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Errore di attribuzione



NON CONCEDERE IL PRESTITO
Quello che tendiamo a fare è scaricare le responsabilità. Se il primo prestito è andato male, è colpa del cliente che non ha saputo usare i soldi che gli ho concesso e così, al secondo giro, non lo concedo più. Se avessi riconosciuto che avevo troppe poche variabili, potevo si concedere il prestito.
Errore ad attribuire cause e responsabilità. Non facciamo una attenta valutazione di dove stanno le responsabilità.

ALCUNI RIMEDI
FRAMING —> Bisogna far sì che la gente sia abituata, nella mia organizzazione, ad avere più punti di vista. Bisogna dunque comunicare tanto ed evidenziare che le cose possono essere analizzate da più punti di vista.

DISPONIBILITÀ, RAPPRESENTATIVITÀ, ANCORAGGIO: Bisogna aumentare il livello di trasparenza nell’organizzazione. Una delle cose peggiori è quando il vertice trattiene le informazioni, che sono uno strumento di potere. Se io so cosa sta succedendo nell’organizzazione, posso prendere scelte migliori, ma dall’altro lato questo aumenta il mio peso al suo interno. Nelle organizzazioni le persone si dividono in coloro che possiedono informazioni e chi no. Se so quali sono le caratteristiche dell’ambiente in cui lavoro, posso lavorare allineandomi a queste caratteristiche. Nel momento in cui i vertici decidono però di condividere queste informazioni, perdono una fonte di potere. Quando le informazioni sono a disposizione di tutti, non c’è un vantaggio di posizione. Molte organizzazioni di oggi sono ancora basate su questi giochi di potere (non posso parlarne con chiunque altrimenti non ho più una posizione di vantaggio).
I gruppi di lavoro sono un altro strumento che permettono di amplificare le informazioni a disposizione.

ERRORI DI APPRENDIMENTO: Bisogna aumentare la cultura della collaborazione o abituare le persone a prendere decisioni basate sull’evidenza. Io per prendere una decisione giusta devo avere un approccio scientifico. Ho dunque delle informazioni che analizzo in modo sistematico e prendere delle decisioni oggettive basate su dati analizzati scientificamente.

LE TEORIE MOTIVAZIONALI
Riguardano come dovrebbero fare i manager ad avere dei collaboratori motivati, ossia, che hanno voglia di impegnarsi per raggiungere determinati risultati.
La motivazione si definisce dalla scelta dell’individuo di iniziare a lavorare per noi, la direzione dell’attività lavorativa (si muove coerentemente con gli obiettivi dell’organizzazione?), l’intensità e la durata.
Voglio individui che ci mettano impegno e intensità al lavoro, per lungo tempo.
È importante perché i risultati che una persona raggiunge sono risultato delle sue abilità, ma anche il risultato delle motivazioni che una persona ci mette.

Posso avere due dipendenti, uno con un buon curriculum, l’altro con un curriculum debole. Se quello debole, in termini di motivazione, risponde meglio, potrà raggiungere risultati più elevati rispetto a colui che possedeva il curriculum più forte.

SCALA DEI BISOGNI DI MASLOW
Gli individui si comportano in base ai bisogni che hanno.
FISIOLOGICI: Mangiare, bere, avere una casa, ecc. ecc.
Devo dare soldi sufficienti per acquisire questi beni.
SICUREZZA: Offrire stabilità.
SOCIALI: Essere inserito in una rete sociale che mi piaccia. Avere buoni rapporti nell’ambiente di lavoro.
EGO: Essere riconosciuto all’interno della mia organizzazione come una figura di riferimento e prestigio.
AUTO REALIZZAZIONE: Bisogno di essere diventati quello che ci si proponeva di diventare. Sentirsi realizzati a livello professionale.
La piramide di Maslow è una scala gerarchica dei bisogni ed è vincolante. Maslow dice che è inutile che io come manager investa sul soddisfare i bisogni sociali se non ho ancora soddisfatto i bisogni fisiologici. Secondo Maslow, un bisogno diventa tale quando è soddisfatto quello di livello inferiore.
Se pago la gente poco ma lavora in un ambiente felice, ciò non serve a nulla.

IL MODELLO DELL’ASPETTATIVA VALENZA (VROOM, 1964)

MOTIVAZIONE:
La motivazione di un individuo dipende da un processo decisionale in cui è presa in considerazione l’utilità attesa di un comportamento.

La motivazione di un individuo dipende dall’utilità che lui si attende dal tenere un certo comportamento (ma se mi comporto così, cosa ci guadagno?). da un punto di vista motivazionale, io manager devo trovare un meccanismo di incentivo per cui motivo il dipendente a comportarsi in una determinata maniera.

UTILITÀ ATTESA = ASPETTATIVA * VALENZA (+,-)

VALENZA: Il valore che ha per me una certa ricompensa. (es. promozione, mi interessa? Si, no?). Può essere positiva oppure negativa.
ASPETTATIVA: Deriva dalla performance e ricompensa. La performance (ha valore tra 0 e 1) è legata alla percezione che ho io come individuo rispetto alle mie capacità di raggiungere l’obiettivo assegnato (se farai così, raggiungerai la promozione; ne sono in grado? Ho le capacità? Quanto è probabile?). La ricompensa (varia 0 1) è legata alla mia percezione sul fatto che quello che mi stanno dicendo è realmente vero, che non sia una bufala.
Devo sentirmi in grado di raggiungere l’obiettivo assegnato e devo accertarmi che se raggiunto l’obiettivo mi viene data una ricompensa. Devo poi valutare se la ricompensa è una cosa utile per me.
Questo ci spiega perché le persone spesso non sono motivate. I manager danno spesso ricompense che non hanno valenza per l’individuo o quello che viene chiesto agli individui è al di fuori della loro portata. Il risultato è zero effetto motivazionale. Come manager, bisogna studiare molto le caratteristiche e le aspettative dei dipendenti. L’obiettivo che assegno deve essere studiata in modo quasi scientifico, non può essere una cosa impossibile. Bisogna capire cosa vogliono le persone, poi definisco il sistema di incentivi.

Tratto da ORGANIZZAZIONE AZIENDALE di Kevin Carne
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