Appunti utili per l'esame - Storia della critica e della storiografia italiana - in cui si analizza il testo "I confini della critica". Vengono ripresi i concetti di canone, il concetto di comunicazione e di pedagogia utilizzato nelle scuole e nelle università. Inoltre vengono riportate le teorie di alcuni critici italiani.
Storia della critica e della storiografia italiana
di Gherardo Fabretti
Appunti utili per l'esame - Storia della critica e della storiografia italiana - in cui
si analizza il testo "I confini della critica". Vengono ripresi i concetti di canone, il
concetto di comunicazione e di pedagogia utilizzato nelle scuole e nelle
università. Inoltre vengono riportate le teorie di alcuni critici italiani.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia della critica e della storiografia italiana
Docente: Rosario Castelli
Titolo del libro: I confini della critica
Autore del libro: Giulio Ferroni
Editore: Guida
Anno pubblicazione: 20051. La letteratura secondo Ferroni
Ferroni apre questo suo contributo al dibattito critico dichiarando subito la sua posizione, di fronte ad un
paesaggio multiforme e ambiguo di prospettive e metodi, che hanno, a sua detta, sancito una sorta di
sovrapposizione della teoria alla letteratura. Non si tratta di guardare ai libri con l’occhio della passione – o
con gli occhi di un romantico dichiarato come Harold Bloom, rievocato più volte in queste pagine – e di fare
a brani le varie, eppur valide, esperienze teoriche degli ultimi decenni, ma, secondo Ferroni, di prendere una
posizione certa, con la consapevolezza che «in questo contesto non è certo sufficiente piangere sulla “crisi”,
rintracciarne le condizioni: è però necessario avvertirne tutta la profondità, prendere coscienza del fatto che
siamo comunque chiamati a fare qualcosa di diverso da quello che abbiamo imparato a fare».
Dall’aspirazione alla totalità in cui inserire l’opera letteraria e dall’angoscia della quantità di libri da leggere
per comprendere il mondo – immagini, queste, inquietanti per gli studiosi – il critico può liberarsi scendendo
in fondo alla crisi e tuffandosi nel mare della diversità. Il professore vuole dirci che la critica letteraria non
può, oggi, prescindere «da una eclettica curiosità verso tutto ciò che è proposto dalla cultura
contemporanea»; vuole farci capire che è necessario un ritorno alla centralità dell’esperienza letteraria,
troppo offuscata da una teoria che guarda fuori dalla letteratura, che aspira al connubio con psicanalisi,
antropologia, filosofia, femminismo, eccetera, ovvero con tutto ciò che passa sotto il nome di Cultural
Studies; vuole invitarci a «sentire la letteratura come una “religione”, una religione mondana, laica e
razionale, che si ostina a far brillare la sua luce in un mondo sempre più minacciato dal nesso perverso tra la
stupidità e la potenza, tra le fedi più ottuse e le tecnologie più sofisticate». C’è, come si vede, molto su cui
riflettere. Apparentemente Ferroni sembra seguire la strada di George Steiner (quello di Vere presenze) e di
Bloom (quello de Il canone occidentale): con loro può condividere il bisogno di ritornare ai classici, di
smetterla con la letteratura parassitaria e secondaria dei saggi e dei commenti che aggrediscono il testo e lo
imprigionano in schemi predeterminati. Ma qui sta il punto: non è un rifiuto per la letteratura secondaria che
l’autore vuole esprimere, ma una diffidenza nei confronti di quelle griglie interpretative che nascono fuori
dalla letteratura e vogliono rientrarvi per fare chiarezza. Da qui il suo modo di affrontare la crisi – un modo
quasi prossimo a quello di Remo Ceserani, teorico dell’eclettismo nella celebre sua Guida allo studio della
letteratura – e di affidarsi ad un eclettismo diffidente, basato sul dialogo e sul conflitto, sull’elemento
dialettico del dissenso e dell’analisi.
Anche per queste motivazioni, secondo Ferroni «oggi più che mai la critica letteraria ha bisogno di uno
scambio con la filosofia», una filosofia che non può coincidere con la teoria della letteratura. C’è bisogno
dell’estetica: e non a caso il riferimento del libretto e delle ipotesi critiche di Ferroni è al pensiero di Paul
Ricoeur, colto nel libro La mémoire, l’histoire, l’oubli, del 2000. Il filosofo fornisce i termini essenziali per
la ripresa del cammino critico, ad iniziare da un rapporto più fecondo della letteratura con la memoria, col
suo essere deposito di altri testi e di altre idee, a finire con l’elogio di una critica “ottativa”, fatta di scelte
rivolte ad un altrove da conoscere e capire.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della critica e della storiografia italiana 2. L'insegnamento della letteratura secondo Ferroni
Come accennato, nel libro di Ferroni un’ampia riflessione è dedicata ai problemi della scuola e
dell’insegnamento della letteratura. Crediamo non sbagli lo studioso quando, per sintetizzare il quadro
odierno, parla di un «ritorno alla centralità dell’insegnamento linguistico, una concentrazione sugli aspetti
tecnici o genericamente comunicativi del linguaggio», a scapito ovviamente «del particolare orizzonte
conoscitivo, estetico e critico, di esperienza e di pensiero, della letteratura». Il tentativo di far chiarezza su
questa situazione passa attraverso la nozione e la natura del canone letterario, inteso soprattutto come scelta
delle traiettorie di pensiero la cui conoscenza si rende necessaria agli studenti. Un problema di memoria, ma
anche di rapporto con il presente; un problema che, secondo Ferroni, non può essere affrontato partendo da
una contrapposizione fra canone chiuso e canone aperto, ma per mezzo di una sintesi e una mediazione che
porti alla luce ciò che dal canone è stato espulso e ciò che andrebbe rimosso: «c’è bisogno di percepire in
modo davvero nuovo l’intreccio tra la tradizione che abbiamo alle spalle e i valori comuni e civili, i progetti
di futuro di cui la letteratura può garantire la possibilità e la sopravvivenza». Ma la questione – emblematica
la domanda ferroniana «Salvare la letteratura?» – tocca pure le ultime riforme del mondo della scuola e
dell’università. Appare inconcepibile al critico che l’idea di letteratura venga ridotta a quella di
comunicazione: la letteratura, insieme agli studi umanistici, è semmai «un modo di entrare in rapporto con il
mondo». Colpa certamente di una riforma che “aziendalizza” la scuola pubblica, ma anche – secondo
Ferroni – di una certa sinistra che l’ha permessa o che ha aperto la strada allo squallore odierno. Il recupero
di una centralità passa anche dall’idea che la classe rappresenti una comunità ermeneutica in ascolto, non un
uditorio passivo: i docenti dovrebbero capire che la formazione passa dall’interazione e da uno sviluppo del
senso critico. A tal proposito, l’insegnamento diretto e frontale della letteratura deve fondarsi sulla centralità
della letteratura. A scapito di apparire antiscientifici, sembra dire lo studioso, bisognerebbe leggere i classici
e i grandi libri proprio perché essi fanno riflettere i giovani sui «grandi temi che al critico sofisticato
possono sembrare banali». Un punto di partenza per poi analizzare il testo anche nei suoi aspetti figurali e
più tecnici. Tutto ciò per il recupero di una scuola forte, che abbia un rapporto gramsciano (e proprio ad
Antonio Gramsci Ferroni dedica un bel contributo in cui “legge” alcune note sull’istituzione scolastica tratta
dai Quaderni) con il pubblico e che si faccia artefice di un cambiamento effettivo, «al di là di ogni illusorio
pedagogismo».
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della critica e della storiografia italiana 3. La figura del critico letterario : riflessioni
Chiude il testo una serie di sei ritratti di alcuni fra i critici più importanti del Novecento, italiani e non,
nell’ordine: Ernst Robert Curtius, Giacomo Debenedetti, Carlo Dionisotti, Harold Bloom, Cesare Segre e
Giancarlo Mazzacurati. Ferroni, attraverso ricordi e letture, ne evidenzia la portata innovativa, lo spirito
critico e l’insegnamento ai posteri. Sei personalità che ci riportano indietro e che ci offrono lo spunto per
comprendere quanto sia cambiata oggi la figura trascinatrice ed eminente del critico letterario. Critici di ieri
e critici di oggi legati da un mandato che appare oggi offuscato e devastato da una logica sociale ed
economica che schiaccia il sapere a beneficio del suo commercio e della tecnologia. Da Ferroni viene una
proposta, quella di ristabilire il vecchio per guardare al nuovo, di porre basi certe attingendo dal passato per
andare sicuri verso il futuro. A patto che, ovviamente, per riprendere il discorso di Carla Benedetti, non si
parli più di morte e si inizi una nuova strada.
Capitolo I Per un eclettismo diffidente
La letteratura, nell’arco di tempo che va dalla giovinezza di F. fino ai giorni nostri, ha attraversato una lunga
parabola, che inizia in un tempo in cui i giovani mostravano passione e sincero interesse per quello che
sembrava un enorme scrigno ricco di sorprese, e termina in un periodo, il nostro, in cui la letteratura non
sembra più essere considerata nemmeno arte. In mezzo, una lunga serie di fasi, dominate ora dalla tradizione
storicistica, ora da quella marxistica e stilistica, ora da quella strutturalista e semiotica, ora da quella
ermeneutica e decostruzionista.
Il problema di questa lunga sequela di teorie critiche è che hanno finito per fagocitare gli stessi testi che
pretendono di spiegare, la stessa idea di letteratura, catturata e tassonomizzata in categorie sempre più stagne
e acomunicative. La teoria letteraria dovrebbe andare di pari passo con la filosofia, da cui dovrebbe
acquisire quel senso di curiosità perplessa e diffidente che però, inevitabilmente, genera quell’idea, ingenua
eppure incancellabile, che la critica letteraria autentica possa realizzarsi solo attraverso un confronto con
l’intero mondo della cultura, quello passato e presente. È un’idea ingenua e infantile certo, ma difficile da
sconfiggere, poiché è nella stessa azione critica ad essere spinta da una molla totalizzante, da una passione
irrefrenabile per l’esaustività, un voler vedere e capire l’intero sistema della cultura. Anche il critico più
circoscritto, anche quello più discreto e microanalitico presuppone sempre il rinvio ad un’idea di totalità
sotteso a ciò che analizza. Nessun critico potrà mai leggere tutto lo scibile umano, eppure molti, pur consci
dell’”handicap”, non gettano libri che mai leggeranno, solo per quell’ossessione, inconscia e irrefrenabile, di
voler leggere, un giorno, tutto il leggibile.
Questa angoscia, che Ferroni definisce l’angoscia della quantità, è stata enormemente dilatata dall’avvento
di internet, la Babele definitiva, fatta di infinite serie di testi e immagini. E se anche l’aspirazione alla
totalità è un’idea folle sin dai presupposti, è comunque innegabile che la rete abbia fornito un contributo
determinante alla frammentazione del sapere, e quindi alla frammentazione del desiderio di totalità. Anche
soffermandosi su un microargomento, già quello sarà invaso da una infinita bibliografia correlativa che da
sola basta a far crollare le speranze del più resistente dei cultori.
Oggi il problema sembra l’esatto contrario. All’angoscia della quantità si è sostituita la certezza della
discrezione. La specola dei critici, dal secondo Novecento un poi, tende invece a rinchiudere la globalità
della letteratura in tante piccole e rassicuranti schede classificatorie, con la presunzione, altrettanto folle, che
ognuna di essa costituisca un microuniverso stabile e totalizzante. È il critico che “l’ombra sua non cura”
mentre tira dritto con la sua sicumera, che si nasconde dietro lunghe tirate tecnicistiche e tassonomie
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della critica e della storiografia italiana intertestuali ingarbugliate, quasi sempre basate su presupposti non verificati. Una teoria letteraria che, presa
com’è dai suoi vaneggiamenti classificatori, dimentica l’oggetto stesso del suo studio, l’opera letteraria,
ridotta a mero pretesto per le suggestioni personali del critico, privata della sua storia e della sua specificità.
In America, un manuale del 1995, individuava ben dieci tendenze teorico – metodologiche (dallo
strutturalismo al poststrutturalismo decostruzionista, dal postmodernismo alla critica psicanalitica, dal
femminismo alla lesbian/gay, dalla marxista, alla colonia, alla metodologica, al new historicism) in cui ogni
volenteroso studente poteva trovare la sua strada eccetto quella che porta all’essenza dell’opera.
Siamo allora eclettici nell’analisi delle teorie letterarie, ma diffidenti, perché è altrettanto vitale analizzarne
le contraddizioni e non prendere nessuna di esse come oro colato. Al di là di ogni genere di corrente, la
letteratura va vista come una religione, mondana, laica e razionale, che tenga gli uomini lontani dal nesso
perverso tra stupidità e potenza, tra fede cieca e tecnologia sofisticata.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della critica e della storiografia italiana