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Nesso causale nella valutazione del danno alla persona da contaminazione ambientale


Nella valutazione del nesso causale, i criteri da seguire sono quegli stessi che si sono già considerati nella parte generale (criterio qualitativo, quantitativo, mondale, cronologico, di esclusione, ecc…).
Perciò che riguarda il criterio qualitativo, si terrà conto in particolare della classificazione legislativa dei fattori nocivi e degli inquinanti ambientali; il fattori inquinanti sono infatti distinti in:
a. sostanze nocive: quelle che per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea comportano rischi per la salute di gravità limitata;
b. sostanze tossiche: quelle che per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea comportano rischi gravi per la salute, acuti o cronici, e anche la morte;
c. sostanze molto tossiche: quelle che per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea possono comportare rischi estremamente gravi oppure la morte.
Particolare rilevanza, ai fini della valutazione del rapporto causale, assume il criterio epidemiologico: si comprende, infatti, che se un’intera collettività è esposta all’azione patogena di determinati fattori inquinanti, è più probabile che non sia una sola, ma diverse le persone che presenteranno manifestazioni morbose.
La qualità e quantità dei fattori inquinanti devono essere studiate tenendo altresì conto della durata del tempo di esposizione della persona considerata hai fatto distesi, oltre che delle modalità con cui si è verificata l’esposizione, della mancata adozione delle opportune cautele da parte dell’amministrazione, dei datori di lavoro o degli stessi lavoratori, ecc…
Ai fini della dimostrazione del nesso causale, il danneggiato può trovarsi spesso nell’impossibilità pratica di fornirne la prova: quando si tratta di sindromi morbose “aspecifiche” viene meno il criterio della compatibilità della malattia nei riguardi del fattore inquinante, ma potranno essere presunti punti di elementi di giudizio dal fatto che la stessa si presenta in più persone esposte alla medesima sostanza (criterio epidemiologico); in altri casi il danno si manifesta solo dopo tempi assai lunghi dall’esposizione al fattore inquinante, quando ormai non sono più identificabili livelli abnormi di concentrazione ambientale del fattore considerato.
Giustamente, non si richiede la certezza della prova: si fa talora valere il principio che “ad impossibilia nemo tenetur”, mentre al criterio probabilistico si fa ampiamente di corso in serie giurisprudenziale.
Fin dal 1979 è stata introdotta anche in Italia all’assicurazione della responsabilità civile per i danni d’inquinamento: la garanzia assicurativa si estende a tutti i danni che si determinano in conseguenza della contaminazione dell’acqua, dell’aria e del suolo, da parte di sostanze di qualunque natura comunque fuoriuscite dagli stabilimenti dell’assicurato.
Rimane a carico dell’assicurato una quota del 10% del danno economico.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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