Art. 1333: contratto con obbligazioni del solo proponente
Art. 1333: contratto con obbligazioni del solo proponente
Nell'ipotesi di contratto con obbligazioni del solo proponente, scatta una regola diversa, quella prevista dall'art. 1333: “contratto con obbligazioni del solo proponente – La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata.Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto, il contratto è concluso.”
Quindi, il contratto con obbligazioni del solo proponente si conclude qualora una parte faccia la proposta e la controparte, nel termine eventualmente assegnato, non rifiuti. Il contratto si conclude non quando chi ha fatto la proposta riceve notizia dell'accettazione della controparte, bensì se colui che riceve la proposta (oblato) non rifiuta.
Possiamo parlare di contratto unilaterale perché se la controparte tace non manifesta alcuna volontà. Altri sostengono invece che si tratti comunque di un contratto bilaterale perché laddove l'oblato taccia, implicitamente acconsente. Non è proprio così: un conto è avere delle circostanze che circondano il silenzio e lo facciano diventare un'espressione di volontà, ma nel momento in cui un soggetto tace semplicemente, non manifesta volontà alcuna.
La supposizione del silenzio-consenso vale perché nel contratto con obbligazioni del solo proponente il destinatario della proposta contrattuale si arricchisce solamente; laddove c'è solo arricchimento e non c'è anche un onere, un peso, un impoverimento collegato (come accade invece nel contratto a prestazioni corrispettive) il legislatore prescinde dalla manifestazione di volontà. Non arriva però ad un atteggiamento così paternalistico da imporre un arricchimento ad un soggetto che non vuole arricchirsi: ecco allora che il soggetto può rifiutare la proposta, ed in questo caso il contratto non si conclude.
Parallelismo con i legati
E' la stessa regola che troviamo applicata in materia di legati, a differenza di quanto avviene con riferimento all'eredità: l'erede per diventare tale deve accettare, non basta l'attribuzione dell'eredità (che rende il soggetto “chiamato” all'eredità). Nei legati invece l'accettazione non c'è, il legatario può tuttavia rifiutare. Questa regola ha la seguente ratio: mentre nell'ipotesi dell'eredità c'è un attivo ed un passivo (ed il passivo può anche essere superiore all'attivo, tant'è che se si vuole limitare la propria responsabilità al solo attivo ereditato si accetta con beneficio di inventario – ed il codice civile impone tale tipo di accettazione quando il chiamato all'eredità è un minore), nell'ipotesi del legato non si ha la possibilità di un passivo superiore all'attivo, poiché il legato è un attivo. Può essere sottoposto ad un pegno o collegato ad un debito, però al massimo il debito può essere pari al valore dell'attivo del legato. Quindi si prescinde dall'accettazione perché nella peggiore delle ipotesi il legatario non prende nulla.
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Autore:
Elisa Giovannini
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- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Economia
- Docente: Alberto Gianola
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