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Il De Re Publica di Cicerone


Quest’opera di Cicerone, composta tra il 54 e il 51 a.C., si presenta come un dialogo di dottrina politica. Egli si proietta nel passato per identificare la migliore forma di stato nella costituzione romana del tempo degli Scipioni. Possediamo gran parte dei primi tre libri, e frammenti dei rimanenti tre. Il dialogo ha come modello – certo, entro certi limiti – la Repubblica di Platone. Si suppone si svolga nel corso di tre giorni, nel 129 a.C., nel giardino di Scipione l’Emiliano. I principali interlocutori sono Scipione e Lelio. Dopo una introduzione di Cicerone, in difesa dell’impegno di governare per il bene della patria, il dialogo inizia con l’affermazione della superiorità della vita attiva su quella contemplativa. Poi si definisce il significato della res publica e Scipione illustra le tre forme fondamentali di governo, monarchia, aristocrazia e democrazia, con le loro rispettive degenerazioni e la forma ideale, che risulta dalla combinazione di tutte tre. La repubblica romana è un esempio di democrazia.
Il libro II espone lo sviluppo dello stato romano dalle origini alla forma attuale; poi si passa a sostenere la necessità di giustizia e armonia dello stato.
Il libro III narra del dialogo tra Filo, che cita le argomentazioni del filosofo Carneade: è necessario praticare l’ingiustizia se si vuole accrescere la propria prosperità. Di contro; Lelio e Scipione continuano a sostenere che lo stato non può esistere senza giustizia.
Del libro IV di cui ci rimangono solo frammenti, sappiamo che trattava dell’educazione dei cittadini e dei principi che devono regolare i loro rapporti.
I libri V e VI introducevano la figura del princeps o rector et gubernator rei publicae, di cui parleremo in seguito. Il libro VI si concludeva con il cosiddetto somnium Scipionis, in cui Scipione l’Emiliano rievoca il sogno in cui gli era apparso l’avo Scipione l’Africano,  che gli mostrava dall’alto la pochezza delle cose terrene e rivelava la beatitudine che attende ai grandi uomini dello stato nell’aldilà.


Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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Cicerone