IVA: i rimborsi
Anche in materia di imposta sul valore aggiunto corre l’obbligo di utilizzare il termine “rimborsi” al plurale non solo per il fatto che la legge disciplina in termini diversificati modalità e procedure per il conseguimento da parte del contribuente della restituzione dell’imposta già pagata; ma altresì dalla duplicità di cause alle quali si collega il diritto al rimborso.
In estrema sintesi, le categorie di rimborso che vengono in rilievo sono due:
1. la prima è formata da quelle ipotesi in cui vengono in considerazione somme illegittimamente pagate dal soggetto passivo del rapporto obbligatorio di imposta;
2. la seconda, invece, è rappresentata da tutti quei casi in cui la posizione di credito del contribuente nei confronti dell’erario viene a determinarsi per effetto dei principi che disciplinano l’attuazione del tributo e, più precisamente, a motivo dell’eccedenza, rispetto all’imposta effettivamente dovuta, dei pagamenti effettuati.
Proprio per effetto del meccanismo della rivalsa può determinarsi l’insorgere di una posizione creditoria del soggetto intermedio dovuta all’esistenza di un’imposta assolta “a monte” più elevata rispetto a quella dovuta sulle operazioni attive ed addebitata in via di rivalsa ai cessionari o committenti nel periodo di riferimento.
Il credito in tal guisa determinato può essere “riportato a nuovo”, chiesto a rimborso, ovvero utilizzato per compensare debiti di altre imposte.
Scendendo più nel dettaglio, occorre tenere presente che nel sistema IVA la liquidazione del tributo avviene non solo alla fine di ogni anno, ma periodicamente ogni mese (ovvero, per i contribuenti “minori”, ogni trimestre).
Già in tali occasioni la somma algebrica dell’IVA sulle operazioni attive e di quella assolta in via di rivalsa può dar luogo ad una posizione creditoria del contribuente.
In questo caso, però ed in via generale, il credito non può essere richiesto a rimborso, ma solo “riportato a nuovo”, ovvero utilizzato in compensazione di altri tributi.
Anche nel caso in cui la posizione creditoria del contribuente risulti dalla dichiarazione annuale (e quindi possa dirsi definitiva), in alternativa al “riporto a nuovo”, costui non sarà legittimato a pretendere il rimborso dell’eccedenza detraibile, ma solo in presenza di precisi presupposti sostanziali.
Prima di scendere nell’esame di tali previsioni, occorre precisare che i rimborsi dell’IVA rappresentano un campo assai delicato ove si fronteggiano contrapposti e fondamentali interessi: da un lato, quello dei contribuenti ad una celere liquidazione dei rimborsi; dall’altro, l’esigenza dell’erario di espletare le opportune verifiche e di assumere quelle cautele necessarie al fine di evitare la restituzione di importi non dovute (sotto tale profilo, non deve essere sottaciuto che quello di rimborsi IVA rappresenta uno dei settori dove si annidano maggiormente le fattispecie di frodi ai danni dello Stato).
Ecco allora che il legislatore ha tipizzato i momenti e i presupposti in presenza dei quali è consentito chiedere il rimborso dell’IVA e ha previsto procedure formali e precise che debbono essere eseguite per ottenere il rimborso medesimo in tempi ragionevoli, allo stesso tempo assicurando all’amministrazione finanziaria quelle garanzie occorrenti a non rimanere definitivamente esposta al rischio di restituzioni indebite.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Tributario, a.a. 2008/2009
- Titolo del libro: "Manuale di diritto tributario" di P. Russo e "L'imposta sul valore aggiunto" di F. Padovani
- Autore del libro:
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