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Principio consensualistico e autonomia privata: la derogabilità


Per esaminare il ruolo che compete all’autonomia privata nel graduare la produzione dell’effetto reale occorre rivisitare le categorie della vendita obbligatoria e della vendita ad effetti differiti.
È noto che la nostra vendita obbligatoria si caratterizza per la necessità che si verifichino, oltre al consenso, “fatti o atti ulteriori che consentano al contratto di produrre l’effetto reale”.
Pur tuttavia non si è affatto esclusa la possibilità che i privati possano incidere nella configurazione di quell’evento ulteriore e necessario, oltre al consenso, per il verificarsi dell’effetto reale.
Si sono distinte due figure: una vendita necessariamente obbligatoria e una vendita volontariamente obbligatoria, in cui le parti determinano “una integrazione o un particolare atteggiamento del sistema dei rapporti obbligatori da esso derivanti” si da “subordinare all’esecuzione di quelli il subentrare dell’effetto peculiare della vendita (il trasferimento del diritto)”.
Manca, però, nella giurisprudenza un contributo di decisiva chiarezza giacché la presenza di modelli legali di obbligazione di dare diversi dal contratto preliminare non consente, in sé, di ritenere ammissibile un potere illimitato dei privati di creare gli impegni al trasferimento di un bene, da attuare mediante un apposito ed autonomo negozio.
Al di là delle ipotesi di vendita (con effetti obbligatori) previste dalla legge (vendita di cosa altrui, generica, futura) in cui l’effetto reale si verifica automaticamente senza necessità di un nuovo atto traslativo, si tratta di esaminare se i privati possano statuire ipotesi atipiche di promesse che necessitano per la produzione dell’effetto reale di un ulteriore manifestazione di volontà o di un contegno volontario.
Le ipotesi su cui più si discute sono essenzialmente tre:
- la possibilità di una struttura unilaterale dell’atto traslativo esige sempre un’expressio causae capace di riferire l’adempimento traslativo al negozio fondamentale;
- la possibilità di condizionare il trasferimento al pagamento del prezzo.
In un primo tempo, la giurisprudenza ha seguito un iter incerto: da un lato, si è osservato che la legge ha previsto un meccanismo consensuale “vera e propria via maestra nella produzione di effetti giuridici”, e si esclude che le parti “possano adesso derogare, creando un modello atipico”; dall’altro, si è valutata in modo diverso la possibilità di subordinare la produzione degli effetti reali.
Si è reputato, in un caso, utilizzabile la sola condizione risolutiva e non quella sospensiva; si considera, in altre pronunzie, “pienamente valida” l’apposizione di una condizione sospensiva.
Di recente tale possibilità è stata riconosciuta espressamente da due sentenze della Cassazione.
Combinando tali due sentenze si può osservare che:
- il mancato pagamento del prezzo non può essere inteso come illecito inadempimento del contratto, ma come legittimo esercizio di una potestà riconosciuta convenzionalmente;
- la sequenza dell’effetto reale è rimessa alla determinazione delle parti attraverso lo strumento condizionale e alla libera scelta di una di esse in ordine al pagamento del prezzo;
- l’evoluzione normativa in tema di contratto preliminare e di trust introduce nuovi modi e nuove possibilità di modulare l’effetto traslativo attraverso una sequenza che comporti un impegno obbligatorio e una dichiarazione di volontà futura da cui far dipendere il trasferimento.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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