Articolo 2: le cose create da Dio sono buone in se stesse
Leibniz è contrario all’opinione di coloro che ritengono che «le opere di Dio sono buone unicamente per la ragione formale che Dio le ha fatte», e che nella loro natura e nelle idee che Dio ne ha non vi è «alcuna regola di bontà e di perfezione». Se ciò fosse vero, Dio, sapendo di esserne autore, non avrebbe avuto bisogno di guardarle una volta fatte e di trovarle buone, come attesta la Sacra Scrittura. Il passo della Genesi attesta, secondo Leibniz, l’eccellenza delle cose in se stesse: cosa tanto più vera se consideriamo il fatto che è dalle opere che possiamo inferire qualcosa intorno all’artefice. Occorre dunque che le opere ne portino in sé i caratteri: le opere devono essere buone in sé stesse se vogliamo inferire qualcosa intorno all’artefice.
Secondo Leibniz l’opinione contraria dei recenti filosofi, secondo cui attribuire una bontà in sé alle opere divine significa rendere Dio a misura degli uomini, è molto pericolosa. Infatti, non riconoscendo nelle opere di Dio una bontà intrinseca, ma solo una bontà derivata dalla volontà divina, si distrugge l’amore di Dio per le sue creature: Dio avrebbe potuto realizzare anche il contrario di ciò che ha voluto realizzare. Come potremmo definirlo giusto e saggio se Dio scegliesse ciò che è giusto e saggio arbitrariamente, secondo la sua volontà e non secondo ragione? Questo atteggiamento farebbe di lui un tiranno: il tiranno, infatti, sceglie ciò che è giusto in base al suo utile, che è l’utile del più forte. Ma la ragione precede sempre il volere: Dio vuole qualcosa non perché questo qualcosa gli è più utile, ma perché vuole secondo ragione. Volere secondo ragione significa volere secondo bontà, giustizia e perfezione. Tali caratteristiche non sono effetti della volontà di Dio, ma sono conseguenze del suo intelletto che, come la sua essenza, non dipendono dalla sua volontà. In altre parole, Dio non sceglie arbitrariamente ciò che è giusto, buono e perfetto, ma il giusto, il buono e il perfetto sono tali in sé, e in quanto tali sono pensati e conosciuti da Dio nel suo intelletto. Dio, che è l’essere assolutamente perfetto, non può che agire perfettamente, e non può che creare il migliore dei mondi possibili. L’ordine di questo mondo non deriva dalla sua volontà, ma è già presente nel suo intelletto, lo riconosce come buono in sé, e lo porta all’esistenza attraverso la volontà.
Continua a leggere:
- Successivo: Articolo 3: ciò che Dio fa è sommamente perfetto
- Precedente: Articolo 1: la nozione di Dio
Dettagli appunto:
-
Autore:
Carmine Ferrara
[Visita la sua tesi: "Il problema del male e del nulla nel ''De casu diaboli'' di Anselmo d'Aosta"]
- Università: Università degli Studi di Salerno
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Filosofia
- Esame: Storia della filosofia
- Docente: Gabriele Perrotti
Altri appunti correlati:
- Filosofi dell'età moderna
- Filosofia del diritto
- Filosofia contemporanea
- Estetica
- Letteratura e Cultura dell'Italia Contemporanea
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.