Questi appunti riprendono il pensiero di Haskell e trattano di come sfaccettature o differenti periodi della storia dell’arte italiana, francese, tedesca, spagnola o inglese, hanno significato non tanto per coloro che quell'arte hanno commissionato, o che di essa furono contemporanei, quanto per le generazioni ad essa posteriori, implicitamente per noi. Molti fattori, e molto diversi, hanno condizionato il nostro gusto. L’arte italiana è centrale nella trattazione, ma poco o per nulla si parla di storici italiani, di collezionisti italiani, o di gusto italiano. Si deve riconoscere che dopo la morte di grandi personaggi, quali Lanzi o Cicognara, pochi degli scrittori italiani prima della fine dell’Ottocento, con la sola eccezione del Cavalcaselle, poterono rivaleggiare con i loro colleghi inglesi, francesi o tedeschi, quali Ruskin, Rio, Thoré, Waagen, nel condizionare il gusto contemporaneo.
Impatto della produzione artistica sulle generazioni successive
di Alessia Muliere
Questi appunti riprendono il pensiero di Haskell e trattano di come sfaccettature
o differenti periodi della storia dell’arte italiana, francese, tedesca, spagnola o
inglese, hanno significato non tanto per coloro che quell'arte hanno
commissionato, o che di essa furono contemporanei, quanto per le generazioni
ad essa posteriori, implicitamente per noi. Molti fattori, e molto diversi, hanno
condizionato il nostro gusto. L’arte italiana è centrale nella trattazione, ma poco
o per nulla si parla di storici italiani, di collezionisti italiani, o di gusto italiano. Si
deve riconoscere che dopo la morte di grandi personaggi, quali Lanzi o
Cicognara, pochi degli scrittori italiani prima della fine dell’Ottocento, con la
sola eccezione del Cavalcaselle, poterono rivaleggiare con i loro colleghi
inglesi, francesi o tedeschi, quali Ruskin, Rio, Thoré, Waagen, nel condizionare
il gusto contemporaneo.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Umanistiche1. I mutamenti del gusto in campo artistico nell'800
Il modo in cui i mutamenti del gusto in campo artistico, se da un lato sembrano configurarsi come
l’estrinsecazione di una scelta strettamente personale, di fatto possono essere predisposti da circostanze
esterne estranee alla nostra stessa volontà; persino nello spazio temporale di un singolo istante può avvenire
che i gusti differiscano. Occorre tenere presente, scriveva Buchanan nel 1824, che esiste una moda per i
pittori come per gli abiti o per qualsiasi altra cosa. Le variazioni di gusto nell’ambito dell’arte costituiscono
motivo di sconcerto per lo storico, in quanto lo costringono a prendere coscienza di un fenomeno peculiare:
e cioè che quanto riveste per noi importanza assoluta, in passato può essere sembrato insignificante a
persone che sappiamo essere state colte non meno di noi. È possibile che una futura generazione rimanga
insensibile al cospetto di un Piero della Francesca o di un Vermeer? Si afferma che il tempo sia buon
giudice. È un asserto che non possiamo confermare, né smentire; ma dalla posizione di vantaggio in cui oggi
ci troviamo possiamo concludere che i due artisti sono stati trascurati per un periodo di tempo assai più
lungo di quello che ha visto il loro apprezzamento. D’altra parte, non ci è nemmeno dato di concludere che,
una volta sottratto un pittore all’oblio, è impossibile scordarcene di nuovo. La relatività del concetto di gusto
che emerge da uno studio del passato, è il quid che la quasi totalità dei grandi riscopritori si preoccupava di
scansare; è per esempio, la consapevolezza di volersi impegnare deliberatamente nello smantellamento di un
criterio globale che presiedeva al gusto ortodosso, a rendere così importante per Ruskin il tentativo di
elaborarne uno nuovo. Per lui, come per la netta maggioranza degli scrittori, l’anarchia era pericolosa non
meno dell’eresia. Tale anarchia, ossia la pronta disponibilità ad ammirare le opere d’arte appartenenti a ogni
epoca e a ogni cultura, che ora alberga in noi, è giustamente stata salutata come una delle massime conquiste
culturali registrate dal secolo appena concluso.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Impatto della produzione artistica sulle generazioni successive 2. Il sovvertimento dei valori artistici tra il 1790 e il 1870
L’interpretazione progressista della storia del gusto ha inteso ogni nuova scoperta (dell’arte medievale, di
quella orientale, dei manieristi o degli accademici del scolo XIX) come una sorta di vittoria
dell’Illuminismo. Ma il problema appare allarmante altresì per un altro motivo: Haskell non crede che le
variazioni di gusto siano riscontrabili in pari incidenza nel vivo di altre arti; sebbene l’architettura
rappresenti l’ovvia eccezione a una generalizzazione, questa distinzione tra le nostre reazioni al cospetto
delle molteplici espressioni dell’arte induce a concludere come il possesso, e di conseguenza, per
definizione, l’interesse di ordine finanziario, svolgono un ruolo notevole nel processo che stiamo
esaminando. Il sovvertimento dei valori artistici avvenuti tra il 1790 e il 1870 è stato senza dubbio il più
clamoroso fra quanti ci sono noti e su di esso Haskell concentra l’attenzione. Il secolo XVIII è stato
profondamente dominato dal problema del Gusto nonché dalla possibilità o meno di stabilire criteri
permanenti che consentissero di codificarlo, ma sebbene i cambiamenti di gusto siano stati frequenti e fatti
oggetto di intense diatribe, sorprende che abbiano turbato in misura pressoché inconsistente la gerarchia
implicitamente accettata sin dalla quarta o quinta decade del secolo antecedente. In Francia, verso la metà
del Settecento, quasi tutti erano disposti ad ammettere che i piccoli quadro olandesi o fiamminghi
incontravano il gusto di quasi tutti i collezionisti assai più dei grandi dipinti italiani di età barocca o
rinascimentale. Nessuno peraltro scrisse mai (a differenza di quanto avrebbe fato un secolo dopo Thoré) che
erano sorretti da una più elevata qualità morale, e di conseguenza estetica. Perché pittori a lungo ignorati o
disprezzati, come Piero della Francesca, Botticelli, Vermeer, El Greco, vennero entusiasticamente riscoperti,
mentre altri, come Guido Reni, caddero nell’oblio?
Gli orientamenti del collezionismo pittorico dalla fine del XVIII al XIX secolo: cause.
Haskell ci dimostra che i mutamenti del gusto e delle mode non sono dovuti a capricci del momento o a
scelte personali, ma sono provocati da cause ben precise e identificabili: la disponibilità dei capolavori
riconosciuti, l’influsso dell’arte contemporanea, il condizionamento delle teorie estetiche dovuto a
convinzioni religiose o politiche, la funzione svolta dalle collezioni pubbliche o private, l’influenza delle
nuove tecniche di riproduzione e del linguaggio nella diffusione di opinioni nuove sull’arte e sugli artisti.
Haskell in altre parole, applicava i concetti di gusto, moda e mercato, peraltro con una mal celata perplessità
nei confronti di quest’ultimo e degli interessi di ordine finanziario, per spiegare l’evolversi degli
orientamenti assunti dal collezionismo pittorico in un arco di tempo a ridosso della fine del XVIII secolo e
l’inizio del XIX.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Impatto della produzione artistica sulle generazioni successive 3. L’Emiciclo di Delaroche
L’Emiciclo di Delaroche è il più famoso fra i molti tributi del genere offerti dalla pittura agli antichi maestri
a partire suppergiù dalla metà del Settecento, quello che ha esercitato un’influenza più avvertita. La tela
raffigura i più grandi artisti della storia (Correggio, Veronese, Antonello da Messina, Murrillo, Van Eyck,
Tiziano, Rembrandt, Velasquez, Bellini, Giorgione, ecc.) riuniti in un ideale convegno. L’esistenza di
siffatte gerarchie di artisti possono prospettarsi ai nostri occhi come una testimonianza affascinante in
rapporto al tema del gusto, ma si tratta di una testimonianza difficile da portare alla luce; negli innumerevoli
commenti seguiti alla presentazione ufficiale del dipinto al pubblico, l’argomento fra tutti pressoché
ignorato è proprio quello che maggiormente ci interessa: la scelta degli artisti che Delaroche ha voluto
raffigurare nella sua imponente impresa pittorica; scelta che può essere stata diretta e personale
responsabilità dell’artista stesso, o va interpretata in relazione alle più importanti commissioni della sua
epoca e del suo paese come fattore indicativo? La scelta, così eclettica, corrisponde pienamente al giudizio
valutativo sull’arte dell’élite culturalmente più avvertito? La ricerca di una norma nel gusto era un problema
profondamente sentito nel Settecento. L’opera evoca un fattore di stabilità, un valore fisso e permanente del
quale si sentiva la mancanza di realtà; l’eclettismo cui si attiene questo pubblico monumento si proponeva
deliberatamente di riuscire accetto vuoi al conoscitore d’arte, vuoi al grosso pubblico. Il secolo XIX ha visto
una gran serie di rivalutazioni dell’arte del passato che hanno influito in misura determinante su quello che
oggi è il nostro grado di apprezzamento e di comprensione. Intere scuole, dalla prima scuola fiamminga a
quella italiana, dal Seicento spagnolo al Settecento francese, sono state riportate in auge in tempi, in luoghi e
agli occhi di pubblici diversi. Altre correnti, per contro, come il barocco italiano o la scuola olandese
italianizzante, sono state bollate e respinte come prive di qualsiasi valore e addirittura nefaste. Un’inattesa
attribuzione o un’inopinata scoperta avevano il valore di sovvertire nella sostanza la fama di un artista, come
avvenne nel caso della Tempesta di Giorgione, un capolavoro oggi a tutti noto, ma che non sembra sia stato
veduto o comunque menzionato nel lasso di tempo trascorso fra il 1530 e il 1855. Dell’ultimo trentennio del
secolo XVII si diffuse la sensazione che l’era die grandissimi pittori fosse ormai conclusa: di pittori si
intende, la cui
fama, al pari di quella di un Raffaello, di un Tiziano, di un Correggio, e parimenti dei Carracci, di un
Rubens, di un Poussin, fosse destinata a dilatarsi senza posa, cristallizzandosi nell’eternità. Ovviamente,
artisti della portata di Luca Giordano, Francesco Solimena, Maratta, Boucher, Giambattista Tiepolo, si
sarebbero conquistati in tutto il mondo una fama non inferiore a quella dei loro predecessori, ma ciò non
toglie che un siffatto convincimento perdurasse tenace e d’altronde tale successo fu di breve durata. In
questo periodo (a
partire cioè dal 1680 al 1780) si manifestano altresì i primi sintomi vistosi di quella radicale divergenza tra
valutazione critica e la stima accordata dal pubblico, destinata a svolgere un ruolo decisivo nell’evoluzione
della cultura europea. Il gusto prese a differenziarsi dalla moda, un processo in atto prima ancora del
violento attacco sferrato contro l’arte contemporanea e i maestri dei Seicento barocco che caratterizzò una
parte rilevantissima dell’opinione critica dalla seconda metà del Settecento in poi, intaccando la gloria stessa
dei grandi bolognesi.
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