L’aumento della produzione legislativa nel diritto inglese del XIX secolo
Con l’inizio del XIX secolo, il Parlamento intraprende una consistente attività legislativa, volta in gran parte a eliminare alcune delle caratteristiche più antiquate della common law.
Il diritto comincia ad identificarsi con la volontà del legislatore e numerose riforme, che giungono a mutare alcuni dei fondamenti secolari della common law, sono attuate attraverso gli Act del Parlamento.
Infine, con l’inizio del XX secolo, la common law entra “in the age of statutes” ed è soprattutto nel secondo dopoguerra, al tempo della edificazione del welfare states, che può collocarsi la massima fioritura della legislazione inglese.
Sempre per comprendere l’importanza e la posizione della legge tra le fonti del diritto, è utile ricordare che se il giudice inglese prende una decisione senza prendere in considerazione una disposizione rilevante, tale circostanza è motivo di appello, e quel precedente non si considera vincolante in quanto emesso per incuriam.
Apparentemente, dunque, il ruolo della legge nell’ambito delle finti del diritto inglese è chiaro: gli statutes, quantitativamente e qualitativamente ormai rilevantissimi, sono da porsi al vertice della gerarchia.
Tuttavia, per quanto concerne il rapporto tra legge e giurisprudenza, vi è una certa discrasia tra le declamazioni teoriche e la realtà concreta.
Non si può infatti non ricordare che la common law nasce e si afferma come diritto giurisprudenziale.
Allora, a fianco alla supremazia formale della legge, si percepisce una sua inferiorità sostanziale rispetto alla common law.
Nonostante l’enorme produzione legislativa, la parte più fondamentale del diritto inglese resta la common law.
Nessuno statute, per esempio, prescrive ancora in termini generali che un uomo debba pagare i suoi debiti, adempiere le sue obbligazioni contrattuali o pagare i danni: gli statutes presuppongono l’esistenza della common law.
Pur prevalendo sulle altre fonti, la legge vive concretamente nei limiti che le sentenze le assicurano.
Naturalmente, il rispetto della legge si impone sempre a giudici, amministratori e cittadini, tuttavia lo statute assume vitalità solo quando è applicato dalle corti: lo statute entra nel circuito giurisprudenziale e da questo viene assorbito.
Ed infatti, la sentenza che interpreta lo statute è un precedente vincolante: se tale precedente è errato o inadeguato, esso potrà essere rimosso o da un giudice superiore attraverso l’overruling o da una legge del Parlamento.
Un’altra considerazione può giustificare, almeno in parte il permanere di una certa prevalenza del diritto giurisprudenziale su quello legislativo.
Bisogna infatti considerare che il Parlamento si cautela lasciando poco spazio all’interpretazione del giudice, poiché non impiega clausole ampie, ma piuttosto cura una formulazione puntigliosa, analitica e casistica delle proprie disposizioni.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Sistemi Giuridici Comparati, a.a. 2006/2007
- Titolo del libro: "La tradizione giuridica occidentale" e "Diritto consuetudinario albanese"
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