaggio.
La partita giocata a Wye è una partita decisiva. Infatti, per la prima volta un governo della destra israeliana si adegua pienamente allo spirito e ai contenuti di Oslo, senza escamotage. Soprattutto il compromesso raggiunto a Wye è il massimo al quale potessero arrivare negoziatori privi di stima gli uni per gli altri. Del resto le decisioni prese a Wye riguardano questioni pregresse. Fuori dal compromesso di Wye resta tutto quanto sarebbe dovuto essere nuovo: Gerusalemme, confini di Israele e del presunto Stato palestinese, colonie, profughi. E non c'è la promessa di Arafat a rinunciare alla proclamazione unilaterale dello Stato palestinese, a maggio.
L'Accordo di Wye si presenta storicamente, però, come una decisione cruciale, perché il governo di Gerusalemme si regge sul sostegno dei partiti nazionalisti religiosi.
Le reazioni all'Accordo sono molteplici: la leader palestinese Hanan Ashrawi, che guida l'opposizione ad Arafat, parla di un'intesa di facciata, i coloni ebrei sono sospettosi per la sicurezza, mentre i gruppi integralisti islamici dichiarano guerra all'Accordo. Infatti, la catena delle bombe contro la pace, non contro gli arabi palestinesi né contro gli israeliani ma contro la pace tout court, inizia subito dopo la firma dell'Accordo di Wye.