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Gli Epodi di Orazio


Sono chiamati così per la loro forma metrica utilizzata: l’epodo è propriamente il secondo verso, quello più breve, di un distico.  Gli Epodi sono una raccolta di diciassette componimenti, di cui undici in metro giambico, e sei che combinano giambi e dattili. Orazio li chiamava Iambi.
Gli epodi risalgono alla produzione giovanile di Orazio (tra il 40 e il 30 a.C.) e, come tale, è piena di fermenti politici e di tratti autobiografici. Quando Orazio compose gli Epodi era da poco terminata la guerra civile: il giovane Orazio, fresco di idee repubblicane, compone versi carichi di indignatio, versi dove l’invettiva e l’eccesso sono punti cardinali dell’opera. Bisogna però parlare con cautela di tratti autobiografici nelle opere oraziane. I fatti raccontati negli Epodi non sono completamente frutto delle sue esperienze dirette: gran parte degli avvenimenti sono frammisti alle imitazioni dei modelli archilochei.  Proprio ad Alceo bisogna guardare per comprendere a pieno l’opera di Orazio. Il poeta latino ha un rapporto di dipendenza e allo stesso tempo di originalità con il poeta di Paro. È vero che entrambi tradiscono una notevole sensibilità per i disagi e le amarezze delle loro epoche, ed è vero che Orazio imitava Archiloco, ma ad essere imitati erano la sua ispirazione aggressiva ed il suo metro, non le su parole ed i suoi sentimenti. I due poeti parlano di argomenti diversi perché diverse sono le epoche e diversi sono i problemi che devono affrontare. Archiloco era un aristocratico rivoluzionario, Orazio è un moderato, che, data la sua posizione sociale, non può permettersi certi slanci di libertà.  La poesia degli Epodo è spesso imitativa e artificiosa.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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