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'68, cinema e televisione


Il sessantotto si manifesta soprattutto negli aspetti produttivi ed istituzionali. Il cinema viene rivendicato come prodotto collettivo. La generazione sessantottina sente il cinema come il proprio linguaggio per antonomasia ma la modernità ha portato alla frammentazione dell’ideologia:
I rivoluzionari sono ostentatamente anti americani dal punto di vista politico e sfacciatamente filo americani nei consumi.
Teorizzano pratiche produttive che rifiutano di confrontarsi con la dimensione spettacolare del mezzo, ma i consumi nuovamente prediligono il successo dei prodotti innovativi e spettacolari.
Sostiene la vocazione realista del cinema per poi rivalutare il cinema di genere.
Il sessantotto è attraversato da un rifiuto per la televisione che stava cominciando a soppianatare il cinema.

La vera rivoluzione in quegli anni è l’avvento della merce: televisioni, lavatrici, frigoriferi diventano presenti nelle case di tutti.
Cresce il consumo di televisione e di radio, aumentano le ore di trasmissione della tv.
Il cinema si fa portatore di rabbia, dissenso e disagi che però non esprime.
Le icone si erano moltiplicate a tal punto da sgretolare il motivo originario, i giovani si entusiasmavano tanto di che guevara che della pop art di Warhol: l’icona della rivoluzione si pone sullo stesso piano della merce.

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