Il recesso dell'associato, art 24.2
La qualità di associato designa la posizione di parte nel rapporto contrattuale di associazione o, se si preferisce, la titolarità di quella somma di diritti e di doveri che dal contratto di associazione derivano in capo a ciascuno dei contraenti.
Altro non sono se non vicende della posizione di parte nel rapporto contrattuale di associazione il recesso dell'associato e la sua esclusione dall'associazione: il recesso corrisponde alla vicenda risolutiva del rapporto contrattuale prevista per i contratti in generale dall'art. 1373; l'esclusione dell'associato è applicazione, al contratto di associazione, della più generale figura della risoluzione del contratto (plurilaterale).
Ciò vale per l'associazione riconosciuta quale persona giuridica come vale per l'associazione non riconosciuta: il riconoscimento della personalità giuridica è, da questo punto di vista, una vicenda che produce una parziale modificazione della disciplina del contratto e che produce, di conseguenza, una corrispondente modificazione nel contenuto dei diritti e dei doveri dei contraenti; esso non modifica, invece, la natura giuridica della qualità di associato, che rimane quella di parte di un rapporto contrattuale.
La facoltà di recesso è riconosciuta all'associato in deroga al generale principio, codificato nell'art. 1372, secondo il quale il contratto non può essere sciolto che per mutuo consenso: a ciascuna delle parti del contratto è qui dato di provocare, con propria unilaterale dichiarazione di volontà, lo scioglimento del vincolo che la unisce alle altre parti (art. 24.2).
La deroga al principio generale trova, in questa come in altre figure contrattuali per le quali è prevista, la propria giustificazione in un'esigenza di tutela della libertà individuale: è, in rapporto al contratto di associazione, un aspetto della tutela della stessa libertà di associazione.
Il recesso, in quanto atto unilaterale, produce il proprio effetto estintivo del rapporto associativo indipendentemente da ogni accettazione; tuttavia, produce effetto con lo scadere dell'anno in corso (art. 24.2), e ciò al fine di evitare che l'associato, nei confronti del quale si sia verificata una causa di esclusione, possa sottrarsi con il recesso alla deliberazione di esclusione.
La volontà di recedere può anche essere tacitamente manifestata.
Ciò accade in quelle associazioni lo statuto delle quali preveda il cd. rinnovo annuale dell'iscrizione (come il rinnovo del «tesseramento» nei partiti politici), cui è collegato il versamento dei contributi annui.
L'effettuato rinnovo, nei termini statutariamente fissati, è solo adempimento dell'obbligo di contributo periodico: l'associato non si reiscrive all'associazione; conserva l'originaria qualità di associato, ossia di parte del contratto di associazione.
Il mancato rinnovo è, invece, tacita manifestazione della volontà di recedere dall'associazione.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto civile
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