La veicolazione dell’intervento sulla schizofrenia

Per veicolo intendiamo l’alleanza di lavoro tra il paziente e noi. A bisogni specifici corrispondono specifici oggetti di bisogno e noi siamo oggetti di bisogno per il paziente.
Lo psicotico ha estremo bisogno di noi ed estrema paura di noi, paura di poter dipendere e paura di essere abbandonato. Il problema che si pone è come poter giungere ad una situazione di fiducia con gli psicotici, nei quali il problema della mancata strutturazione della fiducia di base è peculiare e caratteristica della malattia.
Il delirio, nel momento in cui lo rileviamo, è una necessità del paziente e un’espressione della sua parte vitale e creativa, delirio teso e finalizzato alla creazione di una realtà sostitutiva della realtà che gli altri condividono e che lo psicotico avverte di non essere in grado di affrontare.
Delirio allora come tentativo di creazione di una realtà sostitutiva, psicotica, l’unica possibile per lo psicotico nella fase di produzione. Questa realtà è necessaria per il senso di sicurezza del paziente. La scomparsa del delirio viene vissuta come una perdita, non come un vantaggio. Diamo allora la credenza al paziente di considerare la sua parte matta come importante, non la scotomizziamo parlando d’altro, la proponiamo noi stessi quando il paziente, non fidandosi ancora di noi, evita di parlarcene, accettiamo di essere attori del delirio quando il paziente ce lo propone inglobandoci nel suo delirio.
Il paziente si sente accolto in un suo bisogno di base, avverte che una sua sicurezza non viene attaccata, che c’è minore bisogno di difenderla. Questo presuppone nell’operatore la possibilità di identificazione o di empatia con il paziente, e ben sappiamo come questa sia una difficoltà notevolissima con lo psicotico perché ci espone al contatto con un mondo altamente disturbato e disturbante, mondo che saremmo portati più a fuggire che a condividere.