Attività della Pubblica Amministrazione
Da oggi inizieremo la parte sull’attività della Pubblica Amministrazione; questo argomento sarà la parte centrale del programma.
Come agiscono ed operano le Pubbliche Amministrazioni? (con il termine ci riferiamo a qualsiasi Pubblica Amministrazione, sia quelle centrali che quelle periferiche, delle quali abbiamo già parlato trattando di organizzazione).
Per attività intendiamo quella esterna, che può essere svolta da enti e da organi (che fanno parte degli enti).
Una Pubblica Amministrazione quando agisce può operare:
usando il Diritto Amministrativo;
usando il Diritto Privato (ipotesi residuale): in questo caso la Pubblica Amministrazione agisce iure privatorum.
Esempio: la Pubblica Amministrazione decide di acquistare un immobile (quindi stipula un preliminare e poi il successivo atto pubblico presso un notaio); in tal caso agisce iure privatorum.
In genere però la Pubblica Amministrazione agisce secondo le regole del diritto speciale (ovvero del diritto amministrativo) che le consente di operare autoritativamente e unilateralmente. La Pubblica Amministrazione per operare non ha dunque bisogno del consenso del privato (invece nel contratto occorre il consenso delle parti). Ad esempio se un privato richiede la concessione per aprire una farmacia, può ricevere parere negativo o positivo, ma è la P.A. che decide, da sola, senza che venga richiesto il consenso del destinatario del provvedimento.
Studieremo in seguito che la legge sul procedimento amministrativo ammette che la P.A. possa accordarsi con il privato per stabilire il contenuto di un provvedimento, ma ciò accade in un solo caso che poi vedremo.
In genere però la Pubblica Amministrazione agisce unilateralmente (di regola).
La Pubblica Amministrazione può decidere:
su istanza di parte (ovvero su richiesta del privato): in tal caso segue o un diniego oppure un provvedimento positivo. Qui la Pubblica Amministrazione decide in quanto sollecitata dall’iniziativa di un privato (esempi: richiesta di apertura di una farmacia).
d’ufficio, senza sollecitazione alcuna (esempio: il caso di esproprio di un terreno, oppure di multa per effrazione semaforica; questi sono ambedue provvedimenti d’ufficio).
Proprio perché l’attività amministrativa è per la maggior parte unilaterale, ci si è chiesti se sia giusto che un cittadino debba attendere lo svolgersi dell’iter (operato unilaterale) senza poter sindacare (perché il consenso del privato non conta ai fini della Pubblica Amministrazione). Un meccanismo di questo tipo non è giusto in quanto non lascia spazio al privato.
Ad esempio l’iter standard del procedimento amministrativo (che la Pubblica Amministrazione deve seguire per giungere a prendere una decisione) dovrebbe essere il seguente: se presento un’istanza chiedendo di aprire una farmacia, e nell’incartamento da me presentato manca un documento, la Pubblica Amministrazione dovrebbe limitarsi (secondo lo schema fin qui prospettato) a rigettare l’istanza per incompletezza della domanda presentata. Il privato dovrebbe quindi ripresentare la domanda, integrandola dei documenti mancanti. Così il privato e la Pubblica Amministrazione perdono tempo e denaro. In questo caso si pone pressantemente l’esigenza di garantire al privato la possibilità di intervenire, per far sentire le proprie ragioni.
La Pubblica Amministrazione, prima di giungere alla decisione finale, deve seguire un iter procedurale con passaggi ben sanciti e scanditi dalla Legge sul Procedimento Amministrativo L.241/1990. Questa legge disciplina appunto l’iter del procedimento amministrativo. Ogni volta che la Pubblica Amministrazione deve adottare un provvedimento amministrativo ci sono una serie di obblighi. Nell’iter il cittadino deve poter intervenire, ponendo a conoscenza della Pubblica Amministrazione ciò che ritiene utile ai fini del procedimento.
Il primo obbligo della P.A.
È quello di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo (il procedimento si concluderà poi con una decisione positiva o negativa). Le comunicazioni vanno fornite:
al destinatario del provvedimento finale (ciò è più che mai necessario se il provvedimento inizia d’ufficio). La notizia viene data affinchè il destinatario possa far conoscere la propria prospettiva alla Pubblica Amministrazione. Ad esempio se la Pubblica Amministrazione vuole espropriare il terreno sul quale sorge casa mia, posso fare presente che accanto a casa mia c’è un terreno libero ed ugualmente utile agli scopi della P.A. (naturalmente il privato deve accompagnare la propria comunicazione con una relazione redatta da un tecnico, con memorie e altri documenti). Lo scopo della comunicazione è la PARTECIPAZIONE DEGLI INTERESSATI.
anche coloro che in futuro potrebbero fare ricorso (perché potrebbero avere un danno dalla decisione che matura alla fine del procedimento amministrativo) devono avere comunicazione d’avvio del procedimento, affinchè possano partecipare alle vicende del procedimento stesso, ai sensi della L.241/1990. Ad esempio se viene presentata alla Pubblica Amministrazione una richiesta per aprire un esercizio commerciale nel centro storico di Lecce, i residenti della zona che non siano stati informati possono ricorrere al TAR palesando l’omissione di comunicazione ai residenti suddetti, che avevano diritto ad essere informati in quanto interessati.
Va dunque data comunicazione a tutti gli interessati (chiaramente intendendo come tali coloro che hanno un interesse giuridicamente rilevante, siano essi destinatari o coloro che potrebbero subire un danno o pregiudizio).
La partecipazione è dunque concessa, ma il procedimento amministrativo si conclude sempre con una decisione che compete solo alla Pubblica Amministrazione.
Secondo obbligo della P.A.
Quando la Pubblica Amministrazione adotta il provvedimento amministrativo finale, per la L.241/1990, il provvedimento amministrativo deve essere obbligatoriamente motivato. Ovvero la Pubblica Amministrazione decide liberamente ed autonomamente ma deve spiegare:
- le ragioni di diritto che hanno spinto la Pubblica Amministrazione a decidere in un certo verso
- gli elementi di fatto che hanno spinto la Pubblica Amministrazione a decidere in un certo verso.
Tutto ciò che accade nella fase della partecipazione nel procedimento amministrativo finale deve trovare riscontro nella motivazione. La motivazione deve farsi carico di tutti i pro ed i contro emersi durante l’iter. La Pubblica Amministrazione deve motivare il provvedimento:
indicando sulla base di quale legge è stato deciso (ragioni di diritto)
rispetto al procedimento concreto ed alle eccezioni sollevate dagli interessati durante l’iter (elementi di fatto); si prende atto dei documenti depositati e presentati dai privati variamente interessati, e si dice, in relazione a quanto presentato, perché si è deciso per il si o per il no.
Attraverso la motivazione il cittadino capisce se ci sono i presupposti o meno per fare ricorso, e comprende le motivazioni che hanno guidato le decisioni della Pubblica Amministrazione. L’Amministrazione spiega i motivi della decisione in maniera tale che il cittadino possa invocare una tutela. Ad esempio se un cittadino vuole fare ricorso relativamente al voto da lui preso ad una prova scritta in un concorso pubblico, deve poterlo fare e perciò la commissione non può più limitarsi ad attribuire un voto numerico ma deve dare una motivazione (sta al privato dimostrare ad esempio che oggettivamente è stata data una valutazione sbagliata).
Lo schema del procedimento amministrativo è assimilabile (somiglia quasi) ad un altra fondamentale attività del nostro ordinamento, quella dei processi:
1) l’avvio d’ufficio del procedimento amministrativo somiglia all’avvio del processo penale;
2) l’istanza di parte che dà luogo al procedimento amministrativo è simile all’avvio del processo civile;
3) è necessario dare comunicazione alle parti del processo in atto;
4) è prevista la partecipazione delle parti, per tramite degli avvocati (le parti fanno conoscere il loro punto di vista);
5) la conclusione si ha con una sentenza motivata dal giudice, simile alla conclusione del procedimento amministrativo, che pure va motivato.
Nel procedimento amministrativo:
al posto del giudice si ha la Pubblica Amministrazione;
le parti sono rappresentate dai soggetti coinvolti e interessati;
la sentenza è sostituita dal procedimento amministrativo.
Ciò è postulato dalla dottrina tedesca, che stabilisce un parallelo tra il procedimento amministrativo ed il processo. Alla luce di questo parallelo, emerge il seguente corollario. La Pubblica Amministrazione, proprio come un giudice, deve:
essere imparziale (dando uguale peso agli interessi coinvolti);
decidere solo nell’interesse pubblico (da valutare in maniera critica). Ad esempio l’apertura di un pub potrebbe dar luogo ai seguenti:
PRO: per turisti, studenti, operatori economici limitrofi, negozianti;
CONTRO: per residenti e per l’ostacolo al traffico.
Tra tutti gli interessi coinvolti la Pubblica Amministrazione sceglie quello che meglio sposa l’interesse della collettività. Rispetto agli interessi opposti, si valuta il livello di “reciproco ostacolo”. Ciò naturalmente dipende dalla forza degli interessi che si contrappongono (il più forte coinciderà con l’interesse pubblico). La Pubblica Amministrazione valuta tutti gli interessi coinvolti, pubblici e privati, e privilegia la soluzione che meglio soddisfa l’interesse collettivo. L’interesse del negoziante ad avere il proprio pubblico esercizio si chiama INTERESSE LEGITTIMO. Questo è fondamentale perché l’interesse legittimo è l’interesse del singolo privato (interesse che la Pubblica Amministrazione può assecondare se esso è un interesse legittimo) ma l’interesse privato è un interesse legittimo se l’interesse privato coincide con l’interesse pubblico.
Ad esempio nel caso di un concorso pubblico, se il concorso non è vinto dal più bravo ma dal più raccomandato, ed il secondo arrivato è quello più bravo, allora questo secondo soggetto può far ricorso al TAR, in quanto egli ha un interesse non solo privato ma anche legittimo. Il secondo arrivato andrà in giudizio per dimostrare di essere titolare di una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, e dunque farà ricorso non solo per il proprio interesse, ma per dimostrare al giudice che il suo interesse privato coincide con quello pubblico (perché è interesse della collettività che nel concorso si scelga il migliore), ed è dunque un interesse legittimo. Dunque davanti al giudice amministrativo si va per far valere un interesse legittimo, ovvero un interesse tutelato dal diritto amministrativo. Ciò vale anche per chi non abbia avuto l’autorizzazione a costruire una casa; se gli è stato dato parere negativo immotivatamente o adducendo motivazioni inconsistenti, il richiedente l’autorizzazione può sollevare la questione davanti al giudice amministrativo, per dimostrare che la costruzione dell’edificio è nell’ interesse della collettività (visti gli oneri in termini di tasse che il proprietario paga, e che dovrebbero trasformarsi in servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione, ma anche per gli obblighi del proprietario, come quello di costruire anche il marciapiede antistante all’abitazione).
Dunque l’interesse privato conta poco ai nostri fini, quello che conta è l’interesse legittimo, che è tutelato. Perciò il giudice amministrativo è detto giudice degli interessi legittimi (perché il titolare di un interesse legittimo aziona il proprio interesse innanzi ad un giudice amministrativo). Il giudice ordinario invece si occupa dei titolari di diritti soggettivi. Il diritto soggettivo è più forte rispetto all’interesse legittimo (perché il contratto ha forza vincolante tra le parti).
Ad esempio nel caso di contratto d’affitto tra un privato ed un Comune, è competente il giudice ordinario civile, in quanto il diritto soggettivo nasce da rapporti di diritto privato e in quanto la Pubblica Amministrazione in questo caso agisce iure privatorum.
La tutela di interesse legittimo e diritto soggettivo si può trovare nella Costituzione art.113.
Art. 113
1. Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
2. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
3. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Mariarita Antonella Romeo
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- Università: Università degli Studi di Lecce
- Facoltà: Economia
- Esame: Diritto Amministrativo
- Docente: Saverio Sticchi
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