Atti normativi: i regolamenti
I regolamenti sono degli atti normativi (normazione secondaria) che risultano essere soggettivamente amministrativi. I regolamenti sono quindi degli strumenti concessi, dal nostro ordinamento, a dei soggetti amministrativi, che sono pubbliche amministrazioni, per adottare delle norme. Non si parla di leggi, perché le leggi sono una competenza del Parlamento. C’è un solo caso in cui il soggetto, diverso dal Parlamento, può adottare degli atti aventi forza di legge, è il caso del decreto legge: nell’ipotesi di necessità, urgenza, e del decreto legislativo: nel caso di materia difficile, molto tecnica; in questi casi il governo li può adottare in quanto è autorizzato dal Parlamento.
Nel caso del Decreto Legge il Parlamento dà l’autorizzazione al governo nel momento in cui lo converte entro 60 giorni;
Nel caso del Decreto Legislativo, la legge delega autorizza preventivamente il governo a legiferare: è l’unico caso in cui qualcuno può esercitare il potere legislativo, ovvero il potere di adottare leggi.
Il potere legislativo, ovvero adottare le leggi ordinarie è diverso dalla podestà normativa, che riguarda l’adozione delle norme.
PODESTA’ NORMATIVA PRIMARIA o podestà legislativa coincide con le leggi.
PODESTA’ NORMATIVA SECONDARIA o podestà regolamentare coincide con i regolamenti.
Il regolamento è una norma e ha quindi un contenuto generale e astratto e si pone gerarchicamente al di sotto delle leggi. Compito dei regolamenti è di specificare, delineare nel dettaglio il contenuto delle leggi stesse.
La podestà regolamentare o normativa secondaria spetta alle Pubbliche Amministrazioni sia centrali che periferiche. La pubblica amministrazione per adottare un regolamento non ha bisogno di nessuna autorizzazione, in quanto è una sua competenza (podestà), e spetta a loro.
Solo il potere legislativo spetta al Parlamento.
Gli unici due casi in cui viene esercitato il potere legislativo dal Governo (che è una pubblica amministrazione) si hanno quando il governo è autorizzato in sede di conversione con il decreto legge o con la legge delega nel caso del decreto legislativo.
Quindi le pubbliche amministrazioni possono adottare norme che sono atti a contenuto normativo (generali e astratte).
ESEMPIO: esiste una legge ordinaria che disciplina la tutela dei pubblici esercizi, che contiene elementi come ad esempio, avere delle licenze diverse a seconda di voler aprire un ristorante o pub. Inoltre le licenze vengono rilasciate solo a soggetti che dimostrano di avere la proprietà di un immobile, le licenze non possono essere vendute, il pubblico esercizio dovrà essere aperto e non recare disturbo alla quiete pubblica o creare ostacolo o intralcio al traffico. Il comune di Lecce per disciplinare meglio e nel dettaglio questa materia adotta il suo regolamento sui pubblici esercizi. Questo regolamento deve specificare con riferimento al comune di Lecce alcuni aspetti di dettaglio che la legge ordinaria non ha previsto. Ad esempio può prevedere nel periodo estivo di occupare lo spazio pubblico con sedie e tavolini, arredi conformi all’ambiente in cui sono collocati, che i tavoli e le sedie devono essere rimosse in una data ora, ecc.
Il regolamento del comune di Lecce può prevedere la chiusura dei locali nel centro di Lecce alle tre del mattino, ma ciò può creare dei danni ai residenti della zona. Il regolamento essendo un atto normativo adottato soggettivamente dalla pubblica amministrazione, il cittadino, di fronte a questo, ha una tutela la cui competenza a giudicare il regolamento spetta al giudice amministrativo. Quindi anche se è a contenuto normativo, ma essendo adottato da una pubblica amministrazione, è competente il giudice amministrativo. Il cittadino o il titolare del pub non ha la facilità a dimostrare il contrasto con il regolamento, in quanto bisogna convincere il giudice, che la chiusura alle 23 di sera è esageratamente prudente, quindi sono degli aspetti spesso discrezionali.
Caratteristica dei provvedimenti amministrativi (che sono individuali e con rilevanza verso l’esterno) è che devono essere MOTIVATI: si chiede alla pubblica amministrazione l’autorizzazione ad aprire un pubblico esercizio, la quale attraverso un suo organo, in quanto deve adottare un atto a rilevanza esterna, può rispondere con un provvedimento che può dare anche un diniego specificando il perché. Ad esempio, nel caso in cui il locale non ha le caratteristiche di sicurezza, igieniche sanitarie, ecc, in questo modo quindi si motiva il no.
Nel nostro ordinamento i regolamenti NON sono motivati. Ad esempio l’ordinanza può affermare che i pubblici esercizi chiudono alle 23, senza indicare il perché. In tal caso non si può ricorrere alla motivazione.
La MOTIVAZIONE è uno strumento di garanzia del potenziale ricorrente (di chi fa ricorso). La motivazione ad esempio è utile nel caso di un concorso pubblico, in cui si ha la motivazione sul perché del mancato superamento del concorso e quindi si può fare ricorso su quella parte.
La legge sul provvedimento amministrativo obbliga la pubblica amministrazione a motivare i provvedimenti (che sono atti di contenuto individuale).
Impugnare un regolamento davanti al giudice amministrativo è una difesa non facile, perché non si può contare sulla motivazione.
Il cittadino che riceve un provvedimento negativo e vuole fare ricorso al giudice amministrativo, per annullarlo in quanto ritiene che sia illegittimo, è obbligato a farlo entro 60 giorni dalla conoscenza dell’atto lesivo, che quindi gli ha provocato un danno. Quindi, se l’atto negativo notificato è viziato, il giudice amministrativo può annullare il diniego, se il ricorso viene effettuato entro 60 giorni. Oltre tale termine il ricorso è inammissibile, e il giudice non è tenuto a prenderlo in considerazione, in quanto tardivo. Se non si fa ricorso entro il termine consentito (60 giorni), l’atto anche se viziato continua ad essere efficace.
Ad esempio chi partecipa ad un concorso, può fare ricorso entro 60 giorni da quando esce la graduatoria questa è un’esigenza di certezza del diritto, soprattutto nella prospettiva di chi subisce, in quanto sa che una volta superato tale termine nessuno può più ricorrere.
ESEMPIO: La legge nazionale dice che i pubblici esercizi non devono recare disturbo all’ordine pubblico. Il regolamento può dare ad esempio un orario di chiusura dei pubblici esercizi alle ore 1.00 di notte, salvo che, in ipotesi eccezionali (eventi importanti) questo potrà essere prolungato sino alle ore 3.00 del mattino. Il comune decide di autorizzare la chiusura alle 3.00 del mattino in occasione della festa S. Oronzo, notte bianca, ecc, però il comune di Lecce inoltre intravede l’eccezionalità dell’evento in quasi tutte le notti.
Il regolamento lasciava un margine di ampia discrezionalità, riguardante i casi eccezionali, non specificando quando un evento è eccezionale oppure no. Il residente fa ricorso all’ordinanza, nel momento in cui il comune considera eccezionale anche l’evento, ad esempio, della “sagra dell’anguria”, e quindi i locali rimangono aperti fino alle 3.00 del mattino anche per quell’occasione. Una volta impugnata questa ordinanza può succedere che il giudice amministrativo risponda che ciò che crea veramente un danno al cittadino è il fatto che il regolamento dei pubblici esercizi non prevede un orario fisso, ma prevede che in eventi eccezionali, senza specificare quando un evento è eccezionale e quando no, l’orario di chiusura diventa le 3.00 del mattino. In realtà ciò che crea lesione è il regolamento. Quindi si doveva impugnare il regolamento, ma questo doveva essere fatto entro il termine di 60 giorni e quindi il cittadino è in ritardo. Il vero problema non è quindi l’ordinanza ma è il regolamento a monte che non specifica la clausola dei casi eccezionali.
Il problema dei regolamenti è:
1. la tutela in quanto non sono motivati e quindi non si conosce la motivazione;
2. se il cittadino non è attento e non impugna il regolamento che è immediatamente lesivo, ma aspetta un provvedimento che lo riguarda da vicino, non può più ricorrere in quanto questo è conforme ad un regolamento che non è più impugnabile.
Il giudice amministrativo per queste ipotesi tende ad ammettere quasi sempre il principio dell’errore scusabile, in quanto il soggetto non avrebbe potuto sapere che il comune avrebbe abusato nell’applicazione dell’ipotesi eccezionale. Se il giudice accetta l’errore scusabile si può pronunciare sia sull’ordinanza che sulla clausola illegittima del regolamento, considerando come se il soggetto avesse agito tempestivamente.
Ad esempio, nel caso in cui il regolamento dice che tutti i locali chiudono all’1.00 di notte, mentre quelli che si trovano in viale Lo re, fuori dal centro storico, la chiusura è prevista alle 5.00, in questo caso l’errore scusabile è più difficile, in quanto non c’è discrezionalità, un dubbio su come l’amministrazione possa interpretare l’articolo.
Se invece il regolamento contiene degli aspetti vincolanti che non lasciano margine alla discrezionalità, impugno il regolamento entro 60 giorni.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Mariarita Antonella Romeo
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- Università: Università degli Studi di Lecce
- Facoltà: Economia
- Esame: Diritto Amministrativo
- Docente: Saverio Sticchi
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