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Mitry e tipi di immagine nel cinema



Mitry distingue le immagini descrittive (che visualizzano una realtà “oggettiva”) opposte a quelle soggettive (che fanno coincidere la diegesi con il punto di vista del personaggio), e poi personali (che caratterizzano con elementi tecnici lo stile del regista, come i buchi nella colonna sonora di Pasolini) e semi-soggettive (molto usate dopo gli anni ‘40, con l’inquadratura del soggetto che guarda e dell’oggetto guardato); Casetti distingue inquadratura soggettiva (che mostra gli oggetti inquadrati come reali), soggettiva (contestualizzata come visione di un soggetto, interpretata tradizionalmente come identificazione secondaria, con il personaggio, e non primaria, con la cinepresa, ma ciò non spiega la sequenza onirica, che smentisce l’effetto di realtà alla base dell’esperienza filmica, la “croyance”), oggettiva irreale (che Metz chiama “oggettiva orientata”, ma che in quanto inquadratura “impossibile” è oggi categoria poco utile per gli effetti computerizzati) e interpellazione (sguardo in macchina, che esibisce l’artificiosità ed è perciò “proibito” nel cinema classico). Alcuni distinguono marche stilistiche e marche enunciazionali, ma i due concetti sono discussi, anche per la minore stabilità dello stile cinematografico rispetto a quello letterario.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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