Riassunto del testo "Storia del miracolo italiano". Nel riassunto viene presentato il quadro del quadro politico socila ed economico dell' Italia degli anni '60, gli anni del boom economico, della nascita delle industrie, della fioritura dell'economia e dei nuovi partiti politici che prendono piede e potere.
Storia contemporanea
di Gherardo Fabretti
Riassunto del testo "Storia del miracolo italiano". Nel riassunto viene
presentato il quadro del quadro politico socila ed economico dell' Italia degli
anni '60, gli anni del boom economico, della nascita delle industrie, della
fioritura dell'economia e dei nuovi partiti politici che prendono piede e potere.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia contemporanea
Docente: Salvatore Adorno
Titolo del libro: Storia del miracolo italiano
Autore del libro: Guido Crainz
Editore: Donzelli
Anno pubblicazione: 20051. Il tipo di stato nel corso degli anni '50
Il primo essenziale passo da fare è comprendere il tipo di Stato che si consolida nel corso degli anni
Cinquanta; il tipo di stato, dunque, che giunge alla prova degli anni del boom e dell'apertura a sinistra. È
evidente la continuità dello stato nel passaggio dal fascismo al post – fascismo, o più analiticamente, delle
caratteristiche dell'apparato statale che si riconferma nel nostro paese, a larghi e sostanziali tratti, dopo la
rottura del 1943 – 1945. Questo apparato, con la temperie culturale che lo permea, trova nel clima della
guerra fredda ulteriore cemento e al tempo stesso nuove articolazioni e umori in una nuova e più ampia
polarizzazione.
Molti documenti americani dell'epoca offrono conferme e squarci illuminanti sulle modalità dell'azione
anticomunista degli anni '50, fino alla famosa riunione del 1961 in cui Vernon Walters avanza addirittura
l'ipotesi di un intervento armato degli USA per impedire l'ingresso dei socialisti al governo.
C'è uno stretto rapporto fra le pressioni americane e l'iniziativa autonoma anticomunista dei differenti
governi italiani, che ebbero come conseguenze la determinazione, all'interno del corpo dello stato, di un
duplice e intrecciato ordine di comportamenti, fatto da una parte di normalità e diritto, e dall'altra dalla
potenziale o sotterranea esclusione di un'ampia fascia di cittadini dalla pienezza di quel diritto.
Non a caso Franco De Felice ha parlato di doppio Stato fondato sulle discriminazioni fatte di dichiarazioni
atte a definire gli oppositori ostili o estranei allo stato e alla nazione.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia contemporanea 2. La discriminazione verso il comunismo (1950)
OCCORRE MODIFICARE LA MENTALITÀ. Gli esempi concreti sono più efficaci delle riflessioni
generali. Parecchie sono le discussioni che si svolgono nel Consiglio dei ministri sulle misure da assumere
nei confronti dei comunisti, spesso terminate con comunicati ufficiali che annunciano vaste iniziative e
discriminazioni, in particolare nei confronti dei funzionari dello stato che non diano garanzie di fedeltà al
regime democratico. Scelba nel 1954 sbotta dicendo che i comunisti agiscono fuori dalla Costituzione, e
auspica addirittura controlli e spionaggi senza alcuna richiesta necessaria alla Magistratura.
Frequenti furono le ondate di perquisizioni poliziesche, di scioglimenti autoritari e di ispezioni prefettizie
nei confronti delle cooperative di sinistra; immediatamente operative divennero le estromissioni delle
organizzazioni di sinistra da edifici pubblici o da locali dell'ex partito fascista; innumerevoli le
discriminazioni nei confronti dei film di sinistra, colpiti in sede di concessione dei crediti, ancora prima di
arrivare ai comitati di censura.
Le proposte ben presto strabordarono: Scelba tuonava dicendo che gli impiegati di stato non avevano libertà
di critica manco fuori dal lavoro, come da legge del 1908, precedente al fascismo e dunque valida; arrivò a
chiedere l'espulsione dei comunisti, ove possibile, dalle commissioni dei concorsi universitari a cattedra.
Il quadro fin ora descritto, però, più che frutto di iniziativa italiana fu la pedissequa applicazione di
indicazioni americane elaborate sin dal 1951.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia contemporanea 3. La discriminazione di interi settori di cittadini (Cpc)
LE AREE DEL NON DIRITTO. È naturalmente necessario chiedersi che effetto hanno decisioni di questo
tipo, e sembra insufficiente osservare che esse hanno avuto una portata prevalentemente psicologica e
propagandistica. Se è vero che le decisioni di quei Consigli non furono tradotti in costante pratica esecutiva,
è comunque importante capire che cosa fu attuato e come agì questo aspetto psicologico e propagandistico.
È soprattutto importante cogliere come agirono questi elementi in due direzioni ben precise: il
funzionamento concreto dello stato e la formazione di un sentire comune diffuso in strati e settori ampi della
società italiana, nel consolidamento cioè di una cultura del non diritto.
L'elemento psicologico indotto da comunicati ufficiali del governo volti a discriminare interi settori di
cittadini non agisce solo nella parte politica che si intende combattere, ma ancor più in quella che si intende
attivare, ed è l'elemento da considerare meglio. Per quel che riguarda l'applicazione delle direttive nei
confronti dei dipendenti dello stato si legga, ad esempio, la relazione del prefetto di Bologna sul trimestre
nov. 1954 – gen. 1955, che Scelba considera addirittura esemplare, per le azioni prefettizie mirate ad epurare
tutti gli elementi di dubbia tendenza politica, a individuare nel personale delle scuole elementi considerabili
infidi, a ridurre gradualmente la possibilità di uso delle pubbliche piazze e a intensificare la sorveglianza di
circoli ricreativi socialcomunisti.
La situazione è meglio comprensibile se si analizzano le attività, in chiave quasi esclusivamente
antisocialista e anticomunista, del Casellario Politico Centrale e le iniziative promosse nei confronti di
professori e insegnanti socialisti e comunisti. Il CPC era nato nel 1894 per iniziativa di Crispi e
ufficialmente esso scomparve con la caduta del fascismo; in realtà non fu così. Lo ammise Vincenzo Parisi,
capo della polizia, in una uscita resa pubblica solo post mortem. Il CPC già negli anni '50 era articolato in
quattro livelli di sorveglianza – discreta, normale, attenta e continua – e ancora nel 1961 vigilava quasi
14.000 persone, di cui quasi 13.000 erano classificati come estremisti di sinistra, e nemmeno un migliaio
come estremisti di destra.
I fascicoli dedicati all'attività politica dei funzionari dello stato sono poi parecchio ricchi di riferimenti a
insegnanti, controllati di solito su iniziativa del questore, che agiva sulla base di una qualsiasi informazione
fiduciaria. Dal questore poi la nota passava al prefetto, poi all'Interno e da lì all'Istruzione che provvedeva a
smistare l'ordine di ispezione e controllo al provveditore e da lui al preside. Una precisione non equivalente
quando si trattava di estremisti di destra, spesso dal passato ingiustificabile ma ugualmente cancellati dagli
archivi del CPC.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia contemporanea 4. I fascicoli del CPC (1959)
CULTURE DI GOVERNO. Diamo ora un rapido sguardo all'insieme di fascicoli del CPC intitolato Fanfani
on.le Amintore. Attività politica. L'anno è il 1959, quando Fanfani non è più segretario della DC né capo del
governo e si sta battendo a Firenze, in vista del congresso democristiano, per l'apertura a sinistra. Antonio
Segni è presidente del Consiglio e ministro dell'Interno, e in questa veste segue con attenzione le mosse di
Fanfani. Così aveva fatto tra il 1957 e il 1958 anche Tambroni, allora ministro dell'Interno, che fece un uso
più ampio e deformato, nonché deformante, dei prefetti, invitando a redarre le risposte personalmente e a
dare segnalazione di ricevimento solo tramite numero cifrato della circolare in questione.
I rapporti dei diligenti prefetti lasciano emergere soprattutto, al di là delle sorveglianze politiche, un grande
affresco generale dell'Italia di quegli anni, mostrandosi i funzionari dettagliati nel manifestare le mancanze a
cui ovviare nelle rispettive città per aumentare il paniere de voti; sono relazioni ciniche e calcolate, che
chiedono interventi palliativi e di rattoppo e solo nelle zone dove è più probabile raccogliere voti. Tambroni
dal canto suo raccoglie le segnalazioni prefettizie e le spedisce ai ministeri di competenza e alla Cassa per il
Mezzogiorno, operando con criteri di breve e brevissimo termine ed elargendo finanziamenti discriminati
clientelarmente e non sulla base di logiche di necessità oggettiva. Persino una discussione sui contributi
unificati in agricoltura per l'assistenza ai braccianti e ai mezzadri viene vista male perché concedere loro una
mutua significa dar vita ad una organizzazione potentissima che verrà usata contro la democrazia.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia contemporanea 5. La magistratura e le modalità di applicazione dei principi
costituzionali (1950)
RICRESCE DALLE MACERIE SENZA CANCELLARLE. Infine un rapidissimo cenno ad un versante in
cui è più evidente la continuità di vecchie culture e ordinamenti: la magistratura e le modalità di
applicazione dei principi costituzionali. A metà degli anni '50 crea scandalo un piccolo libro di un giovane
magistrato di Cassino, Dante Troisi, intitolato Diario di un giudice. È questa una riflessione sulla condizione
della professione giudiziaria che esprime il disagio per una non – giustizia quotidiana in un'Italian che è
avvertita come un non – paese, un paese mancato. Un libro che dice troppo e che interessa troppi pochi,
guadagnandosi immediatamente il giudice un'azione disciplinare (richiesta da un deputato monarchico e
promossa da Moro, guardasigilli) che sollecita il Procuratore generale di Roma con l'accusa di
danneggiamenti e offese al prestigio della magistratura.
Negli anni '50, al contrario, al vertice della magistratura si trovarono spesso giudici che avevano fatto una
rapida carriera durante il fascismo e non sempre per meriti professionali. Del resto la Corte costituzionale
diventa operativa solo nel 1956 e solo allora si avvia realmente la cancellazione di norme e articoli introdotti
dal fascismo. E furono parecchi gli ostacoli frapposti ad essa, non ultimi, anzi, quelli opposti dal governo:
Segni fece ricorso tramite l'Avvocatura di stato quando la Corte iniziò a rivedere gli articoli del T.U. per la
sicurezza del 1931, giudicando la Corte inadatta a giudicare su leggi anteriori alla Costituzione stessa!
L'Avvocatura, del resto, si aggrappò alla distinzione tra norme programmatiche e precettive: le leggi che
sono in contrasto con le prime non sono automaticamente illegittime. Il ricorso fu respinto.
Vi furono poi sentenze che, interpretando in senso molto discutibile la Costituzione, cancellarono leggi
innovative come quella sull'imponibile di manodopera. È una cultura più generale, al di là di questi esempi,
ad essere in gioco. Esemplare è la vicenda di alcune leggi che riguardano la parità fra sessi: nel 1956 esce la
legge che ammette per la prima volta le donne nelle Corti d'assise e nei tribunali per i minorenni e forti
furono le opposizioni in tal senso; nel 1961 la Corte ribadisce che l'adulterio è reato punibile se è compiuto
dalla donna e così rimarrà la situazione fino al 1968, quando uscirà per la prima volta una sentenza diversa.
Eloquenti sono pure le uscite in merito alla delinquenza giovanile, dove l'unico linguaggio adeguato, in caso
di flagranza di reato, è quello dello sfollagente; addirittura il procuratore generale della Corte di cassazione
invoca la berlina e la fustigazione, rammaricandosi della loro estinzione come pene legali.
Innumerevoli poi i fulmini giuridici contro certo cinema, caso esemplare quello felliniano della Dolce vita.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia contemporanea 6. Caratteristiche del liberalismo d'emergenza
FRA STALINISMO E LIBERALISMO D'EMERGENZA. L'espressione liberalismo d'emergenza
appartiene ad un romanzo di Anna Maria Ortese Il mare non bagna Napoli, che con tale espressione si
riferiva alla situazione del PCI a Napoli. Questo liberalismo d'emergenza era, in altri termini, l'unica forma
di opposizione ad una realtà e ad una forma di gestione del potere profondamente illiberale, non solo nella
Napoli nera di Achille Lauro. Questo liberalismo emergenziale aveva contro di sé forze potenti ed era
contemporaneamente minato dall'interno, contraddetto com'era dall'ideologia esplicita cui si richiamava.
Inserito nella più generale cultura e pratica del partito, era destinato a subire progressivi stritolamenti e
tensioni che si aggravarono nel corso degli anni Cinquanta. L'area sociale e culturale della sinistra vedeva
progressivamente scemare le utopie positive e le speranze di liberazione dell'immediato dopoguerra,
vedendo, invece, più corposi gli elementi deleteri dell'ortodossia più schematica e settaria, necessari
nell'estenuante guerra di difesa cui era costretta.
Lo spartiacque regolatore che segna l'inizio di questo cambio di rotta è possibile fissarlo alla metà degli anni
Cinquanta, quando accaddero due eventi traumatici e carichi di significato: la pesantissima sconfitta della
CGIL alla Fiat durante l'elezione delle commissioni interne (1955) e la pluralità di accadimenti del 1956 noti
come l'indimenticabile '56: in quell'anno si tiene il XX congresso del PCUS che sancisce la linea della
coesistenza pacifica e la critica allo stalinismo, si rivelano le atrocità staliniste col rapporto Kruscev, si
succedono l'insurrezione polacca e quella ungherese, la prima risoltasi nell'accettazione da parte dell'URSS
dei risultati delle libere elezioni e la seconda conclusasi con l'invasione e la conseguente repressione
sovietica.
Nel considerare l'impatto in Italia di quel 1956 si nota immediatamente la contraddizione tra la violenza
immediata del trauma – un vero shock per il PCI – e il carattere parecchio limitato del rinnovamento politico
del partito di Togliatti, che ben presto rimosse quell'anno assieme al cumulo di implicazioni e sottintesi che
recava con sé.
Questo non vuol dire, però, che la crisi del mito sovietico non portò alla luce una serie di forti crisi e di
eventi che, agendo assieme a più sotterranei e radicali processi, finiranno per cambiare nel profondo gli
assetti sociali e le culture del paese, frantumando quelle subculture – cattolica, comunista e laico – liberale –
che avevano costituito l'ossatura del primo decennio dell'Italia repubblicana.
Si badi bene, la crisi del mito sovietico, dunque, non mette in crisi solo l'impostazione e la cultura del partito
togliattiano, ma unita ad altri processi riduce drasticamente i soggetti essenziali su cui sino ad ora il PCI
aveva costruito la sua identità e costruisce modalità nuove nello sviluppo della cultura di massa, nuovi modi
di essere italiani. Le aree bracciantili e mezzadrili, ad esempio, per molto tempo avevano disegnato ampi
contorni della geografia rossa italiana, sia prefascista sia repubblicana; adesso vanno svuotandosi. La stessa
classe operaia va lentamente frammezzandosi.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia contemporanea