L'aggiornamento degli strumenti a disposizione del Consiglio di sicurezza
Si è discusso se fosse necessario modificare gli strumenti d'azione del Consiglio e più in generale le norme in materia di sicurezza collettiva → il Consiglio dopo la guerra fredda ha interpretato i suoi poteri in maniera estensiva e molte delle pratiche oggi utilizzate non trovano riscontro nella Carta, anche a causa della mancata applicazione dell'articolo 43 e ss.
Una seconda questione concerne la necessità di migliorare molti aspetti del funzionamento concreto delle azioni intraprese nell'ambito della sicurezza collettiva.
Ecco i temi principali di questo dibattito:
1. Il miglioramento dei meccanismi delle sanzioni → le misure ex articolo 41 sono considerate uno strumento cruciale dell'azione del Consiglio, la necessaria via di mezzo tra parole e guerra. Il loro frequente utilizzo negli ultimi anni ha sollevato numerose questioni in termini di concezione dello strumento, di efficacia e trasparenza nella sua applicazione e in termini di rispetto dei diritti umani. Diverse proposte per migliorare il regime delle sanzioni, tra cui l'idea di creare la figura di coordinatore delle sanzioni. Altri progetti di riforma concernono i comitati delle sanzioni creati dal Consiglio ad hoc per ciascun regime sanzionatorio e per i quali si propone una standardizzazione delle procedure. Creazione di un registro per i commercianti di armi per controllare gli embarghi.
2. La riforma delle operazioni di mantenimento della pace → le operazioni di peacekeeping non sono previste dalla Carta., ma non si è mai sentito il bisogno di aggiungerle: sono talmente usate e poco contestate e sono in continuo mutamento, codificarle limiterebbe la loro evoluzione. Il documento principale per una riforma di questo strumento per rafforzarne l'efficacia è stato il Brahimi Report, commissionato da Annan nel 2000. Le principali proposte includevano: una migliore definizione del mandato delle operazioni, una revisione delle strutture di comando e controllo, una ristrutturazione degli uffici del segretariato responsabili dell'organizzazione delle missioni, revisione dei modi di reclutamento del personale, creazione di un'unità di informazione e analisi strategica... I paesi in via di sviluppo sono un po' sospettosi temendo nuovi interventi nell'ambito della sovranità nazionale, comunque alcune di queste cose sono state attuate. Permane un problema di divisione del lavoro tra i diversi dipartimenti del segretariato. Per far fronte ai problemi irrisolti si è proposta l'introduzione della figura del Vicesegretario generale con la delega alla pace e alla sicurezza per meglio coordinare. Rimangono ancora numerosi nodi sul piano politico per migliorare l'efficacia delle operazioni di peacekeeping → il gap tra ambizione e mezzi: risorse finanziarie, truppe e equipaggiamenti. La mancanza dei mezzi adeguati ha spesso causato il fallimento delle operazioni.
3. La modifica del rapporto con le organizzazioni regionali / coalizioni ad hoc → ormai le organizzazioni regionali, come le coalizioni ad hoc, giocano un ruolo di primo piano nel meccanismo di sicurezza collettiva. L'interazione tra queste e il Consiglio ha permesso l'alternarsi in operazioni sul campo di forze regionali e forze ONU, anche compiti di enforcement. Non sembra nemmeno in questo caso necessaria la codificazione degli sviluppi degli ultimi anni. Un esempio, la missione Artemis dell'UE in Congo. Questo e altri esempi dimostrano la capacità di cooperazione tra stati membri e organizzazioni regionali e organizzazioni universali nella prevenzione e gestione dei conflitti.
4. Il miglioramento delle capacità di peacebuilding → lacuna: scarse capacità di assistenza alla creazione e al rafforzamento delle istituzioni politiche e sociali per prevenire conflitti o ricostruire società distrutte dai conflitti. Le azioni di peacebuilding, di assistenza alla democratizzazione & Co, sono ancora troppo sporadiche, non sufficientemente coordinate e con poche risorse. Proposte come quella di creare un organo sussidiario del Consiglio di Sicurezza, una peacebuilding commission con il compito di coordinare le attività ONU sia dal punto di vista politico che strategico.
5. Attribuzione di nuovi compiti al Consiglio di sicurezza → diverse proposte, in particolare per adattarsi alle nuove minacce come terrorismo e armi di distruzione di massa. → proseguire con il rafforzamento e l'articolazione del meccanismo delle sanzioni. Si è assistito anche a una funzione legislativa rispetto alle disposizione in materia di terrorismo → risoluzione con diverse disposizioni in materia di terrorismo da imporre agli stati membri e controllo da parte di un comitato antiterrorismo ad hoc, al quale gli stati devono far pervenire dei rapporti sulle misure adottate (perplessità per questa funzione normativa). Una funzione altrettanto innovativa è svolta dal Comitato delle sanzioni istituito dal Consiglio di sicurezza che con una risoluzione ha creato una procedura per sottoporre a sanzioni individui e organizzazioni considerati legati ad Al Qaeda e ai talebani (liste di nomi sospetti). Questi poteri sarebbero uno strumento potentissimo, ma sollevano già problemi di trasparenza e democraticità → da più parti si è proposto un controllo di legalità del Consiglio, una procedura che permetta un'istanza giudiziaria per effettuare un controllo della legalità degli atti del Consiglio. Controllo da assegnare all'Assemblea o alla CIG. Da più parti si è manifestata l'esigenza di erigere dei limiti costituzionali all'attività del Consiglio, il pericolo di un esercizio egemonico del potere del Consiglio e da parte del suo membro più influente sono reali.
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Dettagli appunto:
- Autore: Alice Lavinia Oppizzi
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Organizzazione Internazionale
- Docente: Pedrazzi
- Titolo del libro: Le Nazioni Unite. Sviluppo e riforma del sistema di sicurezza collettiva
- Autore del libro: Andrea De Guttry, Fabrizio Pagani
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