Etica e morale nell'analisi politica
Etica e morale nell'analisi politica
Tucidide mostra come per lui giudizi di natura etica e morale siano parte integrante dell’analisi politica
Tucidide parla più volte di “giustizia” e, in particolare, della distorsione di tale concetto, soprattutto nel caso della guerra civile a Corcira:
Onde, per potersi vendicare del prossimo, il folle volo dell’uomo ad abolire quei principi morali, ovunque accetti, che possono confermare a chiunque una speranza quando, caduto, desidera rimettersi in piedi; né intende lasciarli in vigore, per il tempo in cui qualcuno, nell’angoscia di una minaccia, abbia urgenza di ricorrere all’uno o all’altro tra essi (III.84).
Tuttavia, al di là delle differenze caratteriali tra Sparta e Atene descritte in precedenza, è da notare come Tucidide esponga chiaramente anche episodi in cui gli Stati agiscono secondo codici e dettami di natura etico-morale. È il caso di
− Platea: il destino dei Plateesi sembra confermare la tesi già esposta in precedenza dagli Ateniesi di fronte all’Assemblea spartana, secondo cui la giustizia in sé non esiste, ma è un prodotto dei rapporti di potere ⇒ esiste solo quando i rapporti di potere sono alla pari.
− Melo: nel dialogo con i Meli, gli Ateniesi cercano di convincere i Meli di pensare solo alla loro salvezza, e non a concetti quali l’onore o la giustizia. Anche in questo caso, infatti, il raggiungimento dell’onore, così come della giustizia, è ragionevole solo tra pari ⇒ l’onore e la giustizia dipendono dai rapporti di forza, una convinzione che, secondo gli Ateniesi, vale per tutti, anche per coloro che lo negano.
In questi episodi, Tucidide cerca di restare il più distaccato possibile, limitandosi a raccontare il destino delle due città. Tuttavia, considerando che dopo il dialogo con i Meli viene raccontata la spedizione in Sicilia, in cui l’ambizione porta gli Ateniesi alla loro distruzione, è significativo osservare come la morte dei Meli illustri il fallimento della tesi ateniese, quando questa viene portata alle sue estreme conseguenze.
Dopo questa analisi, Bagby conclude il suo discorso affermando che la prospettiva tucididea non sempre coincide con le tesi realiste e neorealiste:
− Di certo, Tucidide non conferma i 3 assunti di Keohane: non sempre gli Stati sono i principali attori nelle relazioni internazionali, dato che anche singoli leader o gruppi politici assumono un ruolo centrale nelle Storie. Inoltre, non tutti gli Stati agiscono principalmente guidati dal desiderio di massimizzare il loro potere: è il caso di Platea e Melo ⇒ secondo Tucidide, non sempre gli Stati agiscono in maniera razionale, se per razionale = agire in modo da massimizzare l’autoconservazione, dato che né i Plateesi né i Meli agiscono in tal senso.
− Ma secondo Bagby, Tucidide non conferma neanche l’assunto neorealista, che si concentra sulla distribuzione di potere per spiegare l’azione degli Stati; anzi, Tucidide va oltre tale assunto, aggiungendo spiegazioni che coinvolgono il carattere nazionale e la personalità di singoli leader, la retorica politica e osservazioni morali.
Nell’opera Myths of Empire, J. Snyder combina alcuni insegnamenti delle Storie di Tucidide:
− Snyder ripropone l’idea che la teoria politica possa essere usata come un congegno retorico per giustificare azioni imperialistiche, che in realtà sono giustificate da interesse ben più definiti ⇒ pur riconoscendo, come Tucidide, l’importanza della retorica politica, Snyder si distacca da Tucidide quando afferma che tutte le retoriche imperiali non sono altro che una “giustificazione strategica”.
− Attraverso il processo di coalition-building, le parti interessate spingono gli Stati ad agire, convincendo il popolo dell’importanza di imprese imperialistiche per l’interesse nazionale ⇒ in questo contesto, Snyder riconosce l’importanza del ruolo di singoli leader nelle relazioni internazionali.
− Snyder attribuisce a Tucidide, Machiavelli e Morgenthau una conoscenza delle relazioni internazionali che manca ai neorealisti. Egli infatti afferma che i realisti hanno ragione a sottolineare il potere, gli interessi e il processo di coalition-making come elementi centrali in una teoria della politica, ma i moderni realisti sbagliano a guardare esclusivamente agli Stati come ad atomi irriducibili, di cui bisogna valutare solo il potere e gli interessi. Questi neorealisti sbagliano quando ignorano il ruolo giocato dalle ideologie nel forgiare il potere e gli interessi.
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