Dal nazionalismo benevolo al nazionalismo aggressivo
Il sistema di Bretton Woods aveva assegnato alla finanza un posto subordinato al commercio di beni. Gli accordi avevano sancito la subordinazione dei movimenti di capitale al controllo politico, così da distinguere tra movimenti atti a mantenere l'equilibrio e manovre speculative. I controlli erano necessari, perchè con l'aumentare delle spese sociali i governi non potevano permettere che i cittadini e le imprese spostassero all'estero i propri fondi per evadere le tasse. Lo stato sociale doveva essere protetto dalle fughe di capitali indotte da ragioni politiche.
Quando la crescita dei flussi cominciò a minacciare il sistema dei cambi fissi, Europa e Giappone esercitarono pressioni per un ritorno ad un sistema più stabile. A loro si opponevano però gli Stati Uniti, che abolirono i propri controlli sui capitali nel '74. il loro scopo era aumentare l'egemonia americana nella finanza globale, e questo sarebbe potuto avvenire solo in un sistema aperto e liberista. Il novo atteggiamento americano, detto neoliberista, sosteneva che la liberalizzazione dei flussi finanziari avrebbe favorito una migliore allocazione dei capitali e che inoltre i mercati finanziari internazionali avrebbero imposto una disciplina ai governi nazionali e indotto gli stati ad adottare politiche fiscali e monetari più rigorose. Con la caduta del regime di cambi fissi era sempre più arduo conservare un grado significativo di indipendenza delle politiche economiche nazionali. Andava a diffondersi l'idea che un regime finanziario più libero avrebbe favorito il finanziamento dei crescenti disavanzi Stati Uniti e conservato la centralità dell'America nel mondo.
All'inizio degli anni '70, la politica economica keynesiana mirava a stimolare la ripresa Stati Uniti, ma la crescita dei mercati eurovalutari e il crollo del sistema di Bretton Woods fecero sì che la massa crescente di liquidità controllata dai privati entrasse in competizione con gli Stati Uniti nei mercati monetari e creditizi. Le fluttuazioni nei cambi divennero un fattore importante nelle variazioni di liquidità, profitti, entrate, ecc. Per proteggersi da queste fluttuazioni le multinazionali speculavano grosse somme di denaro in mercati più liberi. La quadruplicazione dei prezzi del petrolio attuata dai Paesi OPEC mise in circolo ancora più liquidi (profitti dall'aumento dei prezzi del petrolio). Tuttavia a questa grande offerta mondiale di moneta e credito non corrispondeva un'adeguata domanda, anche se parte dei dollari venivano riciclati nei PVS sotto la forma di aiuti allo sviluppo.La competizione tra denaro pubblico e privato non favorì gli Stati Uniti, perchè l'offerta privata liberava molti PVS dal debito privando gli Stati Uniti di vari paesi debitori. Dal '79 allora gli Stati Uniti smisero di alimentare la liquidità e cominciarono a competere aggressivamente per il capitale sulla scena mondiale. Questa strategia (controrivoluzione monetarista), corrispondente ad un aumento della domanda statunitense di dollari, provocò un dirottamento dei flussi di capitale globali verso gli Stati Uniti. Oltre ad essere i principali responsabili del crollo del sistema di Bretton Woods, gli Stati Uniti furono anche i principali beneficiari del crollo, riorientando l'economia per trarre vantaggio dalla finanziarizzazione.
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Autore:
Giulia Dakli
[Visita la sua tesi: "Gas e petrolio nello sviluppo della Russia contemporanea"]
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Scienze Politiche
- Titolo del libro: Globalizzazione: breve storia di un’ideologia
- Autore del libro: Oreste Ventrone
- Editore: Franco Angeli
- Anno pubblicazione: 2004
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