La regola di passività nell'offerta pubblica
Qualora l’offerta abbia per oggetto azioni di società italiane quotate in un mercato regolamentato italiano o comunitario, si applica la c.d. passivity rule.
In base a essa, la società non può compiere atti od operazioni che possano contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta, salvo che non vi sia espressa autorizzazione dell’assemblea ordinaria o di quella straordinaria con il voto favorevole di almeno il 30% del capitale sociale.
La norma dunque comporta anzitutto uno spostamento di competenza in pendenza di offerta: quelle operazioni che normalmente, appartenendo alla gestione, sono di competenza esclusiva degli amministratori, una volta lanciata l’offerta e se idonee a contrastarne gli obiettivi, devono essere preventivamente autorizzate dall’assemblea.
La ratio di questa regola si basa sul disallineamento di interessi che l’offerta crea tra amministratori e azionisti: questi ultimi sono destinatari dell’offerta e solo a loro spetta decidere se aderire o no; i primi, peraltro, sanno che in caso di successo di un’offerta ostile verranno sostituiti nella carica.
Concetto e tipologia di tecniche difensive, cioè “atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta”, sono stati efficacemente esemplificati in una comunicazione della Consob:
- quelli che puntano a incrementare il costo necessario per raggiungere il quantitativo di adesioni che l’offerente intende conseguire (per esempio, aumento di capitale);
- quelli volti a mutare le caratteristiche patrimoniali della società (per esempio, fusioni, scissioni, ecc…);
- quelli che comunque ostacolano le intenzioni dell’offerente.
Non rientra invece nelle operazioni difensive soggette all’autorizzazione dell’assemblea, la ricerca di un altro soggetto (il c.d. cavaliere bianco) che promuova un’offerta non ostile sulle azioni della società.
In materia, la direttiva comunitaria contiene una disciplina analoga a quella del TUF per le c.d. difese successive.
La direttiva prevede, inoltre, una regola generale di neutralizzazione (c.d. break-through) delle c.d. difese preventive.
Si comprendono in questa categoria tutte quelle clausole statutarie o patti contrattuali che hanno per effetto di porre ex ante barriere alle scalate ostili:
- le clausole statutarie e i patti parasociali che limitano il trasferimento delle azioni non si applicano a chi abbia lanciato un’o.p.a.;
- le clausole statutarie e i patti parasociali che limitano il diritto di voto o che lo concedono multiplo non si applicano alle decisioni assembleari sulle difese successive;
- analoghe restrizioni valgono, in caso l’o.p.a. raggiunga una soglia di adesioni pari ad almeno il 75% del capitale con diritto di voto, nella prima assemblea sociale che segue la chiusura dell’offerta e che sia convocata dall’offerente per modificare lo statuto o revocare o nominare i membri dell’organo di amministrazione.
La nostra attuale legislazione è conforme a quanto consentito dalla direttiva; anzi, è, in complesso, più rigida.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto commerciale, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: Corso di diritto commerciale (vol. 1 e 2)
- Autore del libro: Gaetano Presti e Matteo Rescigno
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