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I titoli della prima categoria: le sentenze

I titoli della prima categoria: le sentenze


La formulazione utilizzata per i titoli della prima categoria deve essere interpretata nel senso che l’attribuzione ex lege o, nei casi in cui la legge lo permette, ope judicis  - ad es. art.642 c.p.c.-  dell’efficacia esecutiva è condizione imprescindibile sia per le sentenze e gli altri provv. giudiziali, sia per gli altri “atti”.

LE SENTENZE
-Il primo problema che si pone per le sentenze riguarda la loro idoneità a dar luogo all’esecuzione forzata per il contenuto; questo problema viene comunemente, ma solo apparentemente, risolto con riferimento al loro contenuto condannatorio, si tratta infatti ancora di stabilire quando tale contenuto condannatorio sia riconoscibile.
Due sono le opzioni estreme: la prima è ricavabile dall’art.282 c.p.c. per cui ogni sentenza, fin dal primo grado, essendo provvisoriamente esecutiva tra le parti costituirebbe titolo esecutivo; la seconda invece è nel senso di riconoscere tale qualità solo nelle sentenze che si concludono con una esplicita pronuncia di condanna (soluzione non formalistica).
È da escludere la prima opzione, in quanto, nonostante la lettera dell’art.282 c.p.c., si deve ritenere che la sentenza di primo grado è senz’altro provvisoriamente esecutiva ma, per essere utilizzata come titolo per procedere a esecuzione forzata, deve avere un contenuto idoneo a permettere tale esecuzione; questa idoneità va negata alle sentenze di mero accertamento, inoltre talune sentenze sentenze costitutive o di accertamento sono in realtà pronunce miste: di accertamento o costitutive e, ad un tempo, di condanna, in questo caso bisogna avere riguardo al principio della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art.112 c.p.c.), ad es. una sentenza che dichiara la nullità di un contratto o che ne pronuncia la risoluzione, a cui può conseguire per il vincitore una aspettativa di reintegrazione, per essere idonea a costituire titolo per agire in un processo esecutivo è necessario che la domanda di reintegrazione, conseguente alla pronuncia di accertamento della nullità o risoluzione del contratto, sia stata formulata dalla parte che su questa il giudice si sia pronunciato; solo in questo caso la sentenza contiene statuizioni condannatorie e costituisce titolo esecutivo. In questo caso si tratterebbe quindi di sentenza mista di accertamento e di condanna, che costituisce titolo esecutivo per la pronuncia di condanna.
-Riguardo il problema della successione delle sentenze nei vari gradi di giudizio, la soluzione va ricercata nel postulato secondo cui sia nel caso di riforma sia nel caso di conferma la sentenza di appello si sostituisce a quella di primo grado. Su questo presupposto, salve le ipotesi di impugnazione parziale, il titolo esecutivo sarà costituito in ambedue i casi esclusivamente dalla sentenza d’appello. (ovviamente nel caso in cui la sentenza d’appello dichiari l’inammissibilità, improponibilità o improcedibilità dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado, avente contenuto condannatorio, il titolo esecutivo sarà costituito dalla sentenza di primo grado, mentre la sentenza d’appello costituirà titolo esecutivo solo per  l’eventuale condanna alle spese.)
Anche le sentenze della Cassazione possono costituire titolo esecutivo per le eventuali pronunce di condanna emesse con la decisione nel merito, così come le sentenze emesse dal giudice del rinvio o dal giudice della revocazione, con la precisazione che tali decisioni possono costituire titolo esecutivo anche in ordine alle eventuali pronunce restitutorie conseguenti alla decisione di merito emesse dal giudice del rinvio o, in sede rescissoria, dal giudice della revocazione. Lo stesso vale anche per le decisioni di accoglimento dell’opposizione del terzo ex art.404c.p.c.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Federica D'ortenzio
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