Definizione di atto di oblazione
L'atto di oblazione si colloca con caratteri propri entro il vasto genere degli atti di liberalità.
Per principio generale, il contratto consensuale di donazione, che non risulti da atto pubblico, non vincola il donante, neppure se ha per oggetto cose di modico valore; la semplice promessa di donare, quantunque accettata, non produce effetti fino a quando la promessa non venga eseguita.
La funzione della donazione manuale sta in ciò: a chi pretenda la restituzione di ciò che ha donato, adducendo che la donazione non risulta da atto pubblico, si potrà vittoriosamente eccepire che la cosa donata è, in rapporto alle condizioni economiche del donante, cosa mobile di modico valore.
Al principio generale fa però eccezione l'ipotesi, prevista dall'art. 41, delle sottoscrizioni promosse da comitati: qui «i sottoscrittori sono tenuti (...) a effettuare le oblazioni promesse».
La ragione della efficacia vincolante che in questo caso assume la promessa della liberalità sta nello scopo di pubblica utilità che, per l'art. 39, i comitati perseguono: l'oblazione si presenta, a questo modo, come un atto di liberalità a sé stante, destinato a scopo di pubblica utilità. Per la sua validità sono superflui tanto l'atto pubblico quanto la consegna.
Talvolta la giurisprudenza è giunta a ritenere irrilevante, ai fini della qualificazione del rapporto come comitato, «il sistema di raccolta dei fondi, che può anche non essere quello delle questue o delle collette» e che può consistere, in particolare, in « un'opera di organizzazione e di propaganda per mezzo della quale siano preventivamente assicurate le contribuzioni di terzi, come appunto si verifica nel caso di esposizioni o di mostre mediante prestazioni a pagamento di recinti o locali da parte degli espositori o partecipanti».
Ma all'assunto si oppone la norma dell'art. 42, ai sensi della quale, «qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non sia più attuabile (...), l'autorità governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se questa non è disciplinata al momento della costituzione».
La norma postula, manifestamente, che gli esborsi del pubblico siano « oblazioni» in senso tecnico, non già il corrispettivo di un servizio: se gli esborsi degli aspiranti espositori erano, nella fattispecie giurisprudenziale ora menzionata, il «pagamento» dei servizi prestati loro dal sedicente «comitato», allora si instaurava, fra quegli esborsi e la fruizione dei servizi, un rapporto di corrispettività il quale avrebbe implicato - in contrasto con la norma dell'art. 42 - il diritto degli aspiranti espositori alla ripetizione di quanto versato al « comitato », qualora la progettata esposizione si fosse rivelata non più attuabile.
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto civile
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