La magistratura e le modalità di applicazione dei principi costituzionali (1950)
RICRESCE DALLE MACERIE SENZA CANCELLARLE. Infine un rapidissimo cenno ad un versante in cui è più evidente la continuità di vecchie culture e ordinamenti: la magistratura e le modalità di applicazione dei principi costituzionali. A metà degli anni '50 crea scandalo un piccolo libro di un giovane magistrato di Cassino, Dante Troisi, intitolato Diario di un giudice. È questa una riflessione sulla condizione della professione giudiziaria che esprime il disagio per una non – giustizia quotidiana in un'Italian che è avvertita come un non – paese, un paese mancato. Un libro che dice troppo e che interessa troppi pochi, guadagnandosi immediatamente il giudice un'azione disciplinare (richiesta da un deputato monarchico e promossa da Moro, guardasigilli) che sollecita il Procuratore generale di Roma con l'accusa di danneggiamenti e offese al prestigio della magistratura.
Negli anni '50, al contrario, al vertice della magistratura si trovarono spesso giudici che avevano fatto una rapida carriera durante il fascismo e non sempre per meriti professionali. Del resto la Corte costituzionale diventa operativa solo nel 1956 e solo allora si avvia realmente la cancellazione di norme e articoli introdotti dal fascismo. E furono parecchi gli ostacoli frapposti ad essa, non ultimi, anzi, quelli opposti dal governo: Segni fece ricorso tramite l'Avvocatura di stato quando la Corte iniziò a rivedere gli articoli del T.U. per la sicurezza del 1931, giudicando la Corte inadatta a giudicare su leggi anteriori alla Costituzione stessa! L'Avvocatura, del resto, si aggrappò alla distinzione tra norme programmatiche e precettive: le leggi che sono in contrasto con le prime non sono automaticamente illegittime. Il ricorso fu respinto.
Vi furono poi sentenze che, interpretando in senso molto discutibile la Costituzione, cancellarono leggi innovative come quella sull'imponibile di manodopera. È una cultura più generale, al di là di questi esempi, ad essere in gioco. Esemplare è la vicenda di alcune leggi che riguardano la parità fra sessi: nel 1956 esce la legge che ammette per la prima volta le donne nelle Corti d'assise e nei tribunali per i minorenni e forti furono le opposizioni in tal senso; nel 1961 la Corte ribadisce che l'adulterio è reato punibile se è compiuto dalla donna e così rimarrà la situazione fino al 1968, quando uscirà per la prima volta una sentenza diversa.
Eloquenti sono pure le uscite in merito alla delinquenza giovanile, dove l'unico linguaggio adeguato, in caso di flagranza di reato, è quello dello sfollagente; addirittura il procuratore generale della Corte di cassazione invoca la berlina e la fustigazione, rammaricandosi della loro estinzione come pene legali.
Innumerevoli poi i fulmini giuridici contro certo cinema, caso esemplare quello felliniano della Dolce vita.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia contemporanea
- Docente: Salvatore Adorno
- Titolo del libro: Storia del miracolo italiano
- Autore del libro: Guido Crainz
- Editore: Donzelli
- Anno pubblicazione: 2005
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