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Procedimento probatorio: ricerca, ammissione, assunzione, valutazione

Ricerca

Spetta alle parti ricercare le fonti di prova: in primo luogo al PM, sul quale incombe l’onere della prova, successivamente all’imputato, al fine di confutare le tesi dell’accusa.

Ammissione

La richiesta di ammissione di un singolo mezzo di prova è effettuata, di regole, dalle parti al giudice: le parti hanno l’onere di introdurre il mezzo di prova (c.d. onere formale della prova).
Il giudice ammette la prova in base quattro criteri:
- la prova deve essere pertinente, cioè deve tendere a dimostrare l’esistenza del fatto storico;
- la prova non deve essere vietata dalla legge;
- la prova non deve essere superflua, cioè sovrabbondante;
- la prova deve essere rilevante, il suo probabile risultato deve essere idoneo a dimostrare l’esistenza del fatto da provare.
Non occorre che la “rilevanza” o la “non-superfluità” siano certe, è sufficiente il dubbio, e cioè la non manifesta irrilevanza o superfluità.
Il giudice decide sulla richiesta di ammissione con una ordinanza motivata.

Assunzione

Se si tratta di prove dichiarative, queste vengono assunte in dibattimento col metodo dell’esame incrociato.
Spetta alle parti il compito di rivolgere le domande al dichiarante, mentre spetta al giudice sovrintendere allo svolgimento dell’esame al fine di assicurare la lealtà dello stesso, la pertinenza delle domande, la correttezza delle contestazioni e la genuinità delle risposte.
Se si tratta di documenti o documentazioni, il codice utilizza il termine acquisizione: il senso stretto indica l’assunzione della prova precostituita e cioè formata prima o fuori del dibattimento.

Valutazione

Valutazione, spetta al giudice la valutazione dell’elemento di prova raccolto.
Il giudice può ritenere non credibile il dichiarante o non attendibile la sua narrazione del fatto.
Il principio del libero convincimento non esime il giudice dal motivare la sua valutazione, egli deve dare conto dei risultati acquisiti e dei criteri adottati nel valutare la credibilità e l’attendibilità delle prove.
L’elemento di prova, valutato dal giudice, dà luogo al risultato probatorio.
Accade comunemente che non vi è soltanto una prova, bensì ve ne sono più di una, e i relativi risultati probatori devono essere valutati dal giudice al fine di ricostruire il fatto da provare.
La ricostruzione del fatto storico, e la relativa motivazione, è una delle tre parti fondamentali di cui si compone una sentenza.
Il giudice deve indicare le prove poste a base della decisione ed i motivi per i quali ritiene non attendibili le prove contrarie.
Le parti possono sottoporre a controllo la motivazione impugnando la sentenza.
Il giudice d’appello accerta se l’organo giudicante di primo grado ha fatto “malgoverno delle risultanze probatorie”, è cioè accerta se ha sbagliato sia a valutare la credibilità della fonte o l’attendibilità dell’elemento di prova, sia ad interpretare i vari risultati probatori.
La Corte di Cassazione deve vagliare la correttezza del ragionamento per accertare se vi sia mancanza o manifesta illogicità della motivazione.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE PENALE di Stefano Civitelli
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