Caratteristiche della regola in Inghilterra
In Inghilterra la regola ha una lunga storia. Prima del XIX sec., infatti, in Inghilterra vigeva la rgola del “pacta sunt servanda”, ovvero ciascun contraente era assolutamente vincolato, qualunque fossero le vicende successive alla conclusione del contract, anche qualora la prestazione diventasse impossibile. La parte la cui prestazione diventava oggettivamente impossibile era dunque condannata al risarcimento dei danni.
Famosissima applicazione di questo principio è il case Paradine v. Jane del 1647. Paradine, proprietario di un terreno, aveva citato Jane, titolare di un diritto reale di godimento su quel terreno (una sorta di usufruttuario) per il mancato pagamento del canone promesso. Jane eccepì di non aver potuto godere del bene poiché il terreno era stato invaso dalle armate del principe Rupert nel quadro di un episodio di guerra, e di non aver pagato per questo motivo: cercò quindi di far valere una impossibilità sopravvenuta, un elemento al di fuori della sua sfera di controllo che gli aveva impedito di godere del bene. La corte diede ragione a Paradine, sostenendo che il contract vincola e solo se le parti hanno previsto l'eventuale sopravvenire di una certa circostanza, chiarendone oltretutto le conseguenze, l'evento anche se non imputabile alle parti comporta la risoluzione.
A partire dal 1800 la regola “pacta sunt servanda” comincia ad incrinarsi. Una prima deroga l'abbiamo con il case Atkinson v. Ritchie (1809). La corte, nel caso in questione, sentenzi che il contratto di noleggio di una nave si risolve, e quindi il debito si estingue, qualora dopo la conclusione del contratto, a causa di una dichiarazione di guerra tra l'Inghilterra ed il Paese dove la nave avrebbe dovuto essere caricata, l'approdo sia impedito. La nave non può più essere utilizzata per lo scopo per cui era stata noleggiata, quindi il debitore non deve più pagare il canone promesso.
Il giudice utilizza la logica di considerare la clausola della forza maggiore inserita implicitamente nel contract.
La regola viene ampliata nel successivo case Tylor v. Caldwell (1863): Caldwell si era impegnato nei confronti di Taylor a concedere per un certo periodo di tempo l'uso di un suo locale affinché Taylor potesse utilizzarlo per organizzare degli spettacoli musicali. Taylor pagava un compenso per tale utilizzo. Un incendio distrugge il locale, che Taylor non può più utilizzare.
Taylor cita Caldwell, pretendendo i danni per non aver potuto organizzare i concerti programmati. La corte dice che allorché l'adempimento dipende dall'esistenza di una cosa, ciò comporta l'esistenza di un patto implicito per cui l'eventuale impossibilità di adempiere dovuta all'estinzione della cosa vale a sollevare da responsabilità il contraente. Di nuovo la corte fa leva, per ottenere la risoluzione del contratto, sul patto implicito inserito nel contract per cui se la prestazione dipende dall'esistenza di una cosa o da una persona, e la cosa va distrutta o la persona muore, il contract si risolve.
Con il passare del tempo le eccezioni si ampliano, e viene a prodursi l'istituto oggi noto come frustration del contract.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Elisa Giovannini
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- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Economia
- Docente: Alberto Gianola
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