La materia Psicopatologia differenziale, si pone l'obiettivo di fornire le conoscenze di tutti quelli che sono i disturbi inseriti all'interno del DSM-V (Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali V edizione), attraverso i criteri. Inoltre mira a mettere in luce le differenze tra le varie patologie che molto spesso possono avere aspetti similari nella loro presentazione, consentendo così una diagnosi ottimale. L'insegnamento prevede altresì una parte teorica dedicata alla spiegazione del colloquio clinico; come svolgerlo, quali sono le domande da porre, come effettuare un Assessment puntuale.
Psicopatologia differenziale
di Veronica Rossi
La materia Psicopatologia differenziale, si pone l'obiettivo di fornire le
conoscenze di tutti quelli che sono i disturbi inseriti all'interno del DSM-V
(Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali V edizione), attraverso i criteri.
Inoltre mira a mettere in luce le differenze tra le varie patologie che molto
spesso possono avere aspetti similari nella loro presentazione, consentendo
così una diagnosi ottimale. L'insegnamento prevede altresì una parte teorica
dedicata alla spiegazione del colloquio clinico; come svolgerlo, quali sono le
domande da porre, come effettuare un Assessment puntuale.
Università: Università degli Studi di Bologna
Facoltà: Psicologia
Corso: Psicologia
Esame: Psicopatologia differenziale
Docente: Chiara Rafanelli1. La psicopatologia
La psicopatologia è la scienza che studia i segni ed i sintomi di una patologia della sfera psichica. I segni
sono quelli visibili ed osservabili, mentre i sintomi vengono riferiti dal paziente.
La psicopatologia è centrale per esempio per la terapia perché prima ci dev’essere una valutazione dei segni
e sintomi, anche la metodologia per valutarli è fondamentale (oltre al colloquio è possibile la testistica),
segni e sintomi potrebbero denotare una somatizzazione (qui la psicosomatica indaga l’area), valutare i
correlati psicofisiologici delle malattie psicologiche (psicofisiologia).
Spesso si parte dal caso clinico per poi generalizzare e vedere se potrebbe essere inquadrato in quell’ambito
ma anche in un altro. Dal particolare al generale, sotto quale classificazione collocare il caso.
Per valutare un paziente al meglio serve una metodologia clinica, in questo senso la metodologia del
colloquio che serve per poter pensare di effettuare domande in maniera specifica e sistematica. Quindi
osservare e condurre un colloquio esaustivo. Viene definito buon colloquio quando alla fine si è riusciti ad
avere tutte le informazioni di cui si ha bisogno.
Nell’ambito clinico sono possibili due tipi di colloquio:
1. Colloquio psicodinamico: orientato all’insight del paziente
2. Colloquio descrittivo: orientato al sintomo
Si differenziano negli scopi, nella concezione della malattia e nella metodologia utilizzata
Nel caso 1, il concetto di patologia mentale ha alla base il conflitto inconscio che costituisce un agente
patogeno, spina irritativa, cronico che influenza il comportamento del soggetto, le sue percezioni e questa
catena porta a comportamenti mal adattivi e sofferenza del soggetto. Sulla base di questi conflitti si
producono i sintomi.
Gli obiettivi sono quelli di comprendere e spiegare sintomi e segni, nonché comportamenti.
I metodi utilizzati sono quelli interpretativi (associazioni libere, sogni, confrontazioni delle relazioni
cercando di identificare meccanismi di difesa, resistenze e meccanismi utilizzati dal paziente).
Nel caso 2 si ha un approccio diverso, alla base c’è una concezione della malattia come insieme di segni e
sintomi, comportamenti che hanno un certo andamento del tempo e rispondono in un certo modo ai
trattamenti e che si presentano con determinate ricorrenze.
L’obiettivo di questo approccio è quello di classificare, perché in questo modo si può predire il decorso,
l’andamento del quadro ed è possibile selezionare il trattamento più efficace.
I metodi sono: osservazione dei segni ed il colloquio chiedendo i sintomi, per una diagnosi descrittiva,
cercando di capire se ci sono attori stressanti, malattie fisiche, problemi psicosociali, ambientali che hanno
inciso sulla patologia, tutto questo però senza entrare nella spiegazione, ma limitandosi a semplici inferenze.
Sono approcci profondamente diversi. Quale usare dipende dalla situazione, in alcuni casi possono anche
diventare complementari. Inizialmente sarebbe meglio un approccio più asettico poi si valuta in base alla
necessità. Importante è capire chi si ha di fronte per poi decidere quale metodo usare. Lo si deve fare in
modo sistematico attraverso la metodologia clinica che è l’indagine sistematica delle situazioni individuali,
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Psicopatologia differenziale in questa maniera si può essere precisi nella valutazione del paziente e si può operare una diagnosi
differenziale accurata, riducendo così l’ambiguità possibile in questi casi. Non solo lasciare che il paziente
si esprima, ma indagare certi elementi se non emergono, sistematica (perché passibile di verifica).
Determinate tecniche vanno usate durante tutte le fasi del colloquio (Preliminare, iniziale, centrale, finale)
In ogni fase bisogna utilizzare determinate tecniche importanti in qualsiasi fase del colloquio, in particolare
occorre basarsi in tutte le fasi su:
1. RELAZIONE (senza questa non si ottengono informazioni).
2. RISPOSTA ALLE TECNICHE
3. STATO MENTALE
4. SEGNI E SINTOMI
Il TEMPO è un altro elemento fondamentale, tenere conto che non è illimitato, pensare che è definito.
Se non ci si basa su questi componenti non si possono avere le informazioni, mettere il paziente e se stessi a
proprio agio. Focalizzarsi sul paziente, ascoltando quello che dice, tenendo a bada l’ansia del primo
incontro. Accogliere il paziente fin da subito rispondendo ai segni del paziente (ad esempio passo lento di un
paziente intimidito => fare in modo di non prevaricare il suo stato di chiusura, al contrario se si dimostra
disinibito si devono mettere dei paletti).
L’empatia è fondamentale, ascoltando la sua sofferenza bisogna dimostrare empatia, a volta basta un cenno
senza necessità di dire nulla, oppure nei casi di massima sofferenza si può puntualizzare il fatto di
comprenderla, una piccola frase, non serve molto altro.
Bisogna valutare la capacità d’insight, non tutti ce l’hanno, in questo caso il trattamento è più difficile
perché non c’è consapevolezza di malattia; in questo caso bisogna allearsi col paziente dimostrando
comprensione, allearsi con la parte sana del paziente.
Mostrare competenza è importante ma non significa sapere tutto, ma se per avere una buona relazione
serve dimostrare competenza, ma anche dire con molta onestà di dover valutare qualcosa se non la si sa; è
un modo anche per aumentare la relazione. Se un paziente ha dei dubbi, provare ad inserirli in un contesto
più ampio, dimostrando che altre persone si sono trovati nella sua situazione.
Assumere la leadership significa che bisogna condurre il colloquio senza lasciare sempre e solo spazio al
paziente, ma avere una leadership.
Bisogna equilibrare i ruoli, in certi momenti deve essere guidato, in altri tranquillizzato ecc.
Componente fondamentale è comunque quella di ottenere informazioni attraverso tecniche, alcuni pazienti
però non sono collaboranti e non hanno intenzione di parlare di sé oppure utilizzano meccanismi di difesa,
si può aggirare questo comportamento con tecniche diverse. Le risposte vaghe vanno contestualizzate,
cercare di capire bene cosa il paziente intende, coi pazienti resistenti questo è difficile, dimostrare
accettazione per la sua resistenza può sbloccare la situazione, se non basta si può anche intervenire cioè
entrare nel vivo della problematica in un secondo momento, provando anche a capire perché non vuole
Veronica Rossi Sezione Appunti
Psicopatologia differenziale esprimersi. A volte con comportamenti antisociali, una tecnica può essere l’induzione a vantarsi, senza
mettere dentro una connotazione di giudizio. La rassicurazione va sempre utilizzata, l’interpretazione non
psicodinamica può sbloccare una situazione per accedere alle informazioni.
Alla fine quello che bisogna arrivare a dire è quello che presenta il paziente, la sua psicopatologia, bisogna
valutare lo stato mentale del soggetto, quindi si raccolgono segni e sintomi per valutare il funzionamento
attuale del paziente, nel qui ed ora, è la prima cosa che serve per un quadro della condizione attuale
ESAME DI STATO MENTALE.
Lo stato mentale è basilare per una valutazione diagnostica ed è il funzionamento psichico del soggetto che
ci da dei dati trasversali nel qui ed ora, ma per effettuare una valutazione diagnostica serve anche la
valutazione longitudinale. Nella valutazione dello stato mentale (fase preliminare) è importante tenere conto
di tanti elementi ad esempio l’eloquio, elaborazione delle emozioni ecc.
ESAME DI STATO MENTALE: La diagnosi differenziale, valutazione trasversale e longitudinale, giudizio
clinico (fondamentale perché è importante fare inferenze in base alle proprio conoscenze, non essere troppo
rigidi).
Come collocare le informazioni?
In quale ambito?
Con quale scopo?
La diagnosi è un processo che implica vari passaggi.
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Psicopatologia differenziale 2. Esame di stato mentale
• ASPETTO DELLA PERSONA
1. Età apparente
2. Pulizia personale
3. Cura della persona
4. Abbigliamento
• POSTURA
• CONTATTO VISIVO E MODALITÀ DI MANTENIMENTO
• ESPRESSIONE
• ATTEGGIAMENTO
• COMPORTAMENTO PSICOMOTORIO
Dati rilevabili al colloquio
• TONO DI VOCE
• LINGUAGGIO
• ELOQUIO MIMICA
• COSCIENZA
• ORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPO
• ORIENTAMENTO SU DI SÉ
• ORIENTAMENTO SUL PARAMETRO D'OGGETTO
• PERCEZIONE
• ATTENZIONE
• MEMORIA
• COMPRENSIONE
• IDEAZIONE: DISTURBI FORMALI
• IDEAZIONE: DISTURBI DEL CONTENUTO
• DELIRIO
• CRITICA
• INTELLIGENZA
• AFFETTIVITÀ
• EMOTIVITÀ
• COMPORTAMENTO
• VOLONTÀ
• CONSAPEVOLEZZA
VIDEO: 1h e 15'
Una paziente:
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Psicopatologia differenziale • Si tocca i capelli in continuazione
• Dice di essere in ansia
• Fa fatica ad addormentarsi
• Ripetitiva ma non va oltre
• Riferisce di non aver fobie specifiche
• Rendimento lavorativo compromesso
• Non consente al clinico di finire dei concetti
• Si esprime in modo concitato
• Risponde adeguatamente alle domande, a volte in modo irritato
• Contatto con la realtà
• Convinta di non essere capita
1. Prima di tutto vedere come si presenta la paziente (il suo aspetto): è curato o no? Età apparente? Pulizia
ed igiene personale, cura della persona, abbigliamento (adeguato alla circostanza, trascurato, bizzarro,
eccentrico ecc). In questo caso la paziente sembra avere 35/40 anni si presenta al colloquio curata
nell’aspetto e nell’abbigliamento, non presenta elementi di bizzarria.
2. Secondo è importante valutare la postura. Questa valutazione arricchisce l’esame diagnostico. In questo
caso si presenta protesa in avanti, talvolta si dondola sulla sedia, mantiene la posizione sulla sedia anche se
con continui aggiustamenti e gesticolazioni.
3. In terza istanza valutare il contatto visivo, lo mantiene? Può non essere mantenuto per timidezza, talvolta
invece è mantenuto eccessivamente per paura di perdere il controllo, altre volte viene distolto lo sguardo
perché non tranquillo. In questo caso la paziente non lo mantiene costantemente ed infatti durante
l’intervista lo sguardo vaga per la stanza, si posa sugli oggetti della scrivania, in una sorta di continua
esplorazione dell’ambiente.
4. L’espressione, l’aspetto emotivo che si nota attraverso l’emotività: com’è? A volte può essere
indifferente, altre partecipe, artificiosa, perplessa ecc. in questo caso si dimostra in tensione, infastidita, ma
non indifferente, l’espressione è partecipe anche se tesa. È coerente allo stato d’animo.
5. L’atteggiamento com’è? Può essere collaborante o no, passivo, rigido, immobile, oppositivo, eccitato,
sospettoso, minaccioso ecc. in questo caso collabora con l’intervistatore e comunque inquieto e reattivo,
anche se non sfocia in un eccitamento.
6. Il comportamento psicomotorio, si muove o non si muove? Gesticolazioni? È irrequieta, agitata in questo
caso, ma non diventa mai eccitazione. Evidenti le gesticolazioni, si tocca i capelli, torce il capo ed il busto.
Quindi partecipa con tutto il corpo alle sue emozioni. Atteggiamento di gruming.
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Psicopatologia differenziale 7. Importante è lo sguardo.
Con l’ osservazione valuto questo, con l’ inchiesta valuto:
1. Linguaggio, tono di voce, linguaggio in sé, eloquio, mimica (anche osservabile espressione del volto), la
coscienza (lucidità nello spazio e nel tempo). In questo caso ha un tono di voce alto ed correttamente
modulato (non è monotono). Non ci sono disartrie, problemi di linguaggio. L’eloquio è organizzato, fluido,
ricco, scorrevole, appropriato, comprensibile, un po’ ripetitivo ed a volte un po’ accelerato (breve latenza di
risposta), ci sono ripetizioni ma non ridondanti, forse sono più rimarcative della situazione. La mimica è
sempre espressiva (iperespressività) ma sempre adeguata rispetto i contenuti verbali. La coscienza (inteso
come consapevolezza di se e del mondo esterno), in questo caso è lucida, vigile e cosciente. L’orientamento
nello spazio e nel tempo lo si valuta con una conversazione e domande specifiche, sembra ben orientata nel
tempo e nello spazio.
2. Si possono anche valutare fenomeni di depersonalizzazione, derealizzazione ovvero, nel primo caso
allontanamento da se stessi, nel secondo dal mondo esterno. In questo caso non ci sono.
3. La percezione: valutare se ci sono errori perfettivi (allucinazioni => percezioni di uno stimolo non
presente, pseudoallucinazioni => allucinazione ma consapevolezza del soggetto che non c’è, allucinosi =>
fenomeni dispercettivi senza caratteristiche psicotiche o fenomeni dispercettivi). In questo caso la
percezione è libera da errori, non ci sono fenomeni patologici.
4. Attenzione: capacità di indirizzare l’energia verso certi stimoli. La concentrazione: mantenere l’attenzione
su determinati stimoli. In questa paziente l’attenzione c’è, ben diretta, anche se talvolta distraibile.
5. Memoria: capacità di ricordare fatti più o meno recenti. In questo caso appare integra.
6. Comprensione, il soggetto capisce le domande? In questo caso si.
7. Pensiero: valutare la forma sia il contenuto, salti logici (perdita dei nessi associativi tra frasi o parole)?
Come arriva il paziente a darmi la risposta? In modo diretto oppure usa un linguaggio circostanziato
(aggiunge dettagli)? A volte può esserci un’alterazione formale => tangenzialità, per cui il paziente non
raggiunge la meta, raggiunge le vicinanze della risposta effettiva. A volte viene persa completamente la
meta, non c’è capacità di finalizzare il discorso quindi possono trovarsi alterazioni formali del pensiero che
denotano perseverazione fino ad arrivare perdita completa dei nessi associativi tra parole (insalata di parole).
Capire se c’è logicità nel pensiero della persona o se si passa da una situazione all’altra senza collegamenti.
In questo caso non ci sono disturbi formali del pensiero, il flusso delle idee è abbondante ma non
frammentato. Possibile la frammentazione a volte o il blocco del pensiero (arresto), spesso c’è
deragliamento (parla di altro). Ci sono alterazioni del contenuto del pensiero talvolta, vedere se è presente
delirio. In questo caso è possibile vedere che ci sono elementi che si evidenziano marcatamente (tema
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Psicopatologia differenziale dell’ansia), non c’è però delirio (distorsione dalla realtà), non ci sono idee ossessive o fobiche, non ci sono
idee prevalenti (pensare in modo insistente a qualcosa, ha un carico affettivo rispetto all’idea ossessiva, in
più manca della caratteristica della resistenza, il soggetto cerca di resistere alle idee intrusive spesso con
rituali, in più nelle idee prevalenti non si crea o aumenta l’ansia).
8. Emotività, affettività, comportamento, insight e anche l’intelligenza. L’emozione è più immediata rispetto
all’umore che è un background, in più le emozioni sono più momentanee e relative agli stimoli interni ed
esterni. In questo caso la paziente ha un’emotività vivace, ma sempre adeguata ai temi che riporta, per
l’affettività occorrerebbero maggiori informazioni. Il comportamento è adeguato, la volontà è preservata, la
consapevolezza di malattia (insight) elevata.
Servono tutti questi elementi per fare un esame di stato mentale. Servono per valutare la paziente e per
identificare la situazione. Il problema, il motivo per cui il paziente si presenta e la diagnosi.
La valutazione dei sintomi in psichiatria è diversa dalla medicina, non tutti i segni sono patognomonici
(si riferiscono direttamente ad una malattia), non è così perché ci sono vari piani di espressione dei segni. In
psicologia clinica non abbiamo dati strumentali ed elementi laboratoristici come in medicina.
Bisogna sempre accostare i segni in un altro ambito, quindi con altri segni e sintomi, le integrazioni ai fini di
trovare il quadro migliore per la problematica del paziente. Importante anche sapere i trattamenti precedenti,
l’ anamnesi familiare. L’aspetto del paziente ed il suo stato di nutrizione sono indicativi del suo stato per
fare ipotesi.
Il segno di Russel: macchia rossa sul dito medio della mano (è indicativo di persone che si provocano il
vomito), ipersudorazione da ansia o neurolettici o triciclici ecc. Importante è valutare l’igiene e
l’abbigliamento, nei casi di dismorfofobia c'è un tentativo di nascondere i supposti difetti fisici.
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Psicopatologia differenziale 3. Anamnesi
L’ANAMNESI va in una direzione dalla raccolta delle informazioni relative al paziente, a volte sono più
importanti episodi recenti, altre volte quelli più antichi, importante considerare tutti gli eventi, eventuale
assunzione di farmaci.
La diagnosi è un procedimento ma non è una ‘classificazione’ (può essere considerata come la figura di
riferimento di un puzzle, è una tassonomia sovraordinata), la diagnosi quindi è qualcosa di diverso, non
rigido, è un processo, non un atto semplice, consta di varie fasi e dura per tutto il tempo in cui si vede il
paziente. Si parte da una base per ARRIVARE ai quadri diagnostici, non partire da questi. In certi casi le
informazioni si possono attingere anche da altri soggetti oltre che dal paziente (ad esempio nel caso di
bambini), già dal primo contatto telefonico (chi lo ha richiesto? => modalità d’invio al terapeuta), anche la
documentazione clinica è importate. Si mettono insieme dei ‘pezzetti’ grazie agli strumenti che il clinico
può utilizzare.
Anamnesi familiare
• Metodi educativi, disciplinari
• Relazioni con i pari e con chi ha autorità
• Caratteristiche dei membri (età, livello culturale, salute fisica, personalità)
• Sviluppo relazioni familiari
• Atteggiamento dei membri verso il paziente
Così si può fare una diagnosi, prevedere un decorso, fare associazioni (per es.: per i disturbi di personalità ci
può essere familiarità)
Anamnesi fisiologica:
• Infanzia (Parto, patologie, rapporto con figure di accudimento, sviluppo psicomotorio, affettivo, traumi,
lutti, eventi stressanti)
• Adolescenza (Patologie organiche, relazioni sociali, rendimento scolastico, rapporti con autorità, sviluppo
sessuale, identità, traumi, lutti, ev. stressanti)
• Età adulta (patologie organiche, attività sessuale, relazioni sociali, attività lavorativa, storia affettiva,
famiglia, condizioni socio-economiche raggiunte, abitudini di vita, interessi e organizzazione del tempo
libero)
Non focalizzarsi esageratamente sul passato ma considerare anche la situazione presente.
Anamnesi patologica remota:
• Se il paziente in passato ha avuto gli stessi problemi in passato
• Disturbo di personalità
• Episodi psicopatologici pregressi (modalità di insorgenza, durata, caratteristiche sintomatologiche,
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Psicopatologia differenziale relazione con eventi stressanti o lutti, terapie e risposta, risoluzione dell'episodio)
Anamnesi patologica prossima:
• Epoca di comparsa dei disturbi attuali
• Modalità di insorgenza. Modalità di esordio, come ha avuto inizio la problematica? È a crisi o continuo?
C’è stato qualche evento scatenante?
• Sintomatologia collaterale
• Carattere a crisi o continuo dei disturbi
• Eventuali terapie prescritte e risposta ad esse.
ANAMNESI PSICHIATRICA
Personalità premorbosa:
• Com’era prima della patologia? Era normale o c’erano alterazioni?
• Punto di riferimento per valutare lo "stato normale"
• Confermare diagnosi
• Determinare obiettivi terapeutici
DECORSO DEI DISTURBI CLINICI
(insorgenza, durata, gravità)
"Quando le è successa per la prima volta una cosa del genere?" "Fino a che età è stato bene?"
DECORSO DEI DISTURBI CLINICI
• DECORSO CRONICO
• DECORSO CRONICO fluttuante
• DECORSO CRONICO stabile
• DECORSO CRONICO con deterioramento progressivo
• DECORSO CRONICO con deterioramento progressivo ed esacerbazione
• EPISODICO unipolare e bipolare
Decorso dei disturbi di personalità:
• la personalità è definita come una modalità cronica e definita.
• Tratti di personalità patologici base di conflitti interpersonali ricorrenti
• Gravità: aree compromesse e numero episodi conflittuali simili
Anamnesi farmacologica
• Ricostruire diagnosi
• Risposta del pz ai trattamenti
• Confermare diagnosi attuale
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Psicopatologia differenziale Anamnesi patologica medica
• L’esordio di certe patologie fisiche può rivelarsi anche a livello psicologico.
• Anche sostanze (medicinali) possono dare manifestazioni psicologiche (ormoni, diuretici, ecc). ad
esempio: gli sbalzi di umore erano presente anche prima di assunzione del farmaco?
• Ci sono malattie neurologiche, squilibri elettrolitici, malattie vascolari ecc. possono dare dei problemi
psicologici. Disturbi fisici come causa di problemi psichiatrici, ma se la patologia psicologica è precedente
meglio orientarsi diversamente.
• Disturbi fisici come causa di sintomi psichiatrici
• Sintomi psichiatrici indicatori di una condizione medica non indagata (farmaci)
• Sviluppo psicomotorio e linguaggio
• Apprendimento scolastico (lentezza, problemi disciplinari, iperattività, fobie, frequenza incostante)
• Livello di funzionamento pre-morboso lavorativo, sociale e familiare e attuale (Scala GAF)
Anamnesi sociale
• Apprendimento scolastico
• Problemi attentivi
Anamnesi familiare
• Confermare diagnosi
• Prevedere decorso disturbo e risposta al trattamento
• Familiarità disturbo di personalità?
Il processo diagnostico si conclude con la conclusione dell’intervento terapeutico.
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Psicopatologia differenziale 4. La diagnosi differenziale
Questo processo di diagnosi è dinamico, di inclusione/esclusione.
Per la diagnosi differenziale occorre valutare elementi di base: prima di tutto è difficile capire che il
paziente simula la malattia o meno (questo è molto dipendente dal contesto (per esempio
legale/assicurativo), spesso la simulazione è diretta a benefici secondari, questa ipotesi bisogna escluderla
altrimenti questo comportamento è in funzione di un obiettivo.
Il disturbo fittizio è la motivazione del paziente a riferire sintomi, e calarsi nella parte del malato ma non in
relazione ad un guadagno esterno ma per un bisogno di assumere il ruolo di malato.
Attraverso l’ anamnesi farmacologica e medica va esclusa la possibilità che la condizione attuale del
paziente sia dovuta alla presenza di patologie mediche o all’assunzione di sostanze.
Escludere il fatto che questa persona sia necessariamente patologica, magari la persona si trova in un
momento di disagio, ma non occorre necessariamente la diagnosi (cercare di capire se la sintomatologia sia
attribuibile ad un particolare evento stressante) => evitare la patologizzazione.
Giudizio clinimetrico (Clinimetria) utilizzo di test, devono essere somministrati con sensibilità clinica, in
relazione al contesto clinico (per vedere ad esempio come reagisce il paziente ad una terapia), importante
che siano contestualizzati. Possono servire per quantificare o definire un disturbo, confermare o respingere
un’ipotesi.
Ragionamento clinico di fronte a due pazienti che presentano sintomi in comune, ad esempio umore
depresso e perdita d’interesse, potrebbero apparire entrambi depressi perché sono presenti sintomi che
possono validare questa diagnosi. In entrambi i casi non c’è aumento/perdita di peso. In un caso c’è insonnia
terminale (si sveglia prima) l’altro fa fatica ad addormentarsi. Un paziente ha rallentamento psicomotorio,
l’altro ha agitazione psicomotoria. L’affaticabilità: il primo ha difficoltà ad iniziare, l’altro ha mancanze di
energia nel portare avanti. Il primo paziente ha senso di colpa nel secondo caso no. Mancanza di
concentrazione: no nel primo si nel secondo. Non ci sono pensieri di morte in entrambi i casi. Qui ci sono
dei criteri sovrapponibili (i primi, quindi sembra un disturbo depressivo maggiore), c’è però una differenza
nei sintomi accessori.
La macroarea è: disturbo dell’umore. L’insonnia è diversa (il paziente che fatica ad addormentarsi =>
ansia, l’altro invece disturbo depressivo maggiore). La differenza nel sentire la fatica è anche importante, in
ogni caso però chiedere prima di tutto se può essere relativa ad una condizione medica. Il senso di colpa può
far pensare ad un nucleo depressivo (nel primo caso sì, nel secondo no), l’elemento centrale che differenzia i
casi è questo perché fa pensare nel primo caso ad orientamento depressivo. Anche il rallento/agitazione,
hanno pesi diversi, indicano problemi differenti. Nel secondo caso c’è depressione ma a differenza del primo
si deve considerare primarietà/secondarietà => il nucleo è ansioso, il paziente è ansioso con depressione
secondaria. Questo porta a terapie diverse (il problema depressivo nel secondo caso, non ha caratteristiche di
urgenza). Nel secondo caso la terapia è per l’ansia, anche se presente una depressione secondaria.
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Psicopatologia differenziale Libro: Davide Schiffer, Attraverso il microscopio. => attraverso la visione di vetrini riesce a fare diagnosi di
malattie neurologiche (esempio tumori cerebrali).
La diagnosi secondo Mill è un ‘open concept’ = qualche cosa che non si conclude subito, ma si arricchisce
e approfondisce. Cerca di mettere ordine tra i fenomeni psicopatologici osservati per mettere ordine. La
diagnosi corretta non è quella in assoluto, ma la miglior ipotesi in quel momento, può essere smentita,
dev’essere validata nel corso del colloquio e deve permettere la formazione di nuove ipotesi. Si può validare
o ritenere non corretta, partendo da qui per nuove ipotesi diagnostiche.
La finalità di una diagnosi è la comunicazione, che permette di comunicare tra operatori sanitari ma anche
col paziente ed i familiari. Altra finalità è il fatto che inquadrando il paziente possiamo predire l’andamento
del disturbo immaginando il trattamento efficace. La diagnosi permette informazioni aggiuntive, mettere in
relazione un certo disturbo con altri della macroarea, questa è un’altra finalità => possibili analogie
nell’eziologia ecc.
La diagnosi inoltre da informazioni sull’eventuale presenza di studi clinici, familiari, biologici e di
laboratorio, approfondire le conoscenze in merito una patologia (dati epidemiologici, clinici, laboratoristici
ecc).
Ci sono dei pregiudizi sulla diagnosi che nel tempo si sono fatti sentire per esempio è stata considerata:
• Mito (Szasz, 1960).
• Diagnosi incasellamento. Un’ etichettamento che può far perdere l’unicità del paziente
• Diagnosi inattendibile. L’attendibilità è la possibilità che due studiosi possano effettuare la stessa diagnosi
di fronte un quadro, questa è andata aumentando nel tempo i criteri diagnostici, questo a scapito della
validità.
• Diagnosi non valida
• Diagnosi stigma, profezia che si auto avvera. Il fatto di sapere che una certa persona ha una certa
patologia mentale può non essere sempre uno stigma ma aiutare l’interazione con quella persona.
Il grado di conoscenza riguardo la patologia e l’eziologia ci da la differenziazione tra:
• Malattia fisiopatologia nota, l’eziologia è nota.
• Disturbo non abbiamo informazioni relativamente eziologia e fisiopatologia, non sono note. Questi
sintomi e segni insieme caratterizzano un quadro non spiegabile con altre diagnosi, ma solo spiegabile con
questo certo tipo di schematizzazione. (vedi ILLNESS, SICKNESS, DISEASE).
• Sindrome Con il termine sindrome si intende, in medicina, un insieme di sintomi e segni clinici che
costituiscono le manifestazioni cliniche di una diverse malattie, indipendentemente dall'eziologia che le
contraddistingue. Si presentano sempre allo stesso modo. Ad es i disturbi di personalità presentano alcuni
quadri non specifici, molte comorbidità quindi sarebbe più opportuno parlare di sindromi piuttosto che di
disturbo.
Per valutare la presenza di un disturbo mentale valutiamo la sofferenza, la funzionalità ecc.
La definizione o valutazione viene fatta in base vari modelli:
• Modello statistico, non sempre è un buon modello perché ci sono patologie rare
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Psicopatologia differenziale • Modello del distress soggettivo (sofferenza soggettiva), non sempre però è considerabile perché alcuni
quadri sono ego sintonici, non ego distonici.
• Modello biologico, più relativo al rischio di vita (esempio depressione => suicidio), ma non sempre è così.
• Necessità di trattamento, è troppo semplice come criterio, non esaustivo.
• Disfunzione dannosa disturbo come disfunzione biologica ed accezione negativa dal punto di vista
sociale. Certi atteggiamenti considerati negativi dalla società non sono necessariamente patologia mentale
• Indefinibilità il disturbo mentale non ha confini definiti per cui è indefinibile.
C’è stata un’evoluzione dei sistemi diagnostici, si è ampliato molto il concetto di psicopatologia e disturbo
mentale. Sono state scoperte nuove diagnosi o sono state inventate?
Sono stati fatti grandi passi avanti, nelle prime due edizioni del DSM i disturbi erano definiti in modo vago,
e questo poteva inficiare la validità ma anche l’affidabilità della diagnosi, inoltre in queste due edizioni il
riferimento teorico era psicoanalitico, si parlava di reazione agli eventi (concetto di reazione). Non c’è
ateoricità.
Dal DSM-III il riferimento è stato ateorico, si cerca di definire in modo particolareggiato dei quadri
diagnostici. Aumenta l’affidabilità a discapito della validità. Si inizia ad inserire un altro elemento
importante le soglie numeriche ai fini della diagnosi (ad es.: 4 sintomi su 9) CRITERIO POLITETICO, più
sintomi necessari ma ciascuno di loro non è necessario e sufficiente. Per questo motivo si può avere una
notevole eterogeneità. Per esempio per un disturbo di personalità possono esserci combinazioni diverse, ma
non possono avere alla base la stessa eziologia o caratteristiche di base.
Nel DSM-V è stato tolto il sistema multi assiale perché dal punto di vista clinico non era molto usata questa
scala inoltre, tra il primo e secondo asse non sono state trovate differenze peculiari tali da giustificare la
divisione. Il contesto e gli eventi di vita, nonché malattie mediche sono sempre da considerare anche se non
rilevate nel sistema multi assiale.
1. Raccogliere tutti gli indizi diagnostici (relazione, osservazione, motivazione), si iniziano a profilare
ipotesi. Dopo aver raccolto indizi si possono ipotizzare disturbi più probabili rispetto ad altri a seconda
dell’area che via via si è andata a toccare ogni macroarea ha una base di riferimento.
2. Ricercare i criteri diagnostici, in base alle idee ipotizzate.
3. Anamnesi psichiatrica: valutare il background, la gravità (alterazione del funzionamento).
4. Diagnosi
5. Prognosi
Per le fasi del processo diagnostico non c’è un’iter prestabilito ma bisogna pur sempre mantenere la
leadership.
1. Tenere conto delle motivazioni dell’incontro, della relazione e di come il paziente esprime il disagio (in
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Psicopatologia differenziale maniera cosciente, specifica oppure vaga, oppure ancora con dei segni).
Il disagio dev’essere tradotto e capito. Il problema principale può essere con una sintomatologia,
comportamenti disadattavi, eventi stressanti, conflitti interpersonali. A volte ci sono solo dei segni, ci si può
confrontare subito oppure aggirare l’ostacolo. L’obiettivo è l’ottenimento di maggiori informazioni. Quando
ci si chiarisce meglio le ipotesi si può allargare, cioè chiedersi se ci sono altri fatti, sintomi o comportamenti.
Sintomi specifici possono far parte di macroaree, ma i sintomi accessori fanno parte delle stesse macroaree o
altre? Esame di stato mentale, in più disagio lamentato, disagio psicosociale. Se un paziente riferisce sintomi
ansiosi o evento stressante potrebbero essere indagate aree relative all’ansia, disturbo post-traumatico da
stress, possibile lutto con reazione d’ansia.
2. Una volta stilata una lista di ipotesi diagnostiche si devono ottenere conferme o disconferme. Cercare di
allargare le ipotesi. È da tenere in considerazione il criterio temporale cercando di essere non troppo rigidi.
Verificare la presenza di sintomi essenziali con domande specifiche. Un sintomo è essenziale se necessario
ma non sufficiente. Servono anche sintomi accessori ai fini della diagnosi. Valutare se c’è uso di sostanze.
Valutare se ha allucinazioni, deliri o comportamento disorganizzato (attenzione a come fare le domande).
Per i disturbi d’ansia valutare l’allarme, disturbi ossessivi… ’25. Determinare segni e sintomi. Stabilirne la
gravità. Ricercare i sintomi accessori. Nel manuale diagnostico c’è una soglia, numero minimo di criteri che
devono essere soddisfatti. Tenere in osservazioni sintomi che non interferiscono con la sua vita. Sintomi
essenziali ma brevi, non soddisfano il criterio temporale, ma la diagnosi va fatta perché sono gravi. Sintomi
essenziali + accessori non in numero sufficiente, lo si valuta ma come disturbo altrimenti specificato. La
proposta del DSM-V era stata quella di abolire i disturbi di personalità facendo riferimento a tratti di
personalità che in maggior o minor misura erano presenti trasversalmente. Soggetti con disturbi di
personalità di fronte a stimoli rispondono in modo disadattivo. Queste modalità si manifestano in almeno
due aree tra: cognitivo, affettivo, personale e controllo degli impulsi. Rispetto i disturbi clinici, quelli di
personalità possono essere dei residui di un disturbo clinico, secondo altri un precursore e in ultima istanza
in comorbilità con disturbi clinici.
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Psicopatologia differenziale 5. Disturbi di personalità
Per valutarli bisogna far riferimento ai cluster, le domande devono essere in base alle caratteristiche di
questi.
• EVENTO STIMOLO,
• PERCEZIONE DELLO STIMOLO,
• RISPOSTA COMPORTAMENTALE,
• REAZIONE EMOTIVA.
Nella pratica clinica
L’evento stimolo nel cluster A sono le relazioni interpersonali strette che però la percezione di questo
stimolo si diversifica nei vari disturbi.
La risposta comportamentale è la sospettosità, pronti ad attaccare e la reazione emotiva,
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Psicopatologia differenziale
In generale si dice che un disturbo di personalità è una modalità di comportamento, esperienza interna al
soggetto che devia dalle aspettative della cultura alla quale il soggetto appartiene.
Stabile, rigida, inflessibile che inizia precocemente nell’adolescenza. Sia DSM che ICD-10 danno
definizioni similari anche se l’ICD-10 introduce anche il concetto di benessere psicologico e personale oltre
che il funzionamento sociale a differenza del DSM che si è orientati …
I disturbi di personalità si possono pensare come estremizzazione di tratti che si ritrovano in tutta la
popolazione generale. Può succedere anche che leggendo le varie caratteristiche dei quadri di personalità si
possa riscontare qualche elemento caratteristico della propria persona con questo non significa che ci si trovi
in presenza di un disturbo.
Si possono considerare questi tratti portati all’estremo come lungo un continum da normalità a disturbo e si
possono trovare più o meno rappresentati e più o meno intensi, soprattutto in questo ambito c’è un dibattito
sul considerarli con criterio categoriale o dimensionale. Tanto che nelle prime versioni del DSM-V è stato
proposto di considerare certi prototipi come disturbo di personalità. Questa metodica, è stata inserita nel
DSM-V ma inserito in un latra dimensione (sez.3) disturbi di personalità con criterio dimensionale.
Tre cluster in base a caratteristiche peculiari, tant’è che per far diagnosi ci si dovrebbe basare su queste
caratteristiche peculiari. Sicuramente si possono considerare questi cluster con caratteristiche generali, dal
punto di vista pratico però si parla di alcuni elementi riscontrabili nei pazienti (caratteristiche peculiari).
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Psicopatologia differenziale Una diagnosi differenziale intracluster Cluster A sulla base di elementi comuni si possono avere elementi
che si discostano, prima di tutto però individuare elementi in comune.
Gli eventi stimolo sono i medesimi, per quanto riguarda le reazioni emotive (simili) ci sono differenze a
livello della percezione dello stimolo e della reazione comportamentale.
Per esempio: diagnosi differenziale tra disturbo evitante (cluster C) e schizoide (cluster A). l’evento stimolo
è lo stesso, la risposta comportamentale è simile però la percezione dello stimolo è diversa ed anche la
reazione emotiva (in un caso verso freddezza e rigidità, nell’altro inibizione).
10 = schizoide (non tollera alcuna vicinanza)
11 = schizotipico
3 = dipendente
7 = istrionico (parcheggio teatrale per essere al centro dell’attenzione)
2 = narcisistico (macchina grande ed accessoriata)
9 = evitante (posizionato ai bordi ma comunque negli spazi consentiti)
8 = ossessivo-compulsivo (equidistante ed accessori precisi, allineamento perfetto)
6 = antisociale (impedisce il passaggio in modo ‘forte’, c’è una possibile premeditazione)
1 = paranoide (pensa di essere chiuso in un angolo)
PARANOIDE: pensa sempre e comunque che gli altri ce l’abbiano con loro, quello che li caratterizza è la
diffidenza e sospettosità pervasiva. Poi occorre valutare se i criteri poi specificati sono presenti in un numero
di almeno 4. Una volta fatto rientrare il paziente nel quadro, vedere se i criteri sono presenti almeno nel
numero minimo di 4. Spesso sono convinte che gli altri parlano male di loro e sfruttino la loro persona per
trarne dei vantaggi. Spesso c’è una base di verità però in questo caso i sospetti sono sempre e comunque
esagerati in tutte le situazioni, non c’è possibilità di pensiero positivo attenzione focalizzata agli altri come
minaccia (anche in assenza di prove oggettive, o anche in presenza, la risposta è esagerata). L’elemento
cardine per mettere in atto percezioni, emozioni, comportamenti l’elemento stimolo è la vicinanza, relazioni
interpersonali. Sono sempre in allarme e chiusi in se stessi, covano spesso un rancore che può sfociare in
rabbia.
Bisogna sempre pensare ad una commistione di elementi che determinano l’insorgere di un disturbo di
personalità, temperamenti infantili, ereditari (genetica possibile terreno fertile per lo sviluppo), le ipotesi
biologiche e cognitivo-comportamentali sono utili ai fini della comprensione di certi aspetti di questi
disturbi. Pensando che fin da piccole queste persone si sono create schemi cognitivi fissi, tutte le esperienze
successive vanno nella stessa direzione di queste esperienze. Questo fa si che i soggetti percepiscano lo
stimolo in maniera sempre uguale. Questi schemi cognitivi servono a queste persone per fronteggiare
qualsiasi altro evento stimolo, sono utilizzati in continuazione in una sorta di circolo vizioso e questo non fa
altro che rinforzare le credenze di questi soggetti in una sorta di profezia che si autoavvera.
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Psicopatologia differenziale PER ESAME: Per definire un disturbo bisogna mettere dei criteri (non in ordine), ma spaziare e scriverli.
Il criterio B, si può anche non mettere perché nel caso di altra domanda diagnosi differenziale si fa
riferimento a questo.
Quando si chiedono i criteri mettere la soglia (quanti criteri ai fini della diagnosi?).
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Psicopatologia differenziale 6. Prospettiva cognitiva-comportamentale
Il paziente ha delle convinzioni, allora il suo comportamento è in direzione di queste.
Per esempio, nel caso di un paziente con disturbo paranoide di personalità, con questo modo di fare le
persone che gli stanno attorno non possono che essere ostili, reagire con sfiducia, e quindi all’interno di una
comunità la reazione è di ostilità e questa reazione lineare di soggetti che frequentano quelli con il disturbo,
rinforzano le convinzioni del paziente che gli altri sono ostili (si riforma il circolo vizioso => profezia che
si auto avvera).
Questo succede anche in seduta con il psicoterapeuta perché lo vedono come contro di loro. Si è visto in
studi recenti che ci sono modalità di ragionamento peculiari in questi pazienti distorsioni di attribuzioni
(attribuiscono ad altri la responsabilità di eventi negativi per preservare la loro autostima).
Distorsioni di ragionamento saltano subito alle conclusioni. Tendono nelle prove di memoria a ricordare
maggior numero di parole a o ostile. Questi studi si integrano con la letteratura psicodinamica
dell’argomento. C’è in questi soggetti una proiezione. Sicuramente ci sono stati traumi infantili, situazioni di
ridicolizzazione e questi fatti che si agganciano a temperamenti ereditari sfociano in distorsioni.
Ci sono pochi studi che mettano in evidenza un efficacia di alcuni approcci rispetto ad altri però sicuramente
quello più cognitivo e la verifica insieme al paziente della minaccia che portano gli altri.
avendo queste informazioni, quando si presenta un quadro clinico fare delle osservazioni tenendo conto che
i disturbi di personalità sono formati da un sistema eterogeneo di comportamenti, sintomi e tratti quindi
avere come riferimento la caratteristica essenziale del disturbo ed andare dopo nello specifico.
DISTURBO PARANOIDE
A. Una diffidenza pervasiva e sospettosità degli altri tali che le loro motivazioni sono interpretate come
malevole, il tutto a partire dalla prima età adulta e presenti in una varietà di contesti, come indicato da
quattro (o più) dei seguenti elementi:
1. Sospetta, senza una basi sufficienti, che gli altri stanno sfruttando, danneggiando o ingannando lui o lei.
2. Preoccupazione con dubbi ingiustificati, sulla lealtà o affidabilità di amici o parenti.
3. È riluttante a confidarsi con gli altri a causa del timore ingiustificato che le informazioni potranno essere
usate maliziosamente contro di lui o di lei.
4. Legge significati nascosti umilianti o minacciosi in osservazioni o eventi buoni.
5. Porta con insistenza rancori (cioè, è spietato con insulti, lesioni o offese).
6. Percepisce attacchi contro la sua persona o la sua reputazione, che però non sono evidenti agli altri ed è
pronto a reagire con rabbia o contrattaccare.
7. Ha sospetti ricorrenti, senza giustificazione, per quanto riguarda la fedeltà del coniuge o partner sessuale.
B. Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della schizofrenia, un disturbo bipolare o disturbo
depressivo maggiore con caratteristiche psicotiche, o un altro disturbo psicotico e non è attribuibile agli
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Psicopatologia differenziale effetti fisiologici di un'altra condizione medica.
Nota: Se i criteri sono soddisfatti prima dell'inizio della schizofrenia, aggiungere "premorboso", cioè,
"disturbo di personalità (premorbosa)".
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Psicopatologia differenziale 7. Disturbo schizoide
A. Una modalità pervasiva di distacco dalle relazioni sociali ed una gamma ristretta di espressioni
emotive, in contesti interpersonali, che iniziano nella prima età adulta e sono presenti in una varietà di
contesti, come indicato da quattro (o più) dei seguenti elementi:
1. Non desidera né prova piacere nelle relazioni strette, incluso il far parte di una famiglia
2. Quasi sempre sceglie attività solitarie
3. Dimostra poco o nessun interesse per le esperienze sessuali con un’altra persona
4. Prova piacere in poche o nessuna attività
5. Non ha amici stretti o confidenti, eccetto i parenti di primo grado
6. Sembra indifferente alle lodi o alle critiche degli altri
7. Mostra freddezza emotiva, distacco o affettività appiattita.
B. Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia, di un Disturbo dell’Umore con
Manifestazioni Psicotiche, di un altro Disturbo Psicotico o di un disturbo dello spettro autistico e non è
dovuto agli effetti fisiologici diretti di una condizione medica generale.
Distacco emotivo, gamma ristretta di emozioni, indifferenza verso relazioni sociali.
Almeno 4 criteri.
Ristretta gamma di emozioni ed interessi tanto da apparire come senza emozioni. C’è un ritiro spesso perché
le emozioni potrebbero essere troppo travolgenti.
Altro meccanismo oltre il ritiro è la mentalizzazione => le emozioni vengono intellettualizzate, non provate
direttamente. Considerare le interazioni precoci può essere di valido aiuto.
Dal punto di vista cognitivo danno importanza, valore positivo al distacco, al sentirsi dei solitari.
Il coinvolgimento emotivo potrebbe essere troppo dispendioso, complicato => ritiro da eventuale dolore
nelle relazioni.
Sono soggetti ipersensibili, ipereccitabili.
Considerare le interazioni precoci può essere utile, ma è anche importante considerare un'ottica
multifattoriale, non solo i meccanismi di difesa aiutano a capire questi soggetti, ma dal punto di vista
cognitivo danno troppo valore ed importanza nonché valenza positiva al distacco dagli alti, al sentirsi dei
solitari. Questi soggetti hanno grande difficoltà a capire le emozioni, le aspettative, i desideri degli altri,
interpretano bene il fatto di essere solitari, è per loro elemento di positività; il coinvolgimento emotivo per
queste persone potrebbe essere troppo complicato, doloroso e dispendioso, questo porta a ritiro sociale e
dalle relazioni.
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Psicopatologia differenziale 8. Disturbo schizotipico
A. Una modalità pervasiva di relazioni sociali ed interpersonali deficitarie, evidenziate da disagio acuto e
ridotta capacità riguardanti le relazioni strette e da distorsioni cognitive e percettive ed eccentricità del
comportamento, che compaiono nella prima età adulta e sono presenti in una varietà di contesti, come
indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:
1. Idee di riferimento (escludendo i deliri di riferimento)
2. Credenze strane o pensiero magico, che influenzano il comportamento e sono in contrasto con le norme
subculturali (per es., superstizione, credere nella chiaroveggenza, nella telepatia o nel "sesto senso"; nei
bambini e adolescenti fantasie e pensieri bizzarri)
3. Esperienze percettive insolite, incluse illusioni corporee
4. Pensiero e linguaggio strani (per es., vago, circostanziato, metaforico, iperelaborato o stereotipato)
5. Sospettosità o ideazione paranoide
6. Affettività inappropriata o coartata
7. Comportamento o aspetto strani, eccentrici o peculiari
8. Nessun amico stretto o confidente, eccetto i parenti di primo grado
9. Eccessiva ansia sociale, che non diminuisce con l’aumento della familiarità e tende ad essere associata
con preoccupazioni paranoidi piuttosto che con un giudizio negativo di sé.
B. Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della schizofrenia, di un disturbo dell’umore con
manifestazioni psicotiche o di un altro disturbo psicotico o di un disturbo dello spettro autistico.
È stato considerato elemento premorboso rispetto alla situazione di schizofrenia. Il disturbo schizotipico, in
misura minore quello paranoide e schizoide, sono stati considerati come dei gradi diversi di una
vulnerabilità del disturbo psicotico. Secondo un approccio più o meno recente infatti la schizofrenia viene
considerata all’estremo in questo continuum o spettro. Lo spettro che vede come tappe premorbose anche i
disturbi di personalità. In effetti ci sono elementi di condivisione anche se a gradi e livelli diversi.
Elementi di sovrapposizione nella schizofrenia e nei disturbi di personalità
• Schizofrenia: stadio finale di un continuum o spettro.
• Schizotimia e in misura minore disturbo paranoide e schizoide: interpretati come gradi diversi di
vulnerabilità al disturbo psicotico.
• Shizotipico e schizoide condividono con schizofrenia cronica: anedonia persistente, asocialità,
compromissione a livello cognitivo (più eclatante nella schizofrenia)
In particolare nel disturbo schizotipico c’è disorganizzazione cognitiva (eclatante nella schizofrenia) qui
però elementi come problemi nell'eloquio sono più evidenti nella schizofrenia. Sono elementi di
sovrapposizione la cui origine unitaria viene suffragata da studi che hanno analizzato la presenza di disturbi
di personalità con caratteristiche presenti in parenti stretti di persone con schizofrenia o con caratteristiche
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Psicopatologia differenziale premorbose allo sviluppo della schizofrenia stessa.
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Psicopatologia differenziale 9. Diagnosi differenziale tra disturbi cluster A e schizofrenia
Sovrapposizione di determinati elementi quali:
• Asocialità
• Impossibilità nel provare piacere (elemento affettivo/anafettivo)
• Compromissione a livello cognitivo
La schizotipia secondo studi del 2002 comprenderebbe due fattori:
• Schizotipia più negativa: ritiro sociale, anedonia ridotta capacità di provare emozioni piacevoli.
• Schizotipia più positiva: stili cognitivi che potrebbero deteriorarsi a tal punto di sfociare nella
schizofrenia - sintomi positivi, ma se non arrivano al livello di patologia nella schizofrenia, possono essere
visti come fattori positivi. Questi aspetti positivi possono avere successo a livello di relazione e di coppia,
anche perché mostrano creatività artistica che possono avere influenza nell’accoppiamento, ecco perché
questi tratti possono permanere nella sottopopolazione generale perché c’è facilità di accoppiamento rispetto
altre condizioni di altri disturbi di personalità.
Il disturbo schizotipico di personalità si riscontra spesso in persone di livello economico inferiore, spesso
disoccupate, raramente vivono sole, non hanno amicizie strette o relazioni sentimentali, molto spesso
predominano esperienze percettive insolite, ma anche sintomi ansioso-depressivi in comorbilità.
Ci sarebbe collegamento interessante tra disturbo schizotipico e osessivo-compulsivo dell'asse I.
Alcuni studi dimostrano che ci sarebbe una premorbosità del disturbo schizotipico di personalità nei
confronti del disturbo ossessivo-compulsivo.
Ci sono alcune persone con disturbo ossessivo-compulsivo che hanno caratteristiche premorbose un disturbo
schizotipico di personalità e sono più difficilmente trattabili di quelle nelle quali non compare questo
elemento premorboso.
SCHIZOTASSIA: Meehl avrebbe evidenziato un difetto neurale ereditario predisponente alle varie forme
di patologia schizofrenica. La schizotipia potrebbe essere la combinazione tra questo difetto e un
apprendimento sociale da parte della persona. Questo tratto sarebbe distribuito nella popolazione.
Schizotipia e schizofrenia ci sarebbero anomalie cerebrali simili e dei deficit cognitivi simili. Negli studi di
genetica ci sarebbe frequenza del disturbo schizotipico nei parenti di primo grado dei pazienti schizofrenici.
Ci sarebbe poi il tratto disorganizzazione che sarebbe elemento di vulnerabilità sia per lo sviluppo di
disturbi psicotici ma anche per il bipolarismo.
Altri studi effettuati nei pazienti con disturbo schizotipico di personalità vedrebbero distorsioni del
ragionamento saltano alle conclusioni. Errori di pensiero sarebbero dovuti ad elaborazione distorta.
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Psicopatologia differenziale Elemento essenziale: relazioni interpersonali deficitarie, distorsioni cognitive e percettive, eccentricità del
comportamento spettro schizofrenico (rischio aumentato di sviluppo di schizofrenia e parenti di primo
grado).
Come i pazienti paranoidi queste persone hanno sospetti verso gli altri, non sviluppano relazioni intime con
altri soggetti perché c’è una sospettosità di base.
Diagnosi differenziale rispetto altri disturbi di Cluster A, fare riferimento allo schema di prima perché c’è
situazione interpersonale deficitaria, sospettosità che sono caratteristiche peculiari di questi pazienti
(comportamenti, pensieri eccentrici).
Hanno idee di riferimento determinati eventi hanno significati speciali e personali.
Pensiero magico pensano che determinati eventi possano essere controllati con il pensiero, controllare
eventi attraverso il pensiero.
Eloquio vago, circostanziato, parole inusuali o bizzarre.
Ovviamente la sospettosità o proiezione paranoide con affettività inappropriata sottolinea l’aspetto
peculiare di questi disturbi.
5 almeno i criteri soddisfatti, ma rispetto agli altri c’è maggiore commistione di più effetti.
Ci sono anche qui prospettive diverse, ma l’una non esclude l’altra, approccio deve comprendere tutte le
condizioni, occorre valutare i pensieri disadattivi di queste persone.
Pensieri insoliti incapacità di raccogliere indizi comunicativi da parte di altre persone.
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Psicopatologia differenziale 10. Disturbo antisociale
A. Un quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta fin dall'età
di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:
1. Incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato
dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto
2. Disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi, o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per
piacere personale
3. Impulsività o incapacità di pianificare
4. Irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti
5. Inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri
6. Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere una attività lavorativa
continuativa, o di far fronte ad obblighi finanziari
7. Mancanza di rimorso, come indicato dall'essere indifferenti o dal razionalizzare dopo avere danneggiato,
maltrattato o derubato un altro
B. L'individuo ha almeno 18 anni.
C. Presenza di un Disturbo della Condotta con esordio prima dei 15 anni di età.
D. Il comportamento antisociale non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia o di
disturbo bipolare.
Si trova spesso sovrapposto a quello di psicopatia, ma non lo sono perché nel primo si trovano soprattutto
aspetti di tipo comportamentale.
Per privilegiare l’affidabilità diagnostica, alcuni elementi e tratti importantissimi per capire questo disturbo
sono stati trascurati. Bisogna andare oltre alla classificazione.
Per effettuare diagnosi di questo disturbo occorre che ci sia stato un disturbo della condotta ai 15 anni d’età.
Il criterio alla base è l’inosservanza delle leggi e del diritto.
È utile far riferimento a caratteristiche di base della psicopatia, i due disturbi non sono sovrapponibili, qui
abbiamo aspetti che non sono prettamente comportamentali ma più di tipo cognitivo, affettivo. Nel DSM
non c’è grande indicazione mentre nel concetto di psicopatia c’è.
Cleckly aveva evidenziato elementi importanti che danno idea del tratto di personalità, questi individui a
prima vista hanno buona intelligenza, anche un certo fascino in più: mancanza di senso di colpa o
sentimento di vergogna, incapacità di amare, di apprendere dalle punizioni (se hanno commesso un qualche
fatto negativo, non apprendono dalle punizioni che hanno ricevuto), ristretta gamma di emozioni e il
comportamento antisociale non è adeguatamente motivato (non c'è un disegno, lo fanno e basta, senza
piacere né dispiacere, mancanza di motivazione).
La psicopatia è stata definita da Cleclky non solo a livello comportamentale ma anche dal punto di vista
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Psicopatologia differenziale affettivo, interpersonale. C'è stato quindi un cambiamento, si va ad indagare quindi aspetti effettivi ed
interpersonali.
Il DSM ha grande attendibilità per la diagnostica, meno dal punto di vista della validità. Sono individui che
a prima vista hanno un fascino superficiale, buona intelligenza, mancanza di senso di colpa o vergogna,
incapacità di amare, incapacità di apprendere dalle punizioni, povertà emotiva, comportamento antisociale e
non adeguatamente motivato (non trovano una motivazione al loro comportamento antisociale) senza
piacere nè dispiacere (totale mancanza di motivazione). Non evitano gli altri ma trascurano i diritti degli altri
rimanendo focalizzati sui propri interessi, se per caso dimostrano qualche sentimento in questo senso è
sempre qualcosa di non spontaneo ed artificioso, se vengono fatti riflettere sulle situazioni negative, si
stupiscono molto e si arrabbiano perché accusati, non si scusano per le loro azioni, se lo fanno è in maniera
falsa.
Gli effetti nel disturbo antisociale quindi sono prettamente comportamentali nella psicopatia emotivi ed
affettivi.
C’è la lista di Cleckly che mette in risalto i tratti della psicopatia, questa check list mette in evidenza che ci
sono dei tatti di psicopatia primaria, incentrati soprattutto sulla dominanza sociale.
Esisterebbero quindi elementi di psicopatia primaria (dominanza sociale) e quelli secondari (devianza
sociale).
Nel DMS abbiamo evidenziati maggiormente tratti di psicopatia secondaria.
Per descrivere il quadro diagnostico del disturbo antisociale di personalità Nel DSM sono tratti di
psicopatia secondaria cioè sono più tratti devianza sociale comportamenti, piuttosto che veri e propri tratti
affettivi ed interpersonali che determinano la psicopatia primaria. Per capire questi pazienti non si può
prescindere da questi tratti di psicopatia primaria.
N.B. (per esame): C'è sovrapposizione tra tratti criminali e disturbo antisociale, ma anche quello
narcisistico ed istrionico. Studi evidenziano infatti, che i tratti di psicopatia primaria sono sovrapponibili a
tratti narcisistici ed istrionici di personalità.
Chi comincia a delinquere precocemente non ha solo un comportamento antisociale overt, ma anche
anafettività ed insensibilità tipici delle caratteristiche di psicopatia di Cleckly. Gli omicidi a sangue freddo
sono più caratteristici di chi ha elementi di psicopatia, mentre quelli passionali no.
Ci sono teorie diverse sull'origine della psicopatia.
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Psicopatologia differenziale 11. Disturbo borderline
(Tra i criteri inserire pseudo allucinazioni)
A. Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’ immagine di sé e dell’
umore e una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti, come indicato
da cinque (o più) dei seguenti elementi:
1. Sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono.
Nota: Non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel Criterio 5.
2. Un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di
iperidealizzazione e svalutazione.
3. Alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili.
4. Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, (quali per esempio
spendere denaro, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate).
Nota: Non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel Criterio 5.
5. Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante.
6. Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore (per es., episodica intensa disforia,
irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore, e soltanto raramente più di pochi giorni).
7. Sentimenti cronici di vuoto.
8. Rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti eccessi di ira o rabbia
costante, ricorrenti scontri fisici).
9. Ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.
Il disturbo borderline di personalità è difficile da trattare ed i pazienti trasmettono ansia ed emozioni forti
ai terapeuti. Per cercare di orientarsi nei sintomi, nei comportamenti derivati da tratti, sia tratti stessi,
sarebbe meglio riferirsi alla scala DIB-R di Gundersson (poi rivista), in quanto contributo importante che
identifica i domini coinvolti nel disturbo borderline di personalità. C'è in più elemento di diagnosi ricavabile
dallo studio con questa scala.
CLASSIFICAZIONE DEI SINTOMI DEL DISTURBO BORDERLINE: SCALA DIB-R
La scala DIB-R serve per differenziare quelli che sono elementi affettivi rispetto a quelli cognitivi, impulsivi
interpersonali del Disturbo Borderline. I criteri sono quindi raggruppabili in scale diverse, così da
comprenderne meglio la commistione.
N.B. (per esame): nella domanda, mettere insieme questi criteri in base queste scale.
• Scala affettiva: instabilità affettiva, senso di vuoti e rabbia.
• Scala cognitiva: depersonalizzazione, tendenze paranoidi e pseudoallucinazioni (non si trovano nel DSM,
invece sono elemento che molto frequentemente viene riscontrato in questi pazienti), sono allucinazioni, il
soggetto vede qualcosa senza che ci sia uno stimolo, ma si rende conto che non sono realiste, compaiono
sopratutto nei periodi di stress; questo è importante perchè non è detto che in presenza di
pseudoallucinazioni, questo possa essere elemento caratterizzante di una situazione psicotica, invece la
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Psicopatologia differenziale problematica non è di questo genere. Quindi le pseudoallucinazioni del borderline non caratterizzano un
disturbo psicotico perchè sono ravvisabili in situazioni di stress.
• Scala dell'impulsività: comportamenti autolesionistici, suicidarietà. Il rischio di suicidio è molto alto in
questi pazienti.
• Scala interpersonale: Paura dell'abbandono, instabilità delle relazioni e disturbo d'identità. Scala DIB-R
con domini:scala affettiva, cognitiva, impulsività, interpersonale.
Per fare diagnosi occorrerebbe fare riferimento a tutti e 4 i domini, il DSM elenca una serie di elementi
diagnostici che sono vari e non in ordine preciso, alla fine ciascun criterio si può inserire in un dominio della
scala. In base al DSM servono 5 o più dei 9 criteri, ma così non possono essere interessati tutti i domini (2
criteri potrebbero essere presenti in uno, 2 in un altro, 1 in un altro, ma un dominio in questo modo sarebbe
non considerato) Se devono essere soddisfatti almeno 5 criteri su 9, non possono essere soddisfatti tutti i
domini. Quindi nel DSM-V si possono trovare persone con disturbo borderline di personalità, ma che non
soddisfano tutti i domini, ma soddisfano i criteri del DSM, a rigor di logica questo però non è corretto.
In effetti se si utilizza la scala DIB-R, per ogni scala viene dato un punteggio, per effettuare diagnosi di
disturbo borderline di personalità con questa scala occorre un punteggio di almeno 8 su 10 e così
s'individuano pazienti con disturbo borderline con almeno 3 domini interessati. Così si possono intercettati
pazienti borderline che includono tutti i pazienti con diagnosi DSM di sidturbo borderline, è quindi
inclusiva. Non è così invece se si considerano i pazienti con diagnosi DSM di disturbo borderline, non
s'includono invece tutti i pazienti con diagnosi DIB-R, perchè non si caratterizza bene come invece fa la
scala. Il DSM serve molto in quanto è trasversale, serve per comunicare, ma nella pratica clinica occorre
andare oltre.
Ci si deve riferire quindi a tutti i domini, altrimenti non si ha un quadro esaustivo, importante fare un proprio
giudizio, clinico e clini metrico contribuire con inferenza personale.
L'approccio nomotetico del DSM va bene, ma usare anche un approccio idiografico, riferito al paziente
che si ha davanti. Potrebbe infatti essere un 'paziente da manuale' ma avere anche caratteristiche per le quali
si discosta dal DSM. Questa scala è molto più chiara rispetto l'approccio dimensionale del DSM.
Ci sono vari criteri in vari domini ed alcuni elementi fanno subito pensare che ci possano essere
sovrapposizioni con altri disturbi di personalità all’interno del Cluster B ci sono altri disturbi di personalità
che hanno caratteristiche in comune con questo.
Veronica Rossi Sezione Appunti
Psicopatologia differenziale