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Il diritto di recesso nelle deliberazioni assembleari


Il metodo maggioritario fa sì che le deliberazioni assembleari prese in conformità della legge e dell’atto costitutivo vincolano tutti i soci, ancorché non intervenuti o dissenzienti.
Talvolta, però, il legislatore interviene mitigando l’applicazione del principio maggioritario e accorda ai soci non consenzienti la possibilità di recedere dalla società ottenendo il rimborso del controvalore del loro investimento azionario.
Nel codice civile del 1942 era concesso solo in tre ipotesi (cambiamento dell’oggetto sociale, trasformazione, trasferimento della sede all’estero) che dottrina e giurisprudenza prevalenti ritenevano costituire un numerus clausus non suscettibile di ampliamento da parte dell’autonomia statutaria.
Di recente l’impostazione è drasticamente cambiata; si è rivalutata l’esigenza di tutelare le “basi essenziali” dell’investimento dei soci minoritari e nuove ipotesi di recesso sono state previste in alcune leggi speciali.
La riforma ha abbracciato con convinzione questo orientamento nella convinzione che il recesso non sia solo uno strumento di disinvestimento, ma anche una possibile forma di influenza dei soci minoritari sull’assunzione delle decisioni della maggioranza.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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