Stato e scrittura in guerra
La standardizzazione del soldato, la sua riduzione a componente « inerte » del meccanismo industriale della guerra, l’uso programmato della sua passività non Sono in verità che alcune delle tendenze operanti nel contesto del conflitto.
La scrittura consente la fissazione dell’identità anagrafica, essenziale a fini fiscali e militari.
Si scrive a casa non solo per rassicurare, ridurre il peso della lontananza, chiedere generi di prima necessità, ma anche e soprattutto per chiedere documenti e attestati, raccomandazioni e permessi, per seguire pratiche e suggerire linee di condotta rilevanti a questi fini.
L’influenza esercitata attraverso la pratica diffusiva della scrittura dallo Stato e dalle classi dominanti sui linguaggio dei subalterni. Si estende ampiamente ai temi del patriottismo e all’ideologia nazionale. I contadini imparano a nominare la patria prima di sapere che cosa sia.
Nel grande spettacolo della guerra, l’imponenza delle macchine di artiglieria è il primo elemento che colpisce. Qualcuno riesce anche a divertirsi nel manovrarle. Ma si tratta in genere di impressioni della prima ora.
Ben presto ogni traccia di stupore ed entusiasmo tra i soldati si convertirà nell’angosciosa sensazione di essere entrati in un meccanismo inesorabile quanto insensato, in un processo metodico ma senza scopo e senza fine. Il sentimento di meraviglia e persino di potenza si convertirà allora nel suo contrario, producendo stati d’animo di smarrimento, insicurezza, disperazione.
La parcellizzazione del lavoro si innesta così direttamente sulla parcellizzazione dei corpi al lavoro, perché la guerra ha prodotto in gran numero corpi parziali, incompleti.
Brandelli d’uomini, monche marionette senza vita popolano il paesaggio sociale della guerra e del dopoguerra e in particolare quello della fabbrica.
La commistione tra corpo e macchina che ha prodotto l’annientamento, si prolunga nella ri-costruzione, diviene protesi. Prodotto dell’industria della guerra, il mutilato suscita a sua volta nuove industrie, quelle per la fabbricazione di protesi, o incrementa potentemente quelle esistenti. L’idea della protesi si fa strada nell’esperienza comune, diventa familiare.
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Dettagli appunto:
- Autore: Anna Bosetti
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Scienze dell'Educazione
- Corso: Scienze dell'Educazione
- Esame: Pedagogia interculturale
- Docente: Raffaele Mantegazza
- Titolo del libro: L'officina della guerra - La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale
- Autore del libro: A. Gibelli
- Editore: Bollati Boringhieri
- Anno pubblicazione: 2007
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