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I confini del sé e la rappresentazione dell’altro


L’attenzione degli umani si è rivolta da sempre anche all‘umanità stessa, ossia al “Sé” e all’“Altro”.
Il problema di sapere “chi siamo noi” e chi invece siano loro, o quello di poter leggere al di là della diversa morfologia sessuale quali siano i tratti del carattere femminile piuttosto che di quello maschile è presente in tutte le culture.
La definizione del sé e dell’altro è articolata in relazione all’appartenenza a gruppi (nazioni, etnie, caste, classi, ecc) ma anche in relazione al genere, all’età, ai ruoli, ecc.
L’appartenenza di un individuo a un gruppo è resa possibile dalla condivisione, almeno parziale, di determinati modelli culturali. L’idea di far parte di un Sé collettivo, di un “Noi”, si realizza attraverso comportamenti e rappresentazioni che contribuiscono a tracciare dei confini  nei confronti degli altri.
L’idea di appartenere a un sé collettivo e quella di essere ciò che siamo come individui rinviano entrambe alla nozione di identità.
Gli «incontri con la differenza» sono un tratto sempre più costitutivo della nostra vita. Tali incontri non sono qualcosa che riguarda solo gli individui, ma anche le culture. La “cultura occidentale” è ad esempio una di quelle che più ha enfatizzato la dimensione dell’identità, soprattutto della propria identità come contrapposta ad altre. Ciò si spiega con il fatto che a partire dal XV secolo, l’“Occidente” è stato particolarmente aggressivo nei confronti delle altre culture.

 

Tratto da ELEMENTI DI ANTROPOLOGIA CULTURALE di Anna Bosetti
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