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Critica al pensiero di Epicuro nel "De finibus"



1) Ieronimo di Rodi = Il termine estremo è l'assenza di dolore (sommo bene = non provar dolore)
2) Aristippo = Piacere = sommo bene (ma non lo è il non provar dolore) --- si riferisce al piacere che impressiona i sensi con dolcezza
3) Callifonte = Collega il piacere (Epicuro) all'onestà (stoici)
4) Aristotele = Congiunge la pratica della virtù alla prosperità di una vita perfetta
5) Diodoro = Aggiunge all'onestà l'assenza di dolore.
6) Carneade = fruizione dei principi naturali
Epicuro è come se congiungesse 1) e 2). Egli, come gli ultimi 3, se avesse congiunto 1) e 2) avrebbe meglio capito.  Ma nè Aristippo nè Ieronimo fan l'errore di Epicuro. In realtà piacere e non dolore sono 2 cose distinte. Epicuro non solo cerca di dare un solo nome a cose tanto diverse, ma anche di 2 farne una sola. E ciò non si può. Se le approva avrebbe dovuto servirsi di entrambe. Poi Cicerone cita e critica un passaggio delle kyriai doxai di Epicuro (massime capitali) in cui si dice che se ciò che per i dissoluti è fonte di piacere li liberasse dai timori, non avremmo nulla da criticare.  Cicerone sostiene che è un assurdità dire che non bisogna criticare i dissoluti se sono sapienti. E che non capisce come un dissoluto possa avere desideri limitati.  Poi Cicerone cerca di introdurre l'idea che il piacere non è il sommo bene. Dice che gli elegantoni e i raffinati, che si circondano di cose senza le quali Epicuro dice di non sapere cosa sia il bene, sicuramente non vivono bene o felici. I due passaggi successivi di Cicerone sono dimostrare che il piacere non è il sommo bene e separare il piacere dal bene. Cicerone ci ricorda di Lelio, chiamato sapiente per il suo atteggiamento. Dice infatti, citando versi in cui si parla di Publio Gallonio (versi di Lelio): non cena bene chi fa consistere tutto nel piacere... ma non è detto che non abbia cenato mai volentieri. Quindi, chi cena bene cena sempre volentieri, ma non sempre viceversa. Qui si cominciano a separare piacere e bene. Lelio cenò sempre bene e volentieri, perchè cenava in modo retto, frugale e onorato, per soddisfare con animo sereno i desideri naturali e accompagnarsi con una buona conversazione. Mentre Gallonio cenava in modo dissoluto. Il vantaggio di Lelio è che trascurava la gustosità in sè, perchè non faceva consistere nel piacere il sommo bene.

Tratto da "DE FINIBUS" DI CICERONE di Dario Gemini
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