L’innovazione nelle imprese
Metodologia standardizzata di misurazione adottata dall’Ocse e dall’Eurostat negli anni 90, codificata nel Manuale di Oslo: sono innovatrici le imprese che hanno introdotto prodotti e processi nuovi per l’azienda, non necessariamente per il mercato in cui opera; tuttavia la valutazione è affidata alle imprese stesse (che hanno a disposizione le definizioni di innovazione ed esempi), senza la possibilità di riscontro da parte dell’operatore statistico; questo rende i dati estremamente soggettivi, ma la legge dei grandi numeri tende a compensare le differenze interpretative.
Tra il 1998 e il 2000 il 38.8% delle imprese europee ha introdotto innovazioni (manifatturiero 42% (Italia sotto la media europea con 38.3%), servizi 34.9% (Italia sotto la media con 24.1%)). Le imprese che in questo periodo hanno innovato risultano più propense ad introdurre innovazioni non tecnologiche (le imprese nei servizi operano tali cambiamenti con frequenza maggiore indipendentemente dall’aver introdotto innovazioni tecnologiche). In Italia, la quota di imprese innovatrici nel settore manifatturiero è dell’82% nelle macchine d’ufficio, 73% apparecchi di precisione e ottici, 62% apparecchi radio-tv; nel settore dei servizi, banche e assicurazioni 50%, informatica 46%.
Per valutare l’impatto dell’innovazione in termini economici, l’Eurostat fornisce un indicatore specifico: rapporto tra fatturato dell’azienda connesso ai nuovi prodotti e quello totale (ma non dà conto delle innovazioni di processo, cosicché sono penalizzate le imprese per cui questa quota è elevata (quelle che operano in settori industriali maturi, per cui la competizione si basa sulla razionalizzazione e l’abbattimento dei costi).
Il processo innovativo è diffuso in azienda e prevede sia la gestione del capitale immateriale (risorse umane, know-how) che di beni fisici che incorporano le nuove tecnologie (macchinari, impianti). I dati testimoniano che l’innovazione non si identifica con la ricerca: la spesa media per la R&S nei Paesi europei rappresenta il 48.9% nel settore manifatturiero e il 32.1% nei servizi (nel complesso il 54.7%; 60% per Finlandia e Olanda, 50% per Germania e Danimarca, 33% per l’Italia, che basa la spesa soprattutto sull’acquisto di macchinari); la restante parte è da attribuirsi all’acquisizione di nuove conoscenze, formazione del personale, marketing, acquisizione di nuovi macchinari.
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Autore:
Moreno Marcucci
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- Università: Università degli Studi Roma Tre
- Facoltà: Economia
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