"Bowling a Columbine". Guerrilla style, inchiesta e spettacolo
Ecco alcuni tra i punti salienti del documentario: quando Moore si reca alla North Country Bank che regala fucili a chi apre un nuovo conto, l’intervista a James Nichols (che non ha mai sentito nominare Gandhi), fratello di Terry Nichols, uno dei due autori dell’attentato a Oklahoma City, il riepilogo dei rapporti americani con regimi dittatoriali e sanguinari sulle note di "What a wonderful world", cantata da Louis Armstrong, l’angosciante ricostruzione della strage alla Columbine, l’intervista a un innocuo Marilyn Manson, il cartoon “A Brief History of the United States”, l’irruzione alla K-Mart con due superstiti della Columbine, e infine l’intervista all’anziano Charlton Heston, presidente della Nra (National Rifle Association).
In Bowling a Columbine non ci sono facili risposte, anzi spesso non ce ne sono affatto.
Moore ci mostra il suo sdegno, dimostra, confuta, indaga con arguzia. L’aspetto è del tutto quello di un documentario: utilizza immagini di repertorio e storiche e vi aggiunge immagini create appositamente; pone domande precise e documentate cercando risposta; è un film colmo di dati e statistiche. Però il regista aggiunge qualcosa in più, qualcosa che lo rende meno documentario. Aggiunge lo spettacolo: una calzante colonna sonora (ad esempio lo scegliere una canzone che evochi sensazioni opposte a quelle delle immagini), un montaggio rapido e scandito e, come già detto, una buona dose di ironia e humour.
Lo stesso Moore si trasforma in attore protagonista, si mette personalmente in scena come parte in causa dell’inchiesta, per dimostrare quanto è coinvolto anima e corpo. L’intervista è il momento culmine, nel quale avviene una sorta di “confessione” dell’intervistato. Di fronte lui tutti sembrano imbarazzati o spiazzati; pone domande a persone alle quali nessuno avrebbe il fegato di porle, mantenendo calma, lucidità e freddezza. Uno dei suoi punti di forza è anche il suo punto di vista dal “basso”, egli si mette nei panni dell’americano comune.
Il metodo utilizzato da Moore è stato definito “guerrilla style” ed è diventato ormai un marchio distintivo. Il film risulta così molto più piacevole per lo spettatore e oscillante tra l’ironia e il dramma. È evidente però che alcune scelte sono state fatte soprattutto per emozionare il pubblico e farlo giungere ad una data idea. Un esempio di scena fin troppo teatrale e votata ad emozionare il pubblico è quella conclusiva all’incontro con Charlton Heston, quando, all’uscita irritata dell’attore, Moore reagisce mostrando la foto di una bimba uccisa, con in sottofondo una colonna sonora che sottolinea il dramma.
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Autore:
Laura Righi
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- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Caratteri del cinema contemporaneo
- Docente: Franco La Polla
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