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Il volto di Merrick


Dall’undicesima sequenza viene esemplificata la natura duale dell’ospedale: caritatevole e meschina. Tuttavia, il parallelismo tra spettacoli per la curiosità più bieca e quelli per la scienza viene a cadere, in virtù dell’impotenza dichiarata di quest’ultima nei confronti della malattia di Merrick.
A fare da spartiacque giunge anche questa volta il rintocco del campanile (batte le dieci di sera), al suono del quale Merrick trasale, quasi presentisse la faccia oscura dello spicchio di “luna” che il fato ha infine voluto concedergli. Del resto, se si ascolta la versione originale del film, si può notare come un rumore persistente in sottofondo, ritmico, ribadisca questa isotopia macchinica disforica, inquietante: è il rumore stesso della civiltà a possedere un’ambiguità costitutiva. Proprio mentre Merrick sta contemplando la foto di sua madre, a letto, la guardia entra ed ironizza su tutto il suo destino (“Ma come diavolo t’è successo?”), sulla sua fama, sul suo mutismo (“Mi piace la gente che non può parlare”).
Il volto di Merrick è costituito da una forte esostasi del cranio che si caratterizza per un enorme, doppio e asimmetrico rigonfiamento della fronte; il naso scende con una accentuata curva verso sinistra e progressivamente la cartilagine si avvizzisce; il labbro superiore è marcatamente sollevato sulla destra e quasi serrato su quello inferiore dalla parte opposta (ne nasce un ghigno mostruoso perenne). In pratica, l’asse centrale del volto è come attraversato da una parabola che ha il suo vertice sul naso. Tutta la metà sinistra del volto reca una pelle atona, grumosa, piena di metastasi; ciò conferisce un aspetto materico al profilo destro, al punto che verso l’orecchio si assiste quasi a una dissolvenza dell’effettovolto. A parte qualche deformità sulla regione oculare, lo sguardo è invece assolutamente retto, ed anzi penetrante. I capelli sono lunghi e leggeri, e già in questa sequenza appaiono pettinati, senza che l’acconcia-tura abbia un qualche tentativo di nascondere parte delle deformità. La mostruosità di Merrick è schietta, interpellativa, straripante, come fosse ancora in progress.
L’elaborazione figurativa della mostruosità di Merrick non può essere assunta in maniera aproblematica; è noto come una fortunata pièce teatrale omonima (The Elephant Man di Bernard Pomerance), di poco precedente alla realizzazione del film, avesse optato per l’assenza di trucco nella rappresentazione del personaggio di Merrick. Per contro, fin dall’inizio della produzione del film, ignorando tra l’altro l’allestimento della pièce, Lynch aveva cercato di realizzare per proprio conto una maschera-volto dell’Uomo Elefante, ma senza esiti felici.
La bocca attira i perversi (vogliono che le prostitute bacino Merrick) anche perché essa non può socchiudere le labbra. La bocca è inoltre cristallizzata in un ghigno, impedendo così ogni modulazione dell’espressione; soprattutto, destina Merrick all’impossibilità del {sor)riso (altro fattore qualificante l’uomo). La parte grumosa della pelle fa pensare a una attività interna, dove forze interne paiono spingere senza che l’involucro riesca a contenerle. Tale reazione somatica figurativizza un fronte polemologico tipico di un corpo malato; un fronte dove le sostanze si contaminano.

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