Il Santo Uffizio Romano: introduzione
Mentre per l'Inquisizione spagnola ci sono fonti chiare e certe, per quanto riguarda il Sant'Uffizio romano, esso interviene nei processi di canonizzazione. Il processo di canonizzazione è una magistratura che prende il nome di Santa Congregazione dei Riti, con sede in Vaticano, che deve valutare se un individuo (uomo o donna) ha virtù eccezionali e da queste deriva la capacità di fare le "grazie" o miracoli se si tratta di santi. Quando si riunisce la congregazione, c'è sempre qualcuno del Sant'Uffizio romano, dato che il problema della santità ha un confine molto sottile, quello della falsa o "affettata" santità (affettazione è la manifestazione finta, simulata di qualcosa che non c'è), ovvero la finta manifestazione della santità. Questa è un reato di fede che il Sant'Uffizio giudica.
C'è una netta differenza tra un tipo di libri di divulgazione, come quelli di Black e degli anglosassoni che scrivono per tutti, dunque hanno un approccio descrittivo e poco problematico, e soprattutto una capacità narrativa che fa sì che i libri di storia siano maggiormente divulgati e letti; un altro tipo, di contro, è quello dei libri di ricerca, tipici degli storici italiani.
TESI DI BLACK: l'inquisizione romana, nonostante il suo lato "oscuro", è stata anche una forza creativa ed educativa, che ha contribuito a definire ed influenzare la cultura italiana almeno fino al XIX secolo. L'inquisizione dunque ha sì un lato oscuro, però è anche una forza con una influenza che supera la sua stessa condizione. La funzione, secondo Black, è pedagogica e si basa sulla sua capacità di persuasione, convinzione. Insomma, per Black, l'inquisizione è un istituto che esercita una forza creativa e di persuasione, quindi con funzione pedagogica.
Mentre ci fu una vera e propria Inquisizione spagnola, non ci fu un'inquisizione italiana, a causa della frammentazione politica della penisola italiana in tanti staterelli (non ancora Italia unita). Non ci fu un'inquisizione italiana perché ci fu un'inquisizione peculiare ai vari stati che componevano la penisola. Una data importante è il 1542: considerato come l'anno fondativo.
Le tesi di Black si associano a quelle di Adriano Prosperi e John Tedeschi: essi sono curatori, insieme a Vincenzo Lavenia, del dizionario storico del Sant'Uffizio (opera enciclopedica in cui c'è tutto di tutti i Sant'Uffizi).
John Tedeschi ha per primo contraddetto la cosiddetta "Leggenda nera" del Sant'Uffizio. La leggenda nera è un termine che allude al fatto che si è creata una tradizione interamente negativa e critica dell'inquisizione, incitando questa leggenda forzata nella ricostruzione del Sant'Uffizio per cui esso era tutto nero, brutto, sbagliato. Di contro alla leggenda nera, solitamente si contrappone una "leggenda rosea/aurea", speculare a quella nera, in cui quindi si immagina l'inquisizione in maniera positiva (era tutto bello, tutto oro).
Di contro a una tradizione di leggenda aurea che sostengono gli storici spagnoli dell'800, c'è stata una rivalutazione delle attività del Sant'Uffizio, che ha portato a una sua valutazione positiva.
Il Sant'Uffizio giudicava con equità e, più che punire, educava: l'aspetto educativo e pedagogico prevale sull'aspetto repressivo. Black citando Tedeschi, dice: "il Sant'Uffizio ha offerto la migliore giustizia criminale possibile nell'Europa dell'età moderna".
Lo studio dei tribunali dell'inquisizione è andato di pari passo con lo studio della giustizia punitiva in generale, in rapporto con la formazione dello stato moderno. Uno dei personaggi più importanti di questo studio è uno storico giurista di nome Paolo Prodi. Egli vuole dare uno sguardo al modello processuale adottato dall'Inquisizione romana, soprattutto ai modi, all'organizzazione e accorgimenti che ne caratterizzavano l'azione. "il processo praticato dall'Inquisizione romana non è diverso dal coevo processo ordinario, comunemente usato per la sfera criminale dagli Stati italiani". Ciò significa che veniva usato lo stesso processo penale. "Hanno stesse fonti ordinarie, stesse regole, stessa dottrina; il rito dell'Inquisizione e il iudicium pubblico ordinario hanno in comune le loro lontane origini normative: usano le stesse regole fondamentali, si fanno governare dalla stessa dottrina, prova ne sia che i manuali inquisitoriali sono costruiti con le stesse fonti di diritto pubblico". Non c'è quindi differenza tra un giudizio inquisitoriale e giudizio penale di un tribunale laico (iudicium publicum), perché attingono alle stesse fonti del diritto romano, hanno le stesse regole e dottrina. I manuali che indicano le regole da seguire in un giudizio hanno le stesse fonti, che siano giuristi, civilisti, canonisti, diritto romano, diritto canonico. scritture, qualche teologo. Hanno anche la stessa biblioteca, che è fatta da teologi, giuristi, ecc.
Il processo inquisitoriale è strutturato allo stesso modo del processo penale pubblico; hanno la stessa struttura, stessa azione che muove dall'accusa, dalla denuncia, dalla fama (notitia criminis). Segue le stesse regole, le stesse prassi e cautele dell'interrogatorio, stesse regole della procura, stessi criteri per la valutazione delle prove e degli indizi, lo stesso rapporto tra la raccolta di informationes e la definizione dei testi. Sono due processi gemelli.
Arbitrium concesso al giudice in ordine alla irrogazione della pena: sia nel processo penale che in quello inquisitorio, in presenza di una prova "non plena", c'è una ricerca di prove "semi-plene", in presenza di una prova "non bastante" cioè non sufficiente, il giudice agisce "ad arbitrium", cioè secondo il suo arbitrio, come gli pare, però calando l'entità della pena promulgata. Nel momento in cui non si ha nessuna prova plena e non si riesce a raggiungere la confessione neanche sotto tortura, si arriva all'arbitrium, che è una pena arbitraria, che nel gergo giuridico significa una sentenza formulata ad arbitrio del giudice, quindi inferiore alla pena edittale, cioè alla pena che secondo gli editti, avrebbe dovuto essere ordinata.
Si è scoperto che le pene arbitrarie aumentavano in concomitanza con la necessità di remieri per la galera; la necessità di condanne al remo condizionava l'attività dei tribunali.
Il sistema processuale mostra dei tratti peculiari dell'inquisizione romana, riguardo lo stile, le formalità e l'organizzazione dell'apparato. In particolare, si pensi soprattutto a una caratteristica dell'attività del Sant'Uffizio (sua e non degli altri tribunali): la centralizzazione e la gerarchizzazione dell'attività giudiziaria (c'è un centro, come Roma o Madrid nei due casi, e c'è una gerarchia, cioè ci sono i tribunali di distretto e tribunali nei vari Stati).
Questo rapporto gerarchico è realizzato in scala italiana dall'inquisizione, cioè nella penisola italiana, non essendoci unità, non c'è nulla di centralizzato, eppure c'è il Sant'Uffizio. In qualche modo il tribunale dell'inquisizione italiano è la prima unità d'Italia. Il processo di centralizzazione avviene all'interno dei singoli Stati, producendo una unificazione giudiziaria, che ignora i confini delle giurisdizioni statali, avoca (si arroga il potere) competenze di quelle giurisdizioni e le ricompone, prescrivendo agli inquisitori periferici dei temi uniformi, ed esercitando un controllo ben organizzato sulle loro attività. Ad esempio, gli inquisitori del granducato di Toscana si comporteranno non come dice il vescovo di Pisa o Firenze, ma come prescrive il Sant'Uffizio romano. In questo modo avviene una centralizzazione che può comportare la spoliazione di una giurisdizione locale, ovvero quella del vescovo. Così il concetto di unificazione diventa anche un concetto di impoverimento delle istanze giurisdizionali locali.
Un'altra caratteristica è la legalizzazione dell'agire dei giudici, che sono vincolati a testi normativi certi e orientati non dalla propria interpretazione, ma dalle regole della Congregazione del Sant'Uffizio. I testi a cui devono far riferimento i giudici locali non devono essere interpretati direttamente da loro, perché c'è il Sant'Uffizio che manda una normativa su come essi debbano comportarsi. L'agire dei giudici quindi è dettato da Roma ed è uguale per tutti. Questo produce una professionalità del personale giudiziario: tutta questa gente che si comporta alla stessa maniera, legge la stessa giurisprudenza e diretta dallo stesso centro si professionalizza, creando qualcosa che somiglia quasi alla formazione di una struttura burocratica.
L'inquisizione poi ha come suo peculiare aspetto (e non dei tribunali civili) la mobilitazione di sinergie esterne all'apparato di giustizia, a cominciare dagli organi pubblici dei singoli Stati: ci sono degli apparati repressivi dei singoli Stati che collaborano all'attività dell'Inquisizione. Basta pensare al fatto che l'Inquisizione non esegue direttamente le condanne a morte, ma esse sono eseguite dalla milizia dell'autorità locale.
Al di là delle apparenze, si può dire che l'inquisizione non è classista (?); i suoi concordati e le sue dirigenze sono finalizzati ai suoi scopi e niente è lasciato al caso. L'Inquisizione è molto attenta al rigore delle forme, che tiene insieme le cautele che garantiscono il risultato, con le cautele che mostrano riguardo per l'accusato.
In questo spirito, viene data molta importanza al rispetto per la procedura: verbalizzazioni, conservazioni di documenti, formazione di una rete di archivi, assicurazione di segretezza dei giudici.
C'è una netta differenza tra un tipo di libri di divulgazione, come quelli di Black e degli anglosassoni che scrivono per tutti, dunque hanno un approccio descrittivo e poco problematico, e soprattutto una capacità narrativa che fa sì che i libri di storia siano maggiormente divulgati e letti; un altro tipo, di contro, è quello dei libri di ricerca, tipici degli storici italiani.
TESI DI BLACK: l'inquisizione romana, nonostante il suo lato "oscuro", è stata anche una forza creativa ed educativa, che ha contribuito a definire ed influenzare la cultura italiana almeno fino al XIX secolo. L'inquisizione dunque ha sì un lato oscuro, però è anche una forza con una influenza che supera la sua stessa condizione. La funzione, secondo Black, è pedagogica e si basa sulla sua capacità di persuasione, convinzione. Insomma, per Black, l'inquisizione è un istituto che esercita una forza creativa e di persuasione, quindi con funzione pedagogica.
Mentre ci fu una vera e propria Inquisizione spagnola, non ci fu un'inquisizione italiana, a causa della frammentazione politica della penisola italiana in tanti staterelli (non ancora Italia unita). Non ci fu un'inquisizione italiana perché ci fu un'inquisizione peculiare ai vari stati che componevano la penisola. Una data importante è il 1542: considerato come l'anno fondativo.
Le tesi di Black si associano a quelle di Adriano Prosperi e John Tedeschi: essi sono curatori, insieme a Vincenzo Lavenia, del dizionario storico del Sant'Uffizio (opera enciclopedica in cui c'è tutto di tutti i Sant'Uffizi).
John Tedeschi ha per primo contraddetto la cosiddetta "Leggenda nera" del Sant'Uffizio. La leggenda nera è un termine che allude al fatto che si è creata una tradizione interamente negativa e critica dell'inquisizione, incitando questa leggenda forzata nella ricostruzione del Sant'Uffizio per cui esso era tutto nero, brutto, sbagliato. Di contro alla leggenda nera, solitamente si contrappone una "leggenda rosea/aurea", speculare a quella nera, in cui quindi si immagina l'inquisizione in maniera positiva (era tutto bello, tutto oro).
Di contro a una tradizione di leggenda aurea che sostengono gli storici spagnoli dell'800, c'è stata una rivalutazione delle attività del Sant'Uffizio, che ha portato a una sua valutazione positiva.
Il Sant'Uffizio giudicava con equità e, più che punire, educava: l'aspetto educativo e pedagogico prevale sull'aspetto repressivo. Black citando Tedeschi, dice: "il Sant'Uffizio ha offerto la migliore giustizia criminale possibile nell'Europa dell'età moderna".
Lo studio dei tribunali dell'inquisizione è andato di pari passo con lo studio della giustizia punitiva in generale, in rapporto con la formazione dello stato moderno. Uno dei personaggi più importanti di questo studio è uno storico giurista di nome Paolo Prodi. Egli vuole dare uno sguardo al modello processuale adottato dall'Inquisizione romana, soprattutto ai modi, all'organizzazione e accorgimenti che ne caratterizzavano l'azione. "il processo praticato dall'Inquisizione romana non è diverso dal coevo processo ordinario, comunemente usato per la sfera criminale dagli Stati italiani". Ciò significa che veniva usato lo stesso processo penale. "Hanno stesse fonti ordinarie, stesse regole, stessa dottrina; il rito dell'Inquisizione e il iudicium pubblico ordinario hanno in comune le loro lontane origini normative: usano le stesse regole fondamentali, si fanno governare dalla stessa dottrina, prova ne sia che i manuali inquisitoriali sono costruiti con le stesse fonti di diritto pubblico". Non c'è quindi differenza tra un giudizio inquisitoriale e giudizio penale di un tribunale laico (iudicium publicum), perché attingono alle stesse fonti del diritto romano, hanno le stesse regole e dottrina. I manuali che indicano le regole da seguire in un giudizio hanno le stesse fonti, che siano giuristi, civilisti, canonisti, diritto romano, diritto canonico. scritture, qualche teologo. Hanno anche la stessa biblioteca, che è fatta da teologi, giuristi, ecc.
Il processo inquisitoriale è strutturato allo stesso modo del processo penale pubblico; hanno la stessa struttura, stessa azione che muove dall'accusa, dalla denuncia, dalla fama (notitia criminis). Segue le stesse regole, le stesse prassi e cautele dell'interrogatorio, stesse regole della procura, stessi criteri per la valutazione delle prove e degli indizi, lo stesso rapporto tra la raccolta di informationes e la definizione dei testi. Sono due processi gemelli.
Arbitrium concesso al giudice in ordine alla irrogazione della pena: sia nel processo penale che in quello inquisitorio, in presenza di una prova "non plena", c'è una ricerca di prove "semi-plene", in presenza di una prova "non bastante" cioè non sufficiente, il giudice agisce "ad arbitrium", cioè secondo il suo arbitrio, come gli pare, però calando l'entità della pena promulgata. Nel momento in cui non si ha nessuna prova plena e non si riesce a raggiungere la confessione neanche sotto tortura, si arriva all'arbitrium, che è una pena arbitraria, che nel gergo giuridico significa una sentenza formulata ad arbitrio del giudice, quindi inferiore alla pena edittale, cioè alla pena che secondo gli editti, avrebbe dovuto essere ordinata.
Si è scoperto che le pene arbitrarie aumentavano in concomitanza con la necessità di remieri per la galera; la necessità di condanne al remo condizionava l'attività dei tribunali.
Il sistema processuale mostra dei tratti peculiari dell'inquisizione romana, riguardo lo stile, le formalità e l'organizzazione dell'apparato. In particolare, si pensi soprattutto a una caratteristica dell'attività del Sant'Uffizio (sua e non degli altri tribunali): la centralizzazione e la gerarchizzazione dell'attività giudiziaria (c'è un centro, come Roma o Madrid nei due casi, e c'è una gerarchia, cioè ci sono i tribunali di distretto e tribunali nei vari Stati).
Questo rapporto gerarchico è realizzato in scala italiana dall'inquisizione, cioè nella penisola italiana, non essendoci unità, non c'è nulla di centralizzato, eppure c'è il Sant'Uffizio. In qualche modo il tribunale dell'inquisizione italiano è la prima unità d'Italia. Il processo di centralizzazione avviene all'interno dei singoli Stati, producendo una unificazione giudiziaria, che ignora i confini delle giurisdizioni statali, avoca (si arroga il potere) competenze di quelle giurisdizioni e le ricompone, prescrivendo agli inquisitori periferici dei temi uniformi, ed esercitando un controllo ben organizzato sulle loro attività. Ad esempio, gli inquisitori del granducato di Toscana si comporteranno non come dice il vescovo di Pisa o Firenze, ma come prescrive il Sant'Uffizio romano. In questo modo avviene una centralizzazione che può comportare la spoliazione di una giurisdizione locale, ovvero quella del vescovo. Così il concetto di unificazione diventa anche un concetto di impoverimento delle istanze giurisdizionali locali.
Un'altra caratteristica è la legalizzazione dell'agire dei giudici, che sono vincolati a testi normativi certi e orientati non dalla propria interpretazione, ma dalle regole della Congregazione del Sant'Uffizio. I testi a cui devono far riferimento i giudici locali non devono essere interpretati direttamente da loro, perché c'è il Sant'Uffizio che manda una normativa su come essi debbano comportarsi. L'agire dei giudici quindi è dettato da Roma ed è uguale per tutti. Questo produce una professionalità del personale giudiziario: tutta questa gente che si comporta alla stessa maniera, legge la stessa giurisprudenza e diretta dallo stesso centro si professionalizza, creando qualcosa che somiglia quasi alla formazione di una struttura burocratica.
L'inquisizione poi ha come suo peculiare aspetto (e non dei tribunali civili) la mobilitazione di sinergie esterne all'apparato di giustizia, a cominciare dagli organi pubblici dei singoli Stati: ci sono degli apparati repressivi dei singoli Stati che collaborano all'attività dell'Inquisizione. Basta pensare al fatto che l'Inquisizione non esegue direttamente le condanne a morte, ma esse sono eseguite dalla milizia dell'autorità locale.
Al di là delle apparenze, si può dire che l'inquisizione non è classista (?); i suoi concordati e le sue dirigenze sono finalizzati ai suoi scopi e niente è lasciato al caso. L'Inquisizione è molto attenta al rigore delle forme, che tiene insieme le cautele che garantiscono il risultato, con le cautele che mostrano riguardo per l'accusato.
In questo spirito, viene data molta importanza al rispetto per la procedura: verbalizzazioni, conservazioni di documenti, formazione di una rete di archivi, assicurazione di segretezza dei giudici.
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Dettagli appunto:
- Autore: Federica Palmigiano
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Mobilità e Diaspore del mondo moderno
- Docente: Giovanna Fiume
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