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Il cinema classico


Il cinema di Hollywood è stato per decenni punto di riferimento del pubblico di tutte le classi sociali del mondo, sia in termini di risorse per l'intrattenimento sia perché ha plasmato gli stili di vita e i comportamenti della popolazione mondiale.

Quando si parla di cinema di Hollywood, è bene considerare tre nozioni fondamentali:
• Nozione di cinema classico, cioè dell'insieme di film prodotti nel periodo che va dal 1918 al 1969. Nel 1917/18 finisce la Prima Guerra Mondiale e il cinema americano ha ormai la supremazia sul cinema europeo. Nel 1960, in parte per ragioni legali, in parte per il sopraggiungere di nuovi modelli, il cinema classico entra in crisi.
• Nozione di studio system, con cui ci si riferisce al periodo più florido del cinema americano, sia a livello industriale che a livello espressivo. Il periodo di riferimento va dal 1929, quando gli Stati Uniti sono ormai passati al sonoro e alla pellicola pancromatica, al 1948, quando il cinema classico comincia a entrare in crisi a causa della crescente popolarità della televisione e quando termina la Sentenza Paramount (causa iniziata dalla divisione anti-trust del Dipartimento di giustizia americano contro lo studio system).
• Nozione di scrittura classica, con cui ci si riferisce a quell'insieme di canoni a livello stilistico, espressivo, linguistico e figurativo predominante dell'epoca e che lascerà un'eredità preziosa per il cinema moderno.

Lo studio system è un sistema integrato verticale che abbraccia tutti e tre i rami dell'industria cinematografica, quindi produzione, distribuzione ed esercizio.
Si definisce integrato perché prevede appunto l'integrazione di tutti e tre questi rami e verticale perché il controllo esercitato sui protagonisti dello studio system era estremamente gerarchizzato.
Lo studio system è caratterizzato da:
• Lo star system, cioè su un sistema che faceva affidamento sui divi, i quali interpretavano ruoli abituali che assumevano una dimensione intertestuale.
• Conflitto tra produttori e autori.
• Generi di riferimento, che venivano riproposti spesso con qualche variante.

Differenziazione del prodotto cinematografico.
a. Film A, che avevano un ruolo di primo piano nella proiezione delle sale cinematografiche.
b. B movies, che invece comportavano un minore sforzo produttivo e quindi ricoprivano un ruolo di secondo piano.
c. Film di finzione, cinegiornali, documentari, film a soggetto, ecc, che potevano accontentare tutti i tipi di pubblico.

5 major companies, cioè quelle case cinematografiche che riuscivano a gestire tutti e tre i rami dell'industria (produzione, distribuzione ed esercizio): Warner Brothers, Twenty Century Fox, RKO, Metro Goldwyn Mayer, Paramount.

2 minor companies, che riuscivano a gestire solo la produzione e la distribuzione, o solo una delle due, ma non l'esercizio: Columbia, Universal e United Artists.

Per quanto riguarda le case cinematografiche, al loro interno si può individuare il cosiddetto “house style”, cioè un insieme di caratteristiche ricorrenti nei film prodotti da queste ultime.
Per esempio, la Metro Goldwyn Mayer era specializzata in adattamenti cinematografici di opere letterarie e faceva affidamento su attori famosi.
La Warner Brothers si era invece specializzata in film noir e melodrammi, mentre la RKO contava su una brillante tecnologia sonora e la Paramount si appoggiava su attori provenienti da altri media.

Codice Hays: nel 1922 viene fondata la Motion Pictures Producers and Distributors Company, guidata da Hays, il quale nel 1934 firma un codice di autoregolamentazione cinematografica. Il Codice Hays stabiliva ciò che poteva o non poteva essere inserito all'interno dei film in relazione ai temi di etica, sessualità e religione.
• Vendita di film in stock: le sale cinematografiche non potevano scegliere i film da proiettare, perché le case di produzione vendevano i film in blocchi. (fenomeno del book-blocking).

Con scrittura classica ci si riferisce al modo in cui dal punto di vista espressivo e formale il cinema classico si esprimeva, soprattutto nel periodo dello studio system.
Le sue caratteristiche principali sono:
Equilibrio espressivo: tutti i fatti raccontati devono avere uno sviluppo narrativo ben delineato e tutti i contrasti sul piano delle inquadrature e sul piano luministico devono attirare l'attenzione dello spettatore in funzione della drammatizzazione.
Funzionalità comunicativa: lo spettatore deve avere in ogni momento del film la possibilità di leggere facilmente le immagini, distinguendo gli aspetti primari da quelli secondari.
Mediazione linguistica impercettibile.
Narrazione forte, che identifica un insieme di situazioni ben definite proposte in successione all'interno del film e personaggi caratterizzati da un sistema valoriale ben evidente.
Assenza di tempi morti: tutto ciò che viene mostrato nelle singole inquadrature è ritenuto interessante. Il cinema classico va alla ricerca dei fatti eccezionali che eliminano i tempi morti della quotidianità.
Illusione della realtà: lo spettatore percepisce i fatti come verosimili e realistici e si trova sempre dal punto di vista migliore per seguire l'azione.
Montaggio invisibile: il momento del montaggio viene quasi nascosto in modo che lo spettatore percepisca quasi un'unica inquadratura.
Elementi ricorrenti sono l' establishing shot, i raccordi di direzione, sguardo e gesto.

Convenzioni importanti della scrittura classica sono:
• Regola dei 180°: all'interno di una stessa scena si può individuare una linea immaginaria che collega la cinepresa al set e che divide lo spazio in due frammenti di 180° ciascuno. Per assicurare la continuità tutte le riprese devono avvenire in uno dei due frammenti.
• Scavalcamento del campo, quando le riprese di una stessa scena si sono svolte all'esterno del frammento di 180°.
• Regola dei 30°: tra due inquadrature montate in successione non deve esserci una differenza di angolazione inferiore di 30° perché altrimenti si otterrebbero inquadrature troppo simili.

Tra i film più esemplari del cinema classico troviamo sicuramente “Casablanca”, diretto da Michael Curtiz nel 1942.
Il film esce in pieno conflitto mondiale e vuole sottolineare l'impegno bellico degli Stati Uniti, cercando il consenso del pubblico, con intenti propagandistici.
Nonostante questo, vi è un perfetto equilibrio fra contesto storico e storia d'amore.
Rick (Humphrey Bogart) vive a Casablanca, dove gestisce un cafè americano di successo, ma ha vissuto a Parigi nel periodo in cui i tedeschi occupano la città. A Parigi aveva una storia d'amore con una profuga norvegese di nome Ilsa (Ingrid Bergmann) che, il giorno in cui i due avrebbero dovuto lasciare Parigi, non si presenta. Il caso vuole che Ilsa si rechi a Casablanca nel cafè americano in cerca, insieme al marito Victor, di due visti per partire in America.

Il film è ricco di dialoghi, per cui sono frequenti i campi contro campi e i piani ravvicinati.
I mezzi primi piani frontali e i primi piani sono riservati a Rick e Ilsa, per sottolineare il loro ruolo di preminenza all'interno della vicenda.
La macchina da presa segue i movimenti dei personaggi, spesso anche quelli delle mani, ma il momento del montaggio risulta quasi impercettibile, come se il film fosse costituito da un'unica inquadratura. Frequenti sono tuttavia i raccordi di sguardo, di direzione e di gesto.
A livello di impianto luministico, il film, per certi versi, ricorda molto i canoni espressionisti nella presenza di notevoli contrasti chiaroscurali.
Ruolo fondamentale è ricoperto dalla colonna sonora, che accompagna gran parte del film, dalla musica arabeggiante che apre i titoli di testa fino alla marsigliese e infine la canzone “A time goes by”.

Assume particolare importanza quando si parla di cinema classico anche la nozione di genere.
Con genere s'intende una convenzione che permette di classificare i film in termini di temi e caratteristiche ricorrenti.
In realtà è una convenzione molto malleabile e in continua evoluzione che nasce dall'interazione di tre elementi: case di produzione, pubblico e critica.
Le case di produzione non hanno mai prodotto film con l'intento di classificarli in generi, ma quando un film aveva successo ricercavano la ragione di tale successo, proponendo elementi analoghi in altri film.

Uno dei generi più popolari del cinema hollywoodiano è sicuramente la commedia.
All'interno di questo genere in realtà si distinguono:
• La commedia sofisticata, caratterizzata da interni lussuosi, personaggi molto spesso di alta classe e vicende sentimentali. La commedia sofisticata è girata più in interni che in esterni e i dialoghi prevalgono sulle azioni.
• La screwball comedy, invece, ha sempre per protagonisti un uomo e una donna, molto spesso di diversa classe sociale, il cui rapporto non inizia mai nel migliore dei modi, ma che si ritrovano a dover condividere gli spazi. Questa condizione conduce quasi sempre al loro innamoramento.
Elementi ricorrenti sono i riferimenti alla sfera sessuale e il registro giocoso all'insegna della comicità.

Tra le commedie di maggior successo di quest'epoca vi è “Susanna!”, film del 1938 diretto da Howard Hawks, regista specializzato in commedie ma capace di realizzare film riconducibili a tutti i generi più popolari degli Stati Uniti.
Il protagonista del film è David, un paleontologo molto goffo e impacciato, promesso sposo di Alice, una donna molto rigida che rifiuta qualsiasi dimostrazione di affetto da parte sua.
A proporsi come alternativa sarà la miliardaria Susan, della quale David s'innamorerà nonostante la donna non faccia che portargli guai, compresa la distruzione del brontosauro alla cui ricostruzione egli stava lavorando. Susan diventa così simbolo del desiderio e del caos e alla sua figura viene associata quella del leopardo Baby, che i due si troveranno a rincorrere.
A dare al film un andamento comico è sicuramente, oltre la serie di guai che i due creano di volta in volta, l'invasione della sfera sessuale.
Questo elemento in particolare costituisce una trasgressione alle regole del codice Hays.
Come “Casablanca”, anche “Susanna!” è ricco di dialoghi, il che presuppone l'abbondanza di campi contro campi e raccordi di sguardi.
Sono frequenti anche gli establishing shot, che ci forniscono i punti di riferimento spaziali ogni qual volta la scena cambia oppure ogni qual volta che entra in campo un nuovo elemento con cui lo spettatore deve prendere confidenza.

Il genere considerato il genere americano per eccellenza è invece il western.
Il genere western si basa su vicende e personaggi che sono a loro volta ispirati da vicende realmente accadute e personaggi realmente vissuti nell'800, i quali sono entrati nell'immaginario collettivo tramite tutta una serie di manifestazioni popolari.
Le vicende ruotano attorno alla conquista dell'ovest in forma di epopea e tra i vari temi, quello più ricorrente è sicuramente la lotta tra le norme del vivere civile e ciò che viene considerato selvaggio.

Tra i film western più celebri ricordiamo “Ombre rosse”, film del 1939 diretto da John Ford.
La vicenda racconta il viaggio di una diligenza da Tonto a Lordsburg; i 9 protagonisti sono tutti individui che per la loro identità sociale sono fortemente stereotipati, ma queste caratteristiche non corrispondono alla loro vera natura. Il viaggio non si concentra tanto sui singoli quanto sulla complessità dei rapporti tra i personaggi e diventa quindi per loro un modo per relazionarsi e mostrare la loro vera natura.
Quando il viaggio si sta per concludere, la diligenza viene attaccata dai pellerossa.
Nel film si alternano scene girate in esterni, dove si può apprezzare la profondità di campo e l'uso di obiettivi grandangolari, e scene girate in interni, in cui è confinato il microcosmo della diligenza. Nelle scene ricche di dialoghi ricorrono i campi contro campi e i raccordi di sguardo.
Elemento di fondamentale importanza è il trasparente, cioè uno schermo traslucido sul quale vengono proiettate immagini che fanno da sfondo alla scena, spesso girate prima o dopo la scena stessa.

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