Cooperare per la sicurezza: il parziale superamento del paradigma anarchico
Non tutti gli attori statali sono grandi potenze dotate di significative capacità militari offensive. E a partire dall’Europa occidentale la struttura anarchica del sistema appare se non superata, almeno fortemente ridimensionata.
Occorre valutare se e sotto quali condizioni la sicurezza non possa essere meglio concettualizzata come un bene che può essere ottenuto dalla cooperazione piuttosto che dalla competizione tra gli attori.
Nella direzione della sicurezza come esito cooperativo si colloca l’idea di sicurezza collettiva. Questa impostazione ha ritrovato slancio attraverso la nuova formulazione teorica fornita dai peace research studies. L’idea alla base di questo filone è quella di un mondo in pace perché governato dalla legge.
Ma cosa significa sicurezza collettiva? Hans Kelsen diceva che parliamo di sicurezza collettiva quando la protezione dei diritti degli stati, la reazione contro la violazione della legge, assume il carattere di un’azione messa in pratica collettivamente. Nel caso della sicurezza collettiva, gli stati in cui i diritti non sono stati direttamente violati sono obbligati ad assistere lo stato che ha subito la violazione; mentre nella condizione di self-help prevista dal diritto internazionale, essi sono solo autorizzati a farlo.
L’ordine, la sicurezza e il pluralismo possono affermarsi solo se c’è un impegno attivo da parte degli stati nell’arginare gli atteggiamenti aggressivi propri e altrui. La sicurezza collettiva rappresenta la codificazione dei principi di gestione del potere che devono essere seguiti se si vuole che il sistema e gli stati sopravvivano a lungo. Il principio di base su cui la sicurezza collettiva è fondata prevede che un attacco a qualunque stato sarà considerato come un attacco a tutti gli stati.
La pace può essere preservata se un aggressore potenziale capisce che non ci sarà nulla da guadagnare dal ricorso alla forza. Il caso perfetto di funzionamento di questa logica è quello in cui una minaccia di uso della forza incontri l’immediata formazione di una vasta contro coalizione che agisca in difesa dell’aggredito e che possieda un livello di potenza tale da condannare l’aggressore a una sicura sconfitta.
Claude ha enfatizzato il legame tra organizzazione internazionale e sicurezza collettiva. Secondo lui, la realizzazione di un valido sistema di sicurezza collettiva costituisce l’obiettivo principale e la forza trainante nello sforzo di costruzione di organizzazioni sovranazionali. Un sistema generale di sicurezza collettiva si regge sulla diminuzione complessiva della pratica dei conflitti e quindi su una certa delegittimazione del ricorso alla guerra come strumento di policy. La sicurezza collettiva appare come una via di mezzo tra i punti estremi dell’anarchia internazionale e del governo mondiale.
Tra i principi della sicurezza collettiva vi è la convinzione che i governi siano sensibili a un richiamo morale contro l’abuso della forza. In questo senso il sistema della sicurezza collettiva tende ad avvicinarsi a quello del concerto (forma di accordi tra le potenze) delle potenze, ma aggiunge ad esso degli aspetti essenziali, un network complesso di requisiti, soggettivi e oggettivi. Tra i primi vi è la subordinazione degli obiettivi di interesse nazionale a quelli della sicurezza collettiva. Vi è la necessità che ogni stato sia disposto a combattere per preservare l’integrità di una vittima anonima dall’attacco di una aggressore anonimo.
Tra i requisiti oggettivi ci sarebbe l’esistenza di un mondo caratterizzato da una considerevole diffusione del potere in termini di effettiva distribuzione delle risorse, accompagnata da una sua quasi monopolizzazione da parte della comunità internazionale: diventa essenziale l’universalità sostanziale della membership. Il secondo requisito oggettivo è la realizzazione di un parziale disarmo. L’ultimo è la presenza di una condizione di vulnerabilità economica che deve essere anch’essa universale e di un apparato legale e organizzativo capace di dare espressione istituzionale ai principi.
C’è una grande divergenza tra l’idea e la realtà della sicurezza collettiva. Se l’idea configura un principio di reazione all’aggressione in nome della difesa della libertà e dell’indipendenza dei singoli popoli, la realtà dell’applicazione di un tale principio genera una pericolosa tendenza al coinvolgimento di tutti gli stati del sistema internazionale in tutte le controversie aprendo la strada a un conflitto generale. Sono state rivolte 3 critiche ai sistemi istituzionali di sicurezza:
1. riguarda il fatto che essi sono privi di una spiegazione sul come gli stati riescano a superare paure e incomprensioni reciproche
2. comportano il rispetto di criteri molto complessi tra cui la capacità degli stati di distinguere chiaramente tra la vittima e l’aggressore e il rifiuto di una politica aggressiva in quanto tale
3. non si è sicuro del funzionamento di questi sistemi istituzionali proprio quando sarebbe più necessario e cioè quando los contro sembra imminente mentre non si da evidenza del contrario.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Filippo Amelotti
[Visita la sua tesi: "Il Canada e la politica internazionale di peacekeeping"]
[Visita la sua tesi: "I cartoni animati satirici: il caso South Park"]
- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Relazioni Internazionali
- Docente: G. Cama
- Titolo del libro: Relazioni Internazionali
- Autore del libro: T. Anrdreatta, M. Clementi, A. Colombo, M. Koenig, V. Parsi
- Editore: Il Mulino
- Anno pubblicazione: 2007
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