L'anno più difficile della guerra: il 1917
Anche per l’Italia il ’17 fu l’anno più difficile della guerra, tra maggio e settembre Cadorna ordinò una serie di offensive sull’Isonso coi risultati modesti e costi umani ancora più pesanti che in passato. Fu in questa situazione che i comandi austro-tedeschi decisero di profittare della disponibilità di truppe provenenti dal fronte russo per infliggere un colpo decisivo all’Italia. Il 24 ottobre 1917 un’armata austriaca rinforzata da 7 divisioni tedesche attaccò le linee italiane sull’alto Isonso e le sfondò nei pressi del villaggio di Caporetto. La manovra fu così efficace ed inattesa che buona parte delle truppe italiane per evitare di essere accerchiate, dovettero abbandonare precipitosamente le posizioni che tenevano dall’inizio della guerra. Solo qualche settimana dopo un esercito praticamente dimezzato riusciva ad attestarsi sulla nuova linea difensiva del Piave, lasciando in mano al nemico circa 10mila chilometri quadrati di territorio italiano. Prima di essere rimosso dal comando supremo, dove fu sostituito da Armando Diaz, il generale Cadorna gettò le colpe della disfatta sui suoi stessi soldati accusando i reparti investiti dall’offensiva di essersi arresi senza combattere. In realtà la rottura del fronte era stata determinata dagli errori dei comandi che si erano lasciati cogliere impreparati dall’attacco sull’alto Isonso. Del resto i soldati italiani dimostrarono di saper combattere valorosamente resistendo sul Piave e sul monte Grappa l’avanzata degli austro tedeschi evitando così che la sconfitta si trasformasse in una definitiva catastrofe.
Nella notte fra il 6 e il 7 novembre ’17, un insurrezione nata dai bolscevichi rovesciò in Russia il governo provvisorio. Il potere fu assunto da un governo rivoluzionario presieduto da Lenin che decise di porre immediatamente fine a una guerra diventata ormai impossibile e dichiarò disponibilità alla pace. Firmò subito dopo l’armistizio con gli imperi centrali. Per concludere la pace che fu stipulata il 3 marzo 1928 nella città di Brestlitovsk, ai confini con la Polizia la Russia dovette accettare tutte le durissime condizioni tedesche, che comportavano la perdita di circa un quarto dei territori russi in ambito europeo. Gli stati dell’Intesa dovettero al loro volta accentuare il carattere ideologico della guerra che assunse sempre più le fattezze di una crociata della democrazia contro l’autoritarismo. Questa concezione della guerra trovò il suo interprete più autorevole nel presidente americano Wilson. Nel gennaio 1918 quasi in risposta all’armistizio tedesco, Wilson precisò le linee ispiratrici della sua politica in un organico programma di pace in 14 punti. Fra l’altro si stabiliva l’abolizione della diplomazia segreta, il ripristino della libertà di navigazione, l’abbassamento delle barriere doganali, la riduzione degli armamenti. Nell’ultimo punto si proponeva l’istituzione di un nuovo organismo internazionale, la Società delle Nazioni per assicurare il mutuo rispetto delle norme di convivenza fra i popoli.
L’inizio del 1918 vedeva ancora i due schieramenti in una situazione di
sostanziale equilibrio sul piano militare. La partita decisiva
continuava a giocarsi sul fronte francese. Fu qui che lo stato maggiore
tedesco tentò la sua ultima disperata scommessa impegnando tutte le
forze disponibili dalla firma della pace con la Russia. Negli ultimi
giorni di marzo i tedeschi riuscirono a sfondare fra Saint Quentin e
Arras e avanzarono in territori francese per 50 chilometri. In giugno
l’esercito tedesco era di nuovo sulla Marna e Parigi era sotto il tiro
dei nuovi cannoni tedeschi a lunga gittata. Sempre in giugno gli
austriaci tentarono di sferrare il colpo decisivo sul Piave contro
l’Italia ma furono respinti. A metà luglio un ultimo attacco sulla Marna
fu fermato dagli anglo-francesi. Alla fine di luglio le forze
dell’Intesa passarono al contrattacco. Fra l’8 e l’11 agosto nella
battaglia campale di Amiens i tedeschi subirono la prima grande
sconfitta sul fronte occidentale. Mentre la Germania cercava invano una
soluzione di compromesso, i suoi alleati crollavano militarmente o si
disgregavano dall’interno. La prima a cedere fu la Bulgaria. Un mese
dopo era l’impero turco a chiedere l’armistizio. Sempre alla fine di
ottobre si consumò la crisi finale dell’Austria-Ungheria quando il 24
ottobre gli italiani lanciarono un’offensiva sul Piave l’impero era
ormai in piena crisi. Sconfitti sul campo nella battaglio di Vittorio
Veneto gli austriaci firmarono a villa Giusti, presso Padova,
l’armistizio con l’Italia.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Marco Cappuccini
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- Facoltà: Scienze della Comunicazione
- Esame: Storia contemporanea
- Docente: Adriana Roccucci
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