Il nuovo Re Vittorio Emanuele III in Italia
Il governo Saracco inaugurò una fase di distensione nella vita politica italiana. Al contrario, il nuovo Re Vittorio Emanuele III si mostrò propenso assai più del padre ad assecondare l’affermazione delle forze progressiste. Quando il governo Saracco fu costretto a dimettersi per il comportamento incerto e contraddittorio tenuto in occasione di un grande sciopero generale indetto dai lavoratori genovesi, il Re seppe ben interpretare il nuovo clima politico chiamando alla guida del governo, nel febbraio 1901, il leader della sinistra liberale Zanardelli, che affidò il Ministero degli Interni a Giovanni Giolitti. Nei suoi quasi 3 anni di vita, il ministero Zanardelli-Giolitti condusse in porto alcune importanti riforme: furono estese le norme che limitavano il lavoro minorile e femminile nell’industria; fu migliorata la legislazione, introdotta per la prima volta da Rudinì nel 1897-98, relativa alle assicurazioni per la vecchiaia e a quelle per gli infortuni sul lavoro; fu costituito un consiglio superiore del lavoro, organo consultivo per la legislazione sociale. Ma più importante delle singole riforme fu il nuovo atteggiamento del governo in materia di conflitti di lavoro: Giolitti mantenne una linea di rigorosa neutralità nelle vertenze del settore privato, purchè non degenerassero in manifestazioni violente. Le conseguenze del nuovo corso furono subito evidenti. Le organizzazioni sindacali, operaie e contadine si svilupparono rapidamente. In quasi tutte le principali città del centro-nord si costituirono o ricostituirono le Camere del Lavoro. Un fenomeno a parte e tipicamente italiano era poi lo sviluppo delle organizzazioni dei lavoratori agricoli. Le leghe rosse si riunirono nel novembre 1901 nella Federazione Italiana dei Lavoratori della Terra, che contava oltre 200.000 iscritti. Gli Obiettivi finali dichiarati delle leghe erano la socializzazione della terra, l’aumento dei salari, la riduzione degli orari di lavoro, l’istituzione di uffici di collocamento controllati dai lavoratori stessi. Lo sviluppo delle organizzazioni sindacali fu accompagnato da una brusca impennata degli scioperi. Ne derivò una spinta al rialzo dei salari destinata a protrarsi con poche interruzioni per tutto il primo quindicennio del secolo. Questi progressi non si possono spiegare, ovviamente, solo con la nuova politica liberale e la conseguente libertà sindacale, ma vanno inquadrati nella fase di generale sviluppo economico attraversata dal paese in questo periodo.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Marco Cappuccini
[Visita la sua tesi: "La comunicazione commerciale, ovvero come battere Berlusconi alle prossime elezioni"]
- Facoltà: Scienze della Comunicazione
- Esame: Storia contemporanea
- Docente: Adriana Roccucci
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