Diritto commerciale:
Appunti del Corso in Diritto Commerciale II del Prof. Vicini a.a. 2010/2011. Tutto il corso è dedicato al tema delle Società a Responsabilità Limitata, le S.r.l., che è il modello più diffuso e metà delle società in Italia sono S.r.l.; è il modello che il Legislatore vuole ipotizzare come tipico della piccola media impresa, è il modello che può anche essere utilizzato per la grande impresa, non a capitale diffuso naturalmente, ed è un modello che stando a metà strada tra le società di persone e le società azionarie, ha dei caratteri delle une e delle altre e può offrire delle norme applicabili alle une e alle altre e permette di spaziare su moltissimi temi.
Dettagli appunto:
-
Autore:
Andrea Balla
[Visita la sua tesi: "Analisi delle principali tecnologie applicate al settore automotive"]
[Visita la sua tesi: "I Diritti Particolari del Socio nella Nuova S.R.L."]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Economia
- Esame: Diritto commerciale II
- Docente: Prof. Vicini
Indice dei contenuti:
- 1. Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.)
- 2. Le competenze nella Spa e nella Srl
- 3. I finanziamenti ad opera dei soci di S.r.l.
- 4. La posizione del socio di s.r.l.
- 5. Azione di responsabilità e denuncia la tribunale
- 6. La governance e il profilo del controllo
- 7. I diritti particolari dei soci di s.r.l.
- 8. Recesso e ipotesi di uscita dalla compagine sociale
- 9. L'istituto del Recesso
- 10. Recesso legale che il legislatore introduce come correttivo al potere di modificare a maggioranza l’atto costitutivo
- 11. ipotesi di socio impossibilitato ad adempiere ai propri doveri
- 12. L’assemblea dei soci
- 13. Principi generali e criteri di valutazione
- 14. Ipotesi di invalidità
- 15. La responsabilità degli amministratori
- 16. Operazioni sul capitale
- 17. La trasformazione delle società
- 18. La fusione delle società
- 19. La Scissione delle società
- 20. Lo scioglimento della società
- 21. La liquidazione della società
Questa è solo un’anteprima: 36 pagine mostrate su 181 totali. Registrati e scarica gratis il documento.
Diritto commerciale di Andrea Balla Appunti del Corso in Diritto Commerciale II del Prof. Vicini a.a. 2010/2011. Tutto il corso è dedicato al tema delle Società a Responsabilità Limitata, le S.r.l., che è il modello più diffuso e metà delle società in Italia sono S.r.l.; è il modello che il Legislatore vuole ipotizzare come tipico della piccola media impresa, è il modello che può anche essere utilizzato per la grande impresa, non a capitale diffuso naturalmente, ed è un modello che stando a metà strada tra le società di persone e le società azionarie, ha dei caratteri delle une e delle altre e può offrire delle norme applicabili alle une e alle altre e permette di spaziare su moltissimi temi. Università: Università degli Studi di Torino Facoltà: Economia Esame: Diritto commerciale II Docente: Prof. Vicini1. Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.) Parlando e spaziando nei profili delle S.r.l. potremmo occuparci di società di persone, società azionarie, operazioni straordinarie, di controllo legale dei conti e di fallimento. Con riferimento alle S.r.l. sono intervenute nel corso degli ultimi anni moltissime modifiche. Più genericamente dal 2004, anno in cui è entrato in vigore in vigore la riforma delle società di capitale e cooperative ad oggi, quindi nell'arco di sei anni, sono state introdotte tantissime innovazioni di natura e di fonte più disparata. Una prima serie di innovazioni, che riguarda anche le S.r.l., derivano dalla legge del 2005 e ulteriori modificazioni in tema di risparmio, legge diretta a fronteggiare i grandi scandali finanziari; poi hanno trovato attuazione tutta una serie di direttive comunitarie; poi è intervenuta la crisi e quindi ci sono state delle innovazioni legate proprio alla recentissima e attuale crisi economica generalizzata; poi sono intervenuti altri interventi spot, persino difficili da comprendere nella loro giustificazione, che hanno toccato tantissime norme e che se si scrivessero o si rappresentassero le norme in tema di S.p.A., di S.r.l., di cooperative e si mettessero in evidenza le variazioni sarebbero tantissime le norme modificate. All'inizio di gennaio 2010 sono poi intervenute due innovazioni di notevolissimo rilievo; una che ci interessa marginalmente perché riguarda soprattutto le società quotate, ma poi in qualche misura e per qualche aspetto tocca la disciplina generale della società e una invece che ci riguarda da vicino sul controllo contabile che oggi si chiama controllo legale dei conti e ridisegna, in attuazione di una direttiva comunitaria, completamente la relativa disciplina. Il primo provvedimento è noto come direttiva “record date” o direttiva che riguarda i diritti degli azionisti delle società quotate, il secondo riguarda la direttiva concernente il controllo legale dei conti. Sia nell'uno che nell'altro caso è stata data attuazione il 27 gennaio con decreto legislativo a queste due direttive; il testo è stato pubblicato molto più tardi sulla gazzetta ufficiale di marzo. Oggi è indispensabile quindi avere un testo normativo/un codice aggiornato. Il professore dice che le prossime lezioni, un paio, ci presenterà la disciplina delle S.r.l. Tutti sappiamo che il profilo di più incisivo intervento della riforma delle società di capitale è proprio dato dalle S.r.l.; la S.r.l. vecchio maniera, la cosiddetta vecchia S.r.l., quella disegnata dal codice del 1942 è andata in soffitta ed era una sorta di S.p.A. senza azioni, detta così è un po' semplificata ma grosso modo togliendo le azioni era un S.p.A.; mentre oggi la nuova S.r.l. è qualcosa di profondamente diverso rispetto al passato. Un modello, quindi, assolutamente nuovo che in larga misura ha rotto i rapporti con il passato e nelle intenzioni del Legislatore dovrebbe essere il modello centrale nell'ambito delle società. Cioè il Legislatore si è proposto, ispirandosi alla realtà straniera e in particolare a quella tedesca, di favorire un sistema societario che vedesse ai margini le società di persone, confinate per le imprese di piccolissime dimensioni, e dall'altra parte le società azionarie: la società per azioni, l’accomandita per azioni, modello pochissimo diffuso, destinate a imprese di grandi grandissime dimensioni. In mezzo per le imprese piccole, medio piccole la S.r.l. rappresentava il modello tipico. E per raggiungere questo obiettivo ha tra l'altro previsto espressamente, era già previsto prima ma con delle limitazioni, la possibilità di costituire una S.r.l. da parte di un unico quotista quindi la possibilità che un soggetto costituisse da solo una S.r.l. mantenendo sempre il regime di responsabilità limitata. Oggi questa facoltà è estesa anche alle S.p.A., come sapete la società per azioni può essere costituita da un unico quotista che continua ad essere limitatamente responsabile. Sempre per favorire lo sviluppo e conquistare nuovi spazi alla S.r.l., il Legislatore ha previsto amplissimi margini di derogabilità, cioè ha consentito ai soci di poter adattare la S.r.l. secondo schemi anche molto diversi tra di loro così da poter, per così dire, confezionare il vestito su misura della singola impresa. Con quindi la possibilità di spaziare da sostanzialmente una società che abbia la struttura della S.p.A. ad una società che abbia sostanzialmente la struttura delle società di persone. Accanto a questa scelta sicuramente Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale condivisibile, il Legislatore ha introdotto e sembra quasi una contraddizione e un paradosso, una serie di regole più rigorose di quelle della vecchia S.r.l. Quindi accanto ad elementi di amplissima elasticità troviamo degli elementi di notevole rigidità che per alcuni versi hanno creato degli ostacoli all'utilizzo della S.r.l. Guardate che in un primo momento, quando è stata confezionata questa disciplina, c'è stato quasi un timore ad utilizzare la S.r.l. e c'è stato un certo orientamento anche di studi professionali che suggerivano agli imprenditori di trasformarsi in società per azioni. Questi elementi di rigidità non hanno spaventato più di tanto gli operatori, non è che ci sia stata una fuga dalla S.r.l., tuttavia devono essere tenuti molto presente perché soprattutto in caso di fallimento questi elementi di rigidità possono rappresentare dei profili di notevole rilievo. Che cosa è successo nei sei anni di applicazione delle nuove norme? Non è successo quello che il Legislatore si proponeva o riteneva auspicabile, cioè non c'è stato un crollo da un lato delle società di persone e dall'altro delle S.p.A. e una rincorsa a costituire Srl. Tuttavia se esaminiamo i dati statistici sul numero delle S.r.l. possiamo constatare che il trend di crescita delle S.r.l. è continuato; il numero delle S.r.l. negli ultimi anni e negli ultimi decenni è cresciuto e dopo la riforma ha continuato a crescere. Un boom c'è stato ma delle S.r.l. con unico quotista, con unico socio. Sicuramente il fatto di godere sempre della responsabilità limitata ha indotto ad aumentare notevolmente il numero di questo modello. Le società di persone continuano più o meno ad essere in un numero stabile, il professore non sa dare una giustificazione approfondita del perché molti preferiscano continuare ad utilizzare le società di persone e non trasformino le società di persone in S.r.l., forse per ragioni fiscali, forse perché la S.r.l. ha qualche costo in più, certo è che in caso di fallimento essere una società di persone o essere una S.r.l. ha una portata enorme e aggiunge che lui ha visto persone, usa una forma non metaforica, piangere per non aver trasformato la società da SNC in S.r.l., perché significa il fallimento della società e dei soci personalmente. Il Legislatore ha introdotto una serie di innovazioni sicuramente interessanti, alcune molto interessanti su cui vorrebbe soffermarsi specificamente nel corso, e che forse oggi non sono tanto conosciute e tanto sfruttate, e altre sono rimaste assolutamente sulla carta e per ragioni varie non hanno per nulla funzionato e quindi si limiterà a guardarle ma sarà inutile dedicare tanta attenzione a istituti che sono praticamente sconosciuti. Una battuta facile e quella, parlando d'altro, relativa ai patrimoni destinati poichè sono di gran lunga più numerose le monografie dedicate ai patrimoni destinati dei patrimoni destinati effettivamente costituiti. Esaminiamo i vari profili più rilevanti, ripete che questa è una parte un pò istituzionale ma pensa possa essere utile. La disciplina delle S.r.l. è contenuta nel capo settimo dedicato alle società e secondo lo schema tradizionale rappresenta una società di capitali, quindi se stiamo al dato formale al dato topografico troviamo: società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata. Quindi troviamo società di persone e società di capitali. D'altra parte, se ricordiamo, la disciplina della trasformazione utilizza questi schemi; abbiamo regole dedicate alla trasformazione di società di persone in società di capitali e delle società di capitali in società di persone. Oggi però dal punto di vista sostanziale questo schema credo non sia più utilizzabile o comunque debba essere parzialmente superato. Certo ci sono le società di persone, le società di capitali, certo c'è la trasformazione in un senso o nell'altro. Tuttavia se vogliamo un po' andare a fondo delle cose, lo schema concreto che dobbiamo avere presente è diverso. Ed è uno schema che vede da un lato le tre società di persone dall'altro le società azionarie (S.p.A. e S.a.p.a.) ed in mezzo le S.r.l. Ecco la S.r.l. ha una posizione centrale in questo schema perché è un ibrido tra società di persone e società di capitali; per un verso è una società di capitali perché ha il regime della responsabilità limitata ma per altro verso ha tanti profili o può avere tanti profili propri delle società di persone, soprattutto il rilievo della persona del socio. D'altra parte se voi prendete un manuale di diritto societario francese, spagnolo o tedesco Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale vedrete che sempre una società a responsabilità limitata è descritta come un ibrido come un qualche cosa che sta a metà tra società di persone e società azionaria. Per questo il Legislatore della riforma si è messo al passo con l'Europa, con il sistema europeo. Poco da dire sul regime di responsabilità nell'ambito della società a responsabilità limitata, la norma di apertura è l’articolo 2462 che si apre al punto dicendo “nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio”. Quindi come tutti sappiamo sia la società per azioni sia la S.r.l. sono caratterizzate dal regime di responsabilità limitata che significa che per obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio, non risponde mai il socio con il suo patrimonio. C'è però un'eccezione di rilievo operativo molto scarso e l'eccezione si ha nel caso in cui l'unico socio/quotista risulti inadempiente rispetto ai due obblighi che ha quando si costituisce una S.r.l. con un unico socio e cioè due obblighi peculiari: quello di versare interamente il capitale sociale è quello di inserire nel registro delle imprese l'indicazione di società con unico socio e il suo nome. Quindi ha l'obbligo di versare integralmente i conferimenti e un obbligo di pubblicità; se non adempie questi obblighi è personalmente responsabile per le obbligazioni societarie. Infatti il secondo comma dell'articolo 2462 recita: “in caso di insolvenza della società per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui l'intera partecipazione era appartenuto ad una sola persona, - quindi non si tratta di tutte le obbligazioni sociali ma di quelle sorte nel periodo in cui c'era un unico quotista, - questa - cioè la sola persona risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo legge” quindi non siano stati versati integralmente o fin quando non sia stata data attuazione della pubblicità. Questa ipotesi il professore pensa che sia solamente scolastica, perché come sappiamo la S.r.l. e la S.p.A. nascono attraverso un atto pubblico cioè un atto notarile e pensare che un notaio approvi un atto in violazione di queste norme, quindi senza provvedere un integrale versamento dei conferimenti in denaro e senza la pubblicità nel registro delle imprese è un'ipotesi del tutto scolastica. Quindi praticamente dal punto di vista operativo possiamo dire che la società a responsabilità limitata è sempre caratterizzata da questo regime. C'è poco da dire in ordine alla costituzione della società perché il Legislatore sostanzialmente richiama le norme in tema delle S.p.A. e quindi come sappiamo la società si costituisce attraverso due momenti: l'atto pubblico o atto notarile, che può essere posto in essere da un solo soggetto o da più soggetti, e nasce attraverso l'iscrizione nel registro delle imprese, pubblicità con effetti costitutivi. Vale la pena richiamare che già prima della riforma ed è poi stato confermato dalla riforma è stata soppressa la fase intermedia della formazione. Un tempo vi era l'atto costitutivo stipulato dal notaio, l'omologazione cioè il controllo da parte del tribunale e poi se il controllo era positivo, l'iscrizione nel registro delle imprese. Oggi non esiste più il controllo omologatorio del tribunale in fase di costituzione ma la fattispecie costitutiva si è semplificata con due soli passaggi. Attenzione questo non significa che non esistono più controlli perché è preciso e pesantemente sanzionato l'obbligo del notaio di rogare atti conformi a legge. Quindi un tempo vi erano due controlli: del notaio e del tribunale, oggi ce n'è uno solo ma rimane il controllo del notaio che dovrà rogare solo atti costitutivi conformi alle legge, quindi rifiutare di rogare un atto non conforme a legge o di rogare una clausola dell'atto difforme dalla legge. L'iscrizione nel registro delle imprese, voi sapete, avviene oggi in via telematica e quindi attraverso una procedura velocissima; il notaio trasmette in via telematica l'atto al registro delle imprese. Nel giro di pochi anni è veramente variato in modo notevolissimo e positivo la fase genetica della società perché un tempo le cose non erano così semplici e così veloci perché un tempo si aveva l'atto notarile, poi il notaio depositava l'atto presso il tribunale formulando una domanda di omologa, che il tribunale omologava controllando che l'atto fosse conforme a legge, e nel far questo passava un certo numero di mesi; poteva anche rifiutare l'omologa chiedendo delle variazioni e quindi poteva nascere una sorta di palleggio tra tribunale e notaio: il tribunale rifiutava l'omologa indicava delle variazioni e il notaio stipulava un atto che introducesse queste variazioni e quindi passavano dei mesi e poi via via l'iscrizione nel Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale registro delle imprese attraverso anche qui una domanda; tutto questo comportava certamente un intervallo di mesi tra l'atto notarile e l'iscrizione nel registro delle imprese e quindi la nascita della società. Oggi l’intervallo è veramente di giorni: l’atto è trasmesso per via telematica al registro delle imprese ed è immesso nella banca dati. Un ulteriore profilo, che vale la pena sottolineare che è proprio delle S.r.l., è una sorta di invito che il Legislatore fa ai soci e al notaio per semplificare le cose. È un semplice invito perché non è assolutamente una norma cogente e quindi le parti e il notaio possono seguire un'altra strada. Ma vale la pena sottolinearlo perché dal punto di vista linguistico il Legislatore è stato coerente con questa scelta e l’ha sempre sottolineata nelle prassi normative. Secondo la prassi, che si perde negli anni, il contratto sociale costitutivo di una società per azioni si sdoppia in due parti, è una prassi, non c'è nessuna ragione sostanziale per seguirlo, abbiamo l'atto costitutivo e lo Statuto. Tant'è vero che il Legislatore prende atto di questa prassi. L'atto costitutivo è un atto brevissimo in cui sono indicati i soci e sono indicati gli elementi identificatori della società, quindi in sostanza nell'atto costitutivo si dice che tra Tizio, Caio e Sempronio e così via si costituisce una società per azioni, si individua la denominazione di questa società, la sede, l'oggetto, si individuano i primi amministratori e i primi componenti del collegio sindacale e finisce lì. Tutte le regole che disciplinano la vita della società, quindi tutte le regole che disciplinano i vari aspetti della società sono contenuti in un atto a parte che è lo Statuto. Poi dal punto di vista sostanziale l'atto costitutivo e lo Statuto si integrano, hanno la stessa portata. Quindi è solo una prassi quella di scindere il contratto sociale tra i due documenti. Nell'ambito della S.r.l. il Legislatore parla esclusivamente di atto costitutivo non parla mai di Statuto. Purché in sostanza invita i soci e il notaio a semplificare l'iter creando un solo documento è un mero invito perché sicuramente non esclude che anche nell'ambito del S.r.l. venga formato un atto costitutivo e un separato Statuto. Tuttavia ci segnala la cosa poichè nell'ambito della disciplina si parla solo e sempre di atto costitutivo e mai di Statuto. Certe regole su cui non si sofferma, hanno perso oggi quasi ogni portata quando esisteva un intervallo di tempo di mesi tra la costituzione, l'atto costitutivo, e l'iscrizione della società nel registro delle imprese, di chi fosse responsabile per le obbligazioni assunte in nome della società prima dell'iscrizione nel registro delle imprese. Prima dell'iscrizione nel registro delle imprese la società non esisteva, poteva essere opportuno però assumere dell'obbligazione nell'interesse della società, per esempio stipulare un contratto di locazione di un immobile, stipulare degli atti di acquisto di macchinari e materiali che venivano posti in essere per compiere un interesse di una costituenda società. Chi risponde di questi atti? C'è una norma che disciplina questa particolare ipotesi, oggi una norma che quasi ha perso significato perché l'intervallo tra l'atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese è così breve che il problema non si pone. Come pure diventa abbastanza secondario stare ad esaminare i casi di invalidità dell'atto costitutivo perché sono ipotesi così macroscopiche, di vizi così gravi, che è praticamente impensabile che un notaio ponga in essere atti con vizi di questo tipo. Un secondo settore della disciplina delle S.r.l. concerne i conferimenti e la partecipazione. Nella Srl possono essere conferiti denaro, beni, crediti così come nell'ambito della S.p.A. Tuttavia a differenza della società per azioni, nelle Srl possono essere conferite anche attività lavorative di opere e servizi. Un breve commento su quest'ultimo punto. La grande novità è che nelle Srl di un tempo opere e servizi non potevano formare oggetto di conferimento; nella nuova S.r.l. si. Primo elemento di contatto con le società di persone, anche nelle società di persone come sappiamo possono essere conferiti opere e servizi. Quindi un elemento che accomuna S.r.l. e società di persone. Il Legislatore ha scritto una norma che è difficilissima da interpretare, che è stata intesa in due sensi molto diversi e che ha dato luogo a tutta una serie di studi e di monografie e che ha impegnato molto gli interpreti ma di tutto ciò non si parla, perché ci fa un esempio più significativo di tutto. Si possono conferire anche opere o servizi cioè attività lavorativa o prestazioni intellettuali o prestazioni di altro genere. Si possono conferire dando ad esse un valore e questo valore è imputato a capitale, però il Legislatore non si Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale fida tanto di questo tipo di conferimenti e richiede che nel caso di conferimento di opere o di servizi venga anche data una fideiussione per tutta la durata in cui sono conferite le opere e i servizi di pari importo. Allora proviamo ad immaginare un piccolo esempio: immaginiamo un dottore commercialista che sia socio di una S.r.l. e che si impegni a svolgere un'attività lavorativa, una consulenza personale, in materia contabile. Ovviamente deve essere un impegno determinato perché deve essere valorizzato e quindi si dovrà specificare il tipo di impegno, il numero di ore destinate e comunque il valore di questa prestazione; immaginiamo che il valore di questa prestazione venga determinato tenendo conto del costo di una prestazione simile sul mercato. Probabilmente anche se il Legislatore non lo dice espressamente, anche in questo caso, ci va una relazione di stima come per i conferimenti in natura di crediti: per conferire beni in natura di crediti, per verificare che il valore dato sia effettivo, occorre una relazione di stima da parte di un esperto. Anche qui occorrerà una relazione di stima da parte di un esperto. Immaginiamo che dato il numero di ore, l'impegno, l'oggetto, l'attività si possa valorizzare, questa prestazione, per €10.000 l'anno; immaginiamo che il dottore commercialista si impegni ad effettuare questa prestazione per vent'anni. Allora il valore della prestazione, che poi potrà essere verificato in una relazione di stima, sarà di €10.000 per vent'anni quindi di 200.000 €. Vi immaginate cosa vuol dire ottenere e pagare una fideiussione per €200.000 per vent'anni? È vero che l'ammontare della fideiussione si ridurrebbe perché ogni anno se ne perde un pezzo, ma il costo di una fideiussione di questo tipo sarebbero elevatissimi e sarebbe una follia che un socio fornisca una prestazione di questo tipo in una S.r.l. per sopportare il costo di una fideiussione di questo ammontare. Se pensate che per costituire una S.r.l. basta un capitale minimo che non deve neanche essere versato integralmente, utilizzare questo schema è veramente una follia. Ecco perché questo istituto, per quanto risulta al professore, è rimasto sulla carta. Per conferire servizi o opere occorre dare un valore e occorre che il conferente oppure la società diano una fideiussione per quel valore, i costi della fideiussione sono tali che c'è anche difficoltà ad ottenerla; per cui questo tipo di conferimento è assolutamente sconsigliato e sconosciuto. Una curiosità, tra le tante novità che sono piovute in capo alle società dal 2004 ad oggi e anche nel 2008 con l’attuazione della seconda direttiva unificata, notate che oggi si sta già modificando questa innovazione, che tra l'altro riguarda i conferimenti e che prevede la possibilità di conferimenti di beni in natura senza relazione di stima. Forse non ne avrete sentito parlare. La nuova disciplina è così lineare e così chiara che oggi, in questi giorni, il governo ha emanato il decreto legislativo, uno schema di decreto legislativo correttivo perché detto in soldoni non si capisce niente. Comunque sia la cosa curiosa e che vorrei sottolineare è che almeno in teoria questi conferimenti in natura senza relazione di stima dovrebbero rappresentare una semplificazione; curiosamente il Legislatore le ha introdotte per le S.p.A. e non per le S.r.l., sarebbe stato logico forse la presenza delle S.r.l. Comunque stranamente abbiamo una semplificazione per i conferimenti in natura delle S.p.A. che non è estesa alle Srl. Tra le norme dettate con riferimento ai conferimenti e le norme dettate con riferimento alla partecipazione si insinua, per così dire, un articolo di grandissimo rilievo e di notevole difficoltà interpretativa. L'articolo 2467 che si riferisce ai finanziamenti dei soci; e un po' sotto l'occhio di tutti ed è stato molto evidenziato in dottrina, è stato sottolineato in giurisprudenza come vi sia una diffusa sottocapitalizzazione delle società per azioni e delle S.r.l. Bisogna intendersi e recentemente si è distinto la sottocapitalizzazione sostanziale da quella formale. La sottocapitalizzazione sostanziale è quella che deriva da un dato sostanziale cioè la società ha un patrimonio insufficiente per porre in essere l'oggetto sociale. Invece la sottocapitalizzazione detta formale/nominale, cioè la società che ha un capitale nominale in senso giuridico, ha un capitale che risulta dall'atto costitutivo, molto basso tendenzialmente pari ai valori minimi. Troviamo una S.p.A. che ha un capitale di € 120.000 e S.r.l. con capitale sociale di €10.000 e poi scopriamo che queste società hanno un patrimonio di milioni di euro e il fatturato di milioni di euro. Perché? Perché Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale accanto al capitale sociale sono stati effettuati dai soci degli apporti di cosiddetto capitale di rischio, cioè a fondo perduto, degli apporti che vengono messi e non devono essere restituiti ma che non sono imputati a capitale. Questa è una prassi molto diffusa ed è rilevante dal punto di vista fiscale. Sostanzialmente si basa su quella realtà molto diffusa che viene espressa con formule diverse ma che sostanzialmente viene indicata con l'espressione “versamenti in conto capitale”. I versamenti in conto capitale sono simili ai conferimenti perché sono apporti di capitale di rischio, apporti a fondo perduto, non c'è un obbligo di restituzione da parte della società ma sono diversi dai conferimenti perché non sono imputati a capitale ma a riserva. Questo significa che la disciplina del capitale quindi il vincolo del capitale non vale per queste riserve. La società può essere “patrimonializzata” o attraverso i conferimenti imputati a capitale, o attraverso versamenti in conto capitale a fondo perduto imputati a riserva. Quando il Legislatore usa la formula finanziamenti dei soci intende un'altra cosa: intende degli apporti a titolo di mutuo, degli apporti cioè da parte dei soci rispetto ai quali la società è obbligata alla restituzione. Quindi noi possiamo aver dei versamenti in conto capitale che sono a fondo perduto quindi li troviamo nel bilancio sotto la voce riserva, possiamo avere dei finanziamenti dei mutui operati dai soci a favore della società con obbligo di restituzione e quindi li troviamo bilancio come debiti verso i soci. Il Legislatore ha preso in considerazione questo fenomeno questa prassi dei finanziamenti dei soci cioè di soci che finanziano la società che danno in prestito alla società denaro e quindi come contropartita hanno un credito di restituzione nei confronti della società. Il Legislatore ha classificato questi finanziamenti in due grandi gruppi: i finanziamenti buoni e quelli cattivi. I finanziamenti nati in circostanze normali sono quelli buoni cioè concessi dai soci alla società in condizioni normali, cioè in circostanze di buona salute della società: la società ha bisogno di un prestito e invece di rivolgersi al ceto bancario magari con interessi elevati e con difficoltà oggi, date le varie norme di Basilea, si rivolge ai soci per un prestito magari a tassi agevolati o magari addirittura senza richiedere interessi, magari con obbligo di restituzione dilazionato nel tempo. Tuttavia ci sono anche i finanziamenti cattivi, cioè quelli nati in una situazione anomala: se la società è in una situazione di squilibrio economico e con l’acqua alla gola ed è già fortemente indebitata nei confronti delle banche, è in stato di crisi o magari di insolvenza la società di che cosa avrebbe bisogno? Avrebbe bisogno di denaro fresco, avrebbe bisogno di nuovi conferimenti o di versamenti in conto capitale senza obbligo di restituzione; se i soci fanno dei prestiti con obbligo di restituzione indebitano ancora di più la società ed allora il Legislatore è intervenuto dicendo: cari soci la società va male? volete mantenerla in vita? Fate dei conferimenti, dei versamenti in conto capitale date del denaro fresco del capitale di rischio alla società, questo si può riequilibrare le cose. Fate orecchi da mercanti? Volete effettuare dei prestiti per avere poi un diritto di credito? Non volete buttare denaro a fondo perduto? Benissimo fatelo pure però attenzione perché se effettuate un prestito in un momento di squilibrio economico, quando poi verrebbe il momento di restituzione voi sarete gli ultimi a ricevere il vostro denaro; prima dovranno essere pagati tutti gli altri creditori se questo avviene bene potrete ricevere la restituzione del vostro danaro, altrimenti no. È una norma profondamente giusta ed ecco perché fa si che i soci non concorrano con gli altri creditori, non sarebbe giusto che i soci indebitando la società poi possano concorrere con altri creditori oppure che possono essere pagati in via preferenziale rispetto agli altri creditori. Sono all'ultimo posto i soci nell'ordine di pagamento, tecnicamente si dice che posterga il credito dei soci rispetto agli altri crediti. È una norma che è stata costruita in modo infelice. Cioè è una norma che ha preso a prestito il modello tedesco, l'ha modificato e ha creato tutta una serie di problemi interpretativi non ultimo questo, e qui torniamo a un discorso di partenza: quando ci diceva la S.r.l. è a metà strada, è un ibrido tra società di persone e società azionarie è un modello che può prendere a prestito norme di qua e di là, ma può anche offrire norme di qua e di là, a questo punto si pone una domanda molto seria e la risposta non è facile: ma questa norma dettata in tema di Srl, questa norma che è costruita nella logica della responsabilità limitata Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale poiché se soci fossero illimitatamente responsabili questa norma non avrebbe senso, questa norma non si estenderà alla S.p.A.? Questo è un problema molto serio la norma è indicata per la S.r.l. e non è presente nell'ambito delle S.p.A.; si può estendere alle S.p.A.? Come vedremo questo è uno dei problemi centrali, l'altro problema è dato dal secondo comma di questa norma che introduce una strana azione revocatoria e quindi va a modificare il sistema delle azioni revocatorie. Vediamo la seconda parte di questo settore cioè quella relativa alla partecipazione. Ogni socio è titolare di una partecipazione; attenzione siamo lontani da una S.p.A. dove ogni socio è titolare di una o più azioni, qui ogni socio è titolare di una unitaria partecipazione. Il Legislatore non parla di quote di partecipazione ma di partecipazione del socio, della posizione del socio. Naturalmente la partecipazione del socio, la posizione di socio, comprende una serie di diritti e di obblighi che sono quelli che conosciamo, proprie della S.p.A., diritto di voto, il diritto agli utili, il diritto alla quota di liquidazione quando si scioglie la società; l'obbligo di versare conferimenti se non sono stati integralmente versati al momento della costituzione. La partecipazione è normalmente trasferibile, ma è possibile introdurre delle limitazioni al trasferimento della partecipazione o addirittura rendere intrasferibile la partecipazione, con qualche polemica. Perché laddove si reputa che si rende intrasferibile la partecipazione, il socio ha comunque un diritto di recesso. Questa, secondo il professore, è una delle rigidità di questa disciplina che ha poco senso; cioè si può dire la quota può essere liberamente trasferibile, allora non ci sono problemi e il socio può dare a chi vuole la sua partecipazione. Possono essere introdotti dei limiti al trasferimento della partecipazione soprattutto una clausola di prelazione e fin qui non ci sono problemi, lo stesso vale per le S.p.A. in cui è molto frequente una clausola che preveda che in caso di trasferimento delle partecipazioni a parità di condizioni debbano essere preferiti gli altri soci. Ma può essere introdotta anche una clausola di intrasferibilità, in questo caso però il socio può recedere. Quindi il socio attraversò il recesso può uscire dalla società; al professor non sembra una scelta tanto razionale, perché gli sembra che invece dovrebbe essere valorizzato l'interesse dei soci a blindare la compagine sociale. Immaginiamo un caso in cui si costituisce una Srl per porre in essere una certa attività e i soci che hanno partecipato alla costituzione rappresentano personaggi che hanno dei ruoli diversi; per esempio c'è il socio finanziatore, che ha alle spalle un notevole patrimonio, c'è il socio che ha delle competenze tecniche, magari è titolare di brevetti o di capacità tecniche e può dare un apporto sostanziale per iniziare una certa attività, c'è il socio che ha delle competenze nelle capacità manageriale, c'è il socio che ha delle conoscenze di mercato. Ecco questa società in fase, come si dice, di start-up potrebbe lanciare un prodotto/una realtà nuova e potrebbe aver bisogno di tutte queste competenze, di tutti questi soci con questi requisiti. Il professore non capisce perché non si possa blindare la compagine sociale prevedendo la intrasferibilità della partecipazione almeno con un certo periodo di tempo; in realtà il Legislatore lo prevede, ma lo prevede per un periodo di tempo troppo limitato, di due anni. Si può stabilire con una clausola che per due anni la quota non sia trasferibile e i soci non possono recedere. Quindi per due anni la compagine sociale rimane inalterata. Due anni gli sembra veramente poco, e non vede perché non si poteva arrivare a 5 anni o 10 anni; qui l’autonomia privata è sovrana. Non capisce per quale ragione tutelare così a fondo l'interesse del socio ad uscire dalla società; certamente l'interesse ad uscire, al disinvestimento, ha senso nelle grandi società, ha senso lasciare libero l'azionista di investire o disinvestire; ma nelle società piccole perché non tutelare invece l'interesse a blindare, lasciare inalterata la compagine sociale? Il trasferimento della partecipazione oggi avviene in un modo diverso; tra i tanti interventi spot del Legislatore in quelle norme, leggi nostrum, che contengono di tutto e di più nell'ottica della semplificazione si è prevista la soppressione del libro dei soci. Chissà poi perché, è nato come un fungo questo provvedimento e quindi oggi il trasferimento della partecipazione avviene attraverso naturalmente il contratto e l'iscrizione del contratto nel registro delle imprese. Un punto di grande interesse è la possibilità di prevedere dei diritti che non sono ancorati alla Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale partecipazione ma alla persona del socio. È una delle innovazioni più interessanti. Cioè noi possiamo avere, come per le S.p.A. e per le società di persone, una serie di diritti che rappresentano un contento della partecipazione; io costituisco una società a responsabilità limitata e acquisto una partecipazione del 10%, oppure acquisto da Tizio una partecipazione in una società a responsabilità limitata del 10%. Acquisire la partecipazione fa sì che sorgano determinati diritti, il voto in assemblea per esempio. Ma è possibile che uno o più soci abbiano dei diritti che non fanno parte della partecipazione ma che vengono attribuiti al socio in quanto tale. La partecipazione rappresenta la contropartita del conferimento: conferisco 100 e come contropartita ottengo una partecipazione nella società pari, supponiamo, al 10%; quindi conferisco denaro, conferisco opere, conferisco beni, conferisco crediti, conferisco anche opere o servizi e come contropartita ottengo una partecipazione nella società. Il Legislatore ha introdotto, per la S.r.l. e per le S.p.A., la possibilità di partecipazioni non proporzionali al conferimento. Questo è un dato interessante ed è comune alle S.r.l. e alle S.p.A. Quindi se c'è un capitale di 100 conferisco in denaro 10 normalmente dovrei ottenere una partecipazione pari al 10%, invece potrei ottenere anche una partecipazione pari al 15%, 20%, 30% o una partecipazione pari al 5%. Quindi potrei ottenere una partecipazione non proporzionale al conferimento. Nelle S.r.l. c'è la possibilità che il socio in quanto tale ottenga dei diritti che il Legislatore chiama particolari diritti. Una partecipazione non proporzionale può dipendere da un atto di liberalità. Si costituisce una società tra padre e tre figli, fanno tutti un conferimento paritetico, però il padre fa un atto di liberalità per far beneficiare i figli e consente che la loro partecipazione sia più che proporzionale. Quindi supponiamo che conferiscano tutti 25 ma i figli ottengano il 30%. Qui alle spalle di questa non proporzionalità c'è una sorta di donazione, di atto di liberalità, con tutte una serie di problemi sulla applicazione della disciplina della donazione. Il caso più interessante è quello che vede nella partecipazione non proporzionale la remunerazione di un apporto non conferibile. I conferimenti possono avere per oggetto denaro, beni in natura, crediti, opere o servizi; ma esistono degli apporti, delle realtà economiche che possono essere attribuite alla società che non sono conferibili, perché non hanno un valore, non possono essere imputata capitale; per esempio la presenza in società di un grande calciatore, di un noto personaggio del cinema o dello spettacolo in una società nell'ambito della moda, del turismo, così via, può rappresentare un apporto di grandissimo valore, ma è un apporto non conferibile tecnicamente. Oppure la presenza di un personaggio con grandi capacità manageriali, con grandi relazioni industriali, con grandi relazioni con il mondo finanziario, può rappresentare per la società un apporto di grandissimo valore ma anche qui non conferibile. La partecipazione non proporzionale può essere un modo di regolare un apporto non conferibile. Tizio grande calciatore, grande attore, grande uomo di spettacolo, accetta di entrare in società, conferisce 10 e ottiene una partecipazione di 30% per, in qualche misura, remunerare l'apporto che da con la sua immagine. In parte il discorso dei particolari diritti si collega a questo profilo, cioè anche attraverso i particolari diritti si vuole remunerare una partecipazione particolarmente qualificata o si vuole creare una particolare posizione ad un socio. I particolari diritti sono importantissimi perché permettono di costruire la posizione del socio, confezionandola in funzione del suo ruolo. Il socio è tecnicamente titolare di una partecipazione, con i relativi diritti, ma può inoltre usufruire di particolari diritti. I particolari diritti possono consistere: in un particolare privilegio nella distribuzione degli utili, non solo dando al grande attore una partecipazione più che proporzionale ma addirittura un privilegio nella distribuzione degli utili, cioè se ci sono utili fino a una certa percentuale andranno prima di tutto a lui; in diritti amministrativi e quindi possono consistere per esempio nella facoltà di nominare uno o più amministratori, nella stessa facoltà di essere amministratore o ancora nella facoltà di effettuare determinati atti gestori, cioè ad un socio si può attribuire il potere di nominare un amministratore, si può attribuire il potere/la qualifica di amministratore, si può attribuire il potere di effettuare certe decisioni. Vediamo alcuni esempi. Oggi si parla molto delle società miste, cioè Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale società in parte in mano privata e in parte in mano pubblica; società che svolge certi pubblici servizi, attività di interesse pubblico, in cui sono presenti enti pubblici e soggetti privati. Poi possiamo avere società miste a prevalenza di enti pubblici quindi dove il privato e socio di minoranza, o con prevalenza di soci privati dove il pubblico è di minoranza. Pensiamo a una società mista erogatrice di servizi a prevalente partecipazione privata, l'ente pubblico potrebbe richiedere per svolgere meglio il suo ruolo di ente pubblico di avere il diritto di nominare uno o più amministratori anche se è socio di minoranza, e in teoria essendo socio di minoranza, tutti gli amministratori sarebbero di nomina dell'altro socio di maggioranza; è con lo strumento dei particolari diritti che si può attribuire all'ente pubblico la facoltà di nominare uno o più amministratori oppure si può attribuire il potere di autorizzare determinati atti gestori che non possono essere posti in essere, ad esempio, dal consiglio di amministrazione costituito da soggetti eletti dai soci di maggioranza senza il consenso dell'ente pubblico. La presenza dei particolari diritti, crede il professore, abbia un rilievo notevolissimo e che possa avere un rilievo notevolissimo nella vita delle S.r.l. consentendo appunto di creare per così dire un ruolo fatto su misura di ciascun socio. Attenzione i particolari diritti sono attribuiti alla persona del socio, quindi se si costituisce una S.r.l. tra Tizio, Caio e Sempronio supponiamo con partecipazione paritetica e si attribuisce a Tizio per il suo particolare ruolo un particolare diritto, per il suo particolare prestigio, perché in sede di costituzione lo protende,( in sede di costituzione ogni socio può avere la sua forza contrattuale, il potere di nominare un amministratore). Questo particolare diritto è attribuito a Tizio e non fa parte della partecipazione di Tizio, cosa vuol dire in concreto? Se la partecipazione di Tizio viene trasferita ad altri, trasferisce i diritti contenuti nella partecipazione ma non il particolare diritto che è attribuito a Tizio in quanto tale. Quindi i particolari diritti sono attribuiti alle persona di quel socio, ritagliano un particolare ruolo di quel socio e sono quindi estranei alla partecipazione; pertanto se Tizio cessa di essere socio e trasferisce la sua partecipazione il particolare diritto non segue la partecipazione. Chi acquista quella partecipazione non avrà la facoltà di nominare un amministratore e non sarà automaticamente amministratore; salvo che ci sia un accordo in questo senso tra tutti i soci. Riprendiamo la breve carrellata sulla Società a responsabilità limitata. Se si immaginassero due binari, uno per le Spa e uno per le Srl: - il primo tratto relativo alla costituzione vede i due binari paralleli; - un altro tratto relativo ai conferimenti vede, invece, uno scostamento, anche notevole, del binario della Srl, visto che sono ammissibili nelle Srl e non nelle Spa, conferimenti di opere e di servizi, ma come abbiamo visto sono praticamente realtà sconosciute; - i binari si separano quando parliamo di azioni e partecipazioni in quanto sono due discipline molto diverse; - tornano a diventare sostanzialmente paralleli in tema di recesso. Il legislatore ante riforma, (il legislatore del 1942), aveva confinato il recesso tanto dell’azionista, quanto del quotista di Srl, in un ambito limitatissimo, cioè erano pochissime le ipotesi di recesso previste dal legislatore. Inoltre il legislatore non consentiva all’autonomia dei soci di introdurre nuove ipotesi di recesso e non solo (Ninfo Point). La disciplina di liquidazione della quota, (cioè la disciplina della somma dovuta dalla società al socio che abbia esercitato il diritto di recesso, pari al valore pro-quota del patrimonio della società in astratto) era quanto mai punitiva per il socio che intendesse recedere. Questo perché il patrimonio della società era valutato non a valori effettivi ma a valori di bilancio. In sostanza il socio di Spa e di Srl, nel sistema anteriore, poteva recedere in pochissimi casi che erano tre e in più era trattato malamente, visto che la somma che la società doveva corrispondergli era calcolata a valori di bilancio prudenziali, e quindi senza tener conto dell’avviamento, e non a valori effettivi del patrimonio sociale. Oggi il legislatore ha rovesciato la Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale prospettivatanto per le Spa, quanto per le Srl, con una disciplina che in qualche profilo si diversifica, ma che sostanzialmente è parallela. Le ipotesi di recesso sono molto più numerose. Purtroppo non coincidono esattamente le ipotesi di recesso nell’ambito delle Spa e nell’ambito delle Srl e a volte è anche difficile capire il perché, e verrebbe anche il dubbio che, semplicemente, le due commissioni che hanno costruito le due discipline non si siano tanto confrontate. Altre volte, sempre purtroppo, la disciplina delle Srl prevede delle ipotesi di recesso difficilissime da individuare e quindi da applicare e cioè delle ipotesi di recesso dai confini quanto mai impalpabili. In ogni caso per le Spa e per le Srl, i soci possono introdurre nuove cause di recesso. Quindi, accanto al recesso legale, è possibile prevedere ipotesi di recesso convenzionale e, inoltre, sia l’azionista, sia il quotista sono trattati bene perché hanno diritto ad una quota di liquidazione calcolata sul valore effettivo del patrimonio sociale. Sicuramente il recesso è un istituto molto importante, è un istituto che può dar luogo a problemi, è certamente un istituto che sostanzialmente rappresenta anche altre finalità e altre prospettive, ma sostanzialmente rappresenta un correttivo al potere della maggioranza. In sostanza il legislatore, non solo italiano, si muove in questa prospettiva: i soci di maggioranza possono introdurre tutta una serie di modificazioni nell’atto costitutivo, quindi cambiare le regole del gioco cammin facendo durante la vita della società, in alcuni casi però, quando questi cambiamenti sono molto incisivi e quindi possono particolarmente toccare la posizione del socio, i soci non consenzienti, (quindi i soci che non hanno votato a favore, ma che hanno votato contro oppure si sono astenuti oppure non erano presenti) possono esercitare il diritto di recesso. Con ciò la società dovrà corrispondere a questi soci pro-quota il valore effettivo del patrimonio sociale, cioè una somma pari al valore effettivo del patrimonio sociale. Quindi, se per esempio, la società modifica la sede che da Torino passa a Moncalieri, si tratta tendenzialmente di una modificazione del contratto sociale non di particolare rilievo. Ma se la società si trasforma in un altro tipo, quindi con l’applicazione di una diversa disciplina che può comportare pesanti ricadute sul socio, ecco che questa è un’ipotesi che consente al socio non assenziente di Srl di esercitare il diritto di recesso e quindi di pretendere dalla società una somma pari al valore pro-quota del patrimonio della società calcolato in base al suo valore effettivo. Voi capite che questo è un notevole correttivo al potere della maggioranza perché una maggioranza del 52% non può adottare una deliberazione che magari possa determinare il recesso di tutti gli altri soci, altrimenti la società potrebbe dover restituire a questi soci delle somme così elevate tali da non essere più in grado di continuare l’attività sociale. Nelle prossime lezioni vedremo un tema interessante, vedremo poi di affrontarlo nei particolari vedendo i vari profili e quindi le ipotesi di recesso, le modalità di esercizio del diritto di recesso, le modalità di liquidazione della quota e così via. Un ulteriore importantissimo profilo è quello che riguarda, come si usa dire oggi, la governance della Srl, e quindi l’amministrazione e il controllo all’interno della disciplina delle Srl. Una curiosità (il professore non sa darne una spiegazione sicura) nell’ambito della disciplina della Spa è che: seguendo l’ordine di apparizione del codice troviamo prima la disciplina dell’assemblea, poi quella degli amministratori, poi quella del collegio sindacale. Qui (voleva dire nelle Srl) il legislatore ha invertito le cose, e quindi troviamo prima la disciplina degli amministratori e del controllo e poi la disciplina dell’assemblea. Ecco, con riferimento alla governance e quindi in sostanza alla struttura interna della Spa, alle modalità di assunzione delle decisioni, al controllo troviamo una prospettiva/disciplina molto molto diversa da quella della Spa. Qui veramente entriamo nel cuore delle peculiarità di questo modello societario. Prendiamo le mosse dalla disciplina degli amministratori. Attenzione: sappiamo che nell’ambito della Spa il legislatore della riforma ha introdotto tre modelli di amministrazione e controllo: - il modello tradizionale, detto anche modello latino; - il modello dualistico, detto anche di stampo tedesco; e - il modello monistico, detto anche di stampo inglese. Il modello tradizionale è quello che tutti noi conosciamo: assemblea, amministratori, collegio sindacale. Il modello dualistico ha avuto vita un po’ stentata finché ad un certo punto ha avuto un boom, non Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale tanto numerico, quanto di importanza. Noi tutti sappiamo che la fusione Intesa-Sanpaolo ha portato all’adozione del modello dualistico che poi è stato seguito da altri istituti bancari. Tale modello ha avuto un momento di successo e oggi è di nuovo un pochettino in crisi. Il modello dualistico è un modello che prevede: l’assemblea, l’organo amministrativo (che non si chiama consiglio di amministrazione ma si chiama consiglio di gestione, ma è un consiglio di amministrazione) e tra l’assemblea e il consiglio di gestione si incunea un organo nuovo, a metà strada, che è il consiglio di sorveglianza, mentre non c’è più il collegio sindacale. Il consiglio di sorveglianza ha alcuni compiti/competenze dell’assemblea, può avere alcune competenze degli amministratori di alta amministrazione e ha le competenze del collegio sindacale. Il modello dualistico (come ci diceva prima) ha avuto sicuramente un certo numero di applicazioni e ha avuto questo momento di grande successo con la vicenda Intesa-Sanpaolo. Il modello monistico, invece, è un po’ una stranezza. Secondo il professore ha avuto pochissime applicazioni e non ricorda di averlo mai operativamente incontrato. Nel modello monistico esiste l’assemblea, il consiglio di amministrazione e non esiste il collegio sindacale. I compiti del collegio sindacale sono svolti da un organo interno al consiglio di amministrazione. E’ un po’ una stranezza ma tale organo risulta formato da amministratori ed è nominato dal consiglio di amministrazione. Deve trattarsi di amministratori indipendenti, cioè di amministratori che non abbiano rapporti con la società o con i soci, e si tratta di amministratori che non debbono avere deleghe, quindi che non debbano essere amministratori delegati o membri del comitato esecutivo. Questo organo nominato dal consiglio di amministrazione all’interno dello stesso consiglio di amministrazione, formato da consiglieri indipendenti e non esecutivi, ha i compiti di controllo propri del collegio sindacale e prende il nome di comitato per il controllo sulla gestione. E’ un po’ una stranezza, perché alcuni amministratori prima si mettono il cappello di amministratori e partecipano alle decisioni del consiglio, e poi sostanzialmente si mettono il cappello dei sindaci/organo di controllo e valutano quello che ha fatto il consiglio, a cui loro stessi hanno partecipato. Il professore ha raccontato tutto questo per sottolineare che c’è qualche opinione dissenziente in dottrina, ma che sostanzialmente l’opinione prevalente e soprattutto la prassi sostengono che i modelli alternativi (cioè il modello dualistico e il modello monistico) non hanno cittadinanza nella Srl. Quindi nella Srl non è configurabile né il sistema dualistico, né il sistema monistico. Il professore non ci dà la dimostrazione e ci dice di stare sulla parola in quanto le norme previste inderogabilmente dal legislatore in tema di assembla e in tema di collegio sindacale rendono praticamente inconfigurabile le due ipotesi, e inoltre nella prassi non ci si è mai posti il problema di adozione di questi modelli. Quindi, una prima differenza è proprio questa: i due modelli alternativi, qui, non sono utilizzabili. Questo non significa che trovi applicazione solo il modello tradizionale – assemblea , amministratori, collegio sindacale – ma tutt’altro. Infatti da parte dello stesso legislatore e poi la fantasia dei soci possono ancora allargare queste ipotesi. Abbiamo tutta una serie di alternative che riguardano il sistema di amministrazione, riguardano la nomina degli amministratori, riguardano le competenze degli amministratori. Esistono tanti modelli in funzione di questi vari profili. Incominciamo dai sistemi di amministrazione. Abbiamo messo da parte il sistema dualistico e il sistema monistico ma questo non vuol dire che esista un unico sistema di amministrazione. I soci possono adottare il sistema tradizionale delle Spa. Quindi possono costruire una Srl con la sua brava assemblea e il suo bravo consiglio di amministrazione che rappresenta un organo collegiale com’è il consiglio di amministrazione delle Spa. Ma l’atto costitutivo potrebbe prevedere un modello in parte differente. Potrebbe, cioè, prevedere un consiglio di amministrazione che funziona secondo una tecnica particolare (poi cammin facendo nel corso si soffermerà su questo profilo). Al professore viene spontaneo far riferimento ad un organo collegiale vicino a tutti noi, cioè al consiglio di facoltà. Il consiglio di facoltà è un organo collegiale. Ci sono tantissimi organi collegiali da quelli più importanti come ad esempio quelli presenti nel nostro sistema costituzionale. E’ un organo collegiale la Camera, il Senato, la Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale Corte Costituzionale. Sono organi collegiali i vari organi decisionali dal Governo, i vari organi degli Enti Locali, l’Assemblea e il Consiglio di Amministrazione nelle Spa. Che cosa vuol dire organo collegiale? Vuol dire che funziona secondo il metodo/principio di collegialità. Cioè vuol dire che le deliberazioni adottate da questo organo presuppongono una convocazione di tutti coloro che fanno parte dell’organo in un certo luogo, in un certo tempo, con un certo ordine del giorno. Detto in termini più sintetici e un po’ più sofisticati si parla di unità-temporale nella raccolta del consenso, cioè il consenso dei vari partecipanti è raccolto/espresso in un certo luogo, in un certo tempo, con un certo ordine del giorno. Il Preside, in genere, convoca il Consiglio di Facoltà il terzo mercoledì del mese, lo convoca nell’attuale Aula Magna e invia a tutti i partecipanti (docenti e studenti) un ordine del giorno, e cioè indica le materie che saranno oggetto di deliberazione. La collegialità, laddove è prevista in modo inderogabile, non può essere superata. Il che vuol dire (il professore si scusa per l’esempio banale) che se il Consiglio di Facoltà dovesse adottare una certa decisione, il Preside non ha altra via se non quella di convocare tutti coloro che fanno parte del Consiglio di Facoltà (ci sono anche delle convocazioni straordinarie) e adottare in quella sede la deliberazione. Non potrebbe telefonare a tutti i partecipanti o mandare una e-mail a tutti i partecipanti. Se anche tutti i partecipanti rispondessero con una e-mail di essere d’accordo su una certa decisione, quella delibera sarebbe una delibera inesistente, non sarebbe una delibera. Ora, l’unità-temporale nella raccolta del consenso naturalmente è volta a premettere due finalità fondamentali. Prima di tutto a permettere ai vari partecipanti di esprimere il loro voto in modo consapevole con tutte le informazioni del caso. Sempre stando nell’esempio del Consiglio di Facoltà, il Preside e qualunque presidente di un organo collegiale non si limita a leggere la delibera ma la illustra, dà tutte le informazioni, ed è un compito preciso di un presidente di un organo collegiale fornire tutte le informazioni utili per prendere in modo consapevole la decisione. Ma c’è di più, i partecipanti all’organo collegiale possono alzare la manina e chiedere la parola. Questa è una delle possibili manifestazioni dei loro interventi mediante la richiesta di ulteriori informazioni. Questa è una prima fondamentale finalità, quella di acquisire le informazioni necessarie. Ma c’è un ulteriore importantissima finalità: chi partecipa ad un organo collegiale e partecipa alla relativa discussione può esporre la propria opinione e cercare di influenzare il voto degli altri partecipanti. Quindi ottenere informazioni e influenzare gli altri partecipanti sono le finalità della collegialità. Certamente il fatto di essere tutti, o almeno coloro che intendono partecipare, presenti in un certo luogo e in un certo momento facilita, ovviamente, il dialogo e facilita la possibilità di interventi. Il professore fa notare un profilo importante che è sotto gli occhi di tutti: è chiaro che, oggi, dati i mezzi informatici si ha collegialità in senso pieno anche quando non c’è una partecipazione fisica nello stesso luogo e nello stesso tempo; è sufficiente una partecipazione virtuale attraverso mezzi di telecomunicazione, tant’è che molti statuti prevedono la possibilità di utilizzare mezzi di telecomunicazione per tenere le riunioni del Consiglio di Amministrazione e, addirittura, dell’Assemblea. Certamente la collegialità è uno strumento molto utile in questo senso, cioè, ritornando all’esempio del Consiglio di Facoltà i partecipanti al Consiglio di Facoltà (gli aventi il diritto), circa 100- 150- 200 persone, è chiaro che non è molto facile potere aver un dialogo tra queste persone se non attraverso una presenza nello stesso luogo e nello stesso tempo. Il discorso cambia notevolmente quando i partecipanti ad un certo organo collegiale sono 1-2-3-4-5. Nel caso del Consiglio di Amministrazione di una Srl nella prassi si tratta di Consigli di 2-3-4-5 persone ed allora il legislatore ha ritenuto, giustamente, seguendo l’esempio di altri ordinamenti, in particolare quello francese, di superare in parte il principio di collegialità nel senso di ritenere che comunque si debba raccogliere il consenso da ciascun amministratore ma non necessariamente nello stesso luogo o nello stesso tempo. Quindi ha previsto la possibilità di introdurre una clausola che consenta la raccolta del consenso in tempi e luoghi diversi. E’ quella che il legislatore chiama consultazione scritta o consenso espresso per iscritto. La raccolta deve essere sempre fatta Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale tramite dichiarazioni scritte. La dottrina ha attribuito il nome di collegialità attenuata. Collegialità perché la raccolta si estende sempre a tutti i componenti e attenuata perché non occorre la riunione nello stesso luogo e nello stesso tempo. Quindi quando il Consiglio di Amministrazione funziona secondo la collegialità, potremmo dire piena, il Presidente del CdA convoca i Consiglieri in un certo luogo (ad esempio presso la sede della società), in un certo locale, in un certo giorno, in una certa ora e con un certo ordine del giorno. Se, invece, è prevista la possibilità di utilizzare la consultazione scritta il Presidente del CdA potrebbe, per esempio, inviare una e-mail prospettando l’adozione di una certa deliberazione a tutti i Consiglieri se la maggioranza dei Consiglieri si esprime a favore la deliberazione è adottata anche se non si riuniscono, anche se il consenso è espresso per iscritto in tempi e in luoghi diversi. Quindi il Consigliere che si trova negli Stati Uniti manderà la sua e-mail un certo giorno, il Consigliere che si trova in Cina la manda il giorno dopo, quando c’è il consenso della maggioranza, naturalmente tutti hanno ricevuto la proposta, la deliberazione è adottata. Ma c’è di più, e qui il professore non sa se in pratica queste possibilità siano state molto sfruttate. C’è la possibilità, addirittura, per le Srl di adottare le forme di amministrazione proprio delle Società di Persone, e quindi ricorderete l’amministrazione disgiunta e l’amministrazione congiunta. L’amministrazione disgiunta vuol dire che ogni amministratore può decidere da solo senza consultare gli altri. Amministrazione congiunta vuol dire che possono decidere gli amministratori all’unanimità o a maggioranza anche senza una convocazione. Voi vi chiederete: “Che differenza c’è tra amministrazione congiunta e collegialità attenuata?”. Non è facilissimo ma la differenza dovrebbe essere questa: - se l’amministrazione è congiunta all’unanimità, sostanzialmente non c’è differenza, forse non occorre neppure la forma scritta (ribadisce “forse”); - se, invece, l’amministrazione è congiunta a maggioranza la differenza c’è, eccome. Nel senso che, con la collegialità attenuata occorre raccogliere il consenso da tutti, quindi occorre trasmettere una proposta a tutti gli amministratori e quando la maggioranza degli amministratori si esprime in senso favorevole la proposta è adottata. Con l’amministrazione congiunta a maggioranza, probabilmente non è neppure necessario questo. Immaginiamo che ci siano 5 amministratori. Il presidente potrebbe consultare l’amministratore n.1 -2- 3 e se sono d’accordo potrebbe neppure consultare il n. 4 e 5. Ma le ipotesi di amministrazione disgiunta e congiunta pur essendo espressamente previste dal legislatore, il professore non crede che abbiano una grande applicazione pratica. In pratica i metodi più diffusi sono quelli o del Consiglio di Amministrazione o del Consiglio di Amministrazione con la collegialità attenuata, cioè senza necessità di convocazione. E’ chiara la differenza? (Riprende i concetti) In un caso (collegialità attenuata) debbono essere consultati tutti gli amministratori e se la maggioranza è favorevole la deliberazione è assunta. Nell’altro caso, amministrazione congiunta a maggioranza, è sufficiente consultare tanti amministratori finché si arriva alla maggioranza, poi è irrilevante consultare ancora gli altri. Quindi i modelli possibili sono: - Consiglio di Amministrazione; - Consiglio di Amministrazione con la collegialità attenuta; - Amministrazione Disgiunta; - Amministrazione Congiunta; Un altro profilo di notevole interesse è quello della nomina. Gli amministratori di Spa sono nominati dall’assemblea. Gli amministratori di Srl possono, ovviamente, essere nominati dall’assemblea, quindi è possibile un sistema di nomina coincidente con quello degli amministratori delle Spa, con questa differenza: qui non vale il limite dei tre esercizi. Voi sapete che gli amministratori di Spa possono essere nominati al massimo per tre esercizi. Nel caso delle Srl no, potrebbero essere nominati a tempo indeterminato, fino a revoca o per un numero di esercizi superiore a tre. La nomina da parte dell’assemblea potrebbe mancare quando (e qui ritorniamo al discorso fatto la precedente lezione sui diritti particolari), per esempio, potrebbe essere previsto un diritto particolare a favore di un certo socio, o di certi soci, consistente nella nomina di Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale uno o più amministratori. Quindi, per esempio, abbiamo un consiglio di amministrazione di cinque componenti, quattro sono nominati dall’assemblea e uno è nominato da un singolo socio come diritto particolare. Ma si potrebbe anche prevedere come diritto particolare non la nomina di un amministratore ma l’essere amministratore, per cui se abbiamo un consiglio di amministrazione composto da cinque amministratori, quattro sono nominati dall’assemblea e uno è il Signor Giuseppe Verdi, come diritto particolare ha quello di essere amministratore. Nulla esclude che si adotti il sistema delle Società di Persone e quindi tutti i soci siano amministratori oppure alcuni soci siano amministratori. Quindi lo stesso atto costitutivo preveda che tutti o alcuni soci siano, in quanto soci, anche amministratori. Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale 2. Le competenze nella Spa e nella Srl Nell’ambito della Spa, se ricordate, il legislatore della riforma è stato chiaro. L’assemblea ha determinate competenze, c’è una bella elencazione. Il consiglio di amministrazione/ l’amministratore unico/l’organo amministrativo ha la competenza gestoria. Inoltre il legislatore ha detto che spetta all’organo amministrativo in via esclusiva la competenza gestoria. Il che vuol dire che nell’ambito delle Spa non è possibile attribuire competenze gestorie all’assemblea. Nell’ambito delle Spa vi è una ripartizione delle competenze tra assemblea e organo amministrativo rigido. L’assemblea ha certe competenze, la gestione spetta al consiglio di amministrazione e questo modello non è modificabile. L’unica possibile modifica, che è una variante non troppo incisiva, consiste nell’introdurre una clausola che attribuisca all’assemblea competenze autorizzative per determinati atti. Vuol dire che quell’atto è sempre di competenza dell’organo amministrativo ma per compierlo deve avere l’autorizzazione (disco verde) dell’assemblea. Quindi, se nulla è previsto tutti gli atti, tutte le scelte gestorie sono di competenza del consiglio. Non si può introdurre una clausola, e quindi sarebbe nulla, una clausola che attribuisse competenze gestorie all’assemblea, cioè stabilisse che l’assemblea, per esempio, decide gli atti di acquisto di immobili. Questa è una competenza gestoria che deve rimanere al consiglio. Sarebbe valida una clausola che invece stabilisse che in caso di acquisto di un immobile gli amministratori debbano ottenere l’autorizzazione dell’assemblea. In questo caso la scelta gestoria di acquistare l’immobile è sempre degli amministratori ma non possono porre in essere questa operazione senza il consenso/autorizzazione dell’assemblea. Nelle Srl il discorso cambia radicalmente. Nelle Srl abbiamo un modello di ripartizione delle competenze tra assemblea e organo amministrativo che ricalca quello della Spa. Sostanzialmente l’assemblea ha gli stessi compiti proprio dell’assemblea della Spa e l’organo amministrativo ha la competenza gestoria. Cosa Cambia? Cambia tanto perché questo modello non è un modello rigido, é un modello derogabile dai soci. E’ possibile che i soci sottraggano competenze gestorie, attraverso l’atto costitutivo, per attribuirle all’assemblea. Quindi è possibile una diversa ripartizione di competenze tra assemblea e organo amministrativo con riduzione dei poteri gestori dell’organo amministrativo e l’attribuzione di questi poteri all’assemblea. Questo modello alternativo può presentarsi in modo molto variegato, cioè è possibile una clausola poco incisiva che attribuisca all’assemblea solo il compito di autorizzare determinati atti, ma è possibile una clausola che attribuisca all’assemblea il compito di decidere (ribadisce “decidere”) determinati atti, di decidere qualche atto particolarmente importante, di decidere molti atti, di decidere moltissimi atti. Tant’è vero che al consiglio di amministrazione non può essere sottratto un nucleo di competenze estremamente limitato, che quasi si riduce solo alla redazione del progetto di bilancio. Quindi sostanzialmente è possibile sottrarre, attraverso clausole dell’atto costitutivo, quasi tutte le competenze del consiglio di amministrazione/organo gestorio e attribuirle all’assemblea. È possibile costruire un’assemblea con amplissimi compiti gestori come organo fondamentalmente gestorio e rendere l’organo amministrativo un organo con pochissime competenze che sostanzialmente esegue le deliberazioni dell’assemblea. E’ possibile, ancora, e torniamo sui diritti particolari, attribuire competenze gestorie a singoli soci quali diritti particolari, e quindi stabilire che determinate scelte autorizzative, ma anche decisorie, siano attribuite ad un singolo socio. Quindi una clausola che dicesse “ l’acquisto degli immobili è di competenza dell’assemblea “ è una clausola valida nelle Srl. Una clausola che dicesse “l’acquisto degli immobili sarà deciso dal socio Signor Mario Rossi come diritto particolare” è una clausola valida nelle Srl. Vedete che siamo lontanissimi dalla disciplina della Spa. Quindi sotto il profilo delle competenze è possibile attraverso il gioco delle clausole dell’atto costitutivo di costruire un’ assemblea con competenze gestorie, con moltissime Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale competenze gestorie, addirittura è possibile attribuire a singoli soci competenze, anche molte competenze gestorie. Col che si parla giustamente di una assemblea gestoria o di soci gestori. Domanda di uno studente: “ E’ possibile che ci sia una Srl con socio unico dove l’unico socio faccia assemblea e amministratore ?” Professore :” La sua domanda è interessante. Sì, è possibile e formalmente avrebbe dei ruoli diversi. Nel senso che, ci sarebbe un’ assemblea formata solo dal socio unico che nomina se stesso amministratore.” E’ anche possibile, ed è abbastanza frequente, che i soci siano anche amministratori, per esempio, ci sia un’assemblea di tre soci e tutti e tre sono amministratori. Tutto questo dimostra come l’Srl si presenti come un modello molto elastico, molto variabile. Abbiamo visto quattro modelli di amministrazione, amministratori nominati dall’assemblea o addirittura nominati dai soci o i soci che sono automaticamente amministratori, competenze del consiglio di amministrazione più o meno ampie e competenze del’assemblea più o meno ampie. Tutto questo ha però dei riscontri, e dei riscontri non sempre positivi sotto il profilo del tema importantissimo della responsabilità. Qui troviamo una delle norme più importanti che hanno dato maggior adito a profili e a dubbi interpretativi, che hanno già trovato notevole riscontro nella giurisprudenza. La Srl nuova ha pochi anni di vita, ma le sentenze e la giurisprudenza, soprattutto in questo tema della responsabilità, ha avuto già un discreto numero di occasioni per affrontarlo. E’ un tema assolutamente delicato ed è forse uno dei profili più importanti su cui dovremo soffermarci. La responsabilità degli amministratori. Nell’ambito della Spa (questo è uno dei punti nodali) gli amministratori sono responsabili verso la società, verso i creditori sociali e verso i singoli soci o terzi. Quando si parla di responsabilità degli amministratori, ma anche dei sindaci, dei revisori, si parla di una responsabilità per danni, quindi di una responsabilità da cattiva gestione che ha determinato dei danni alla società. Gli amministratori sono responsabili verso la società in presenza di due presupposti fondamentali:- l’aver violato i loro doveri; e – l’aver arrecato un danno al patrimonio della società. E’ chiaro che se hanno violato i loro doveri, ma non hanno recato un danno al patrimonio della società potranno essere revocate, ad esempio, ma non si potrà agire in responsabilità perché non c’è un danno da risarcire. Come pure, se hanno arrecato (attenzione !) un danno al patrimonio della società ma non hanno violato i loro doveri, non sono responsabili. Questo è molto importante, se hanno recato un danno al patrimonio della società, ma non hanno violato i loro doveri, non sono responsabili. Questa è una regola cardine, propria del diritto di tutti i paesi. La regola elaborata negli Stati Uniti è la regola per cui gli amministratori non rispondono per errori di gestione. Quindi se hanno posto in essere un affare e hanno condotto il tutto con la diligenza richiesta, se poi l’affare non è andato a buon fine non sono responsabili. La responsabilità verso la società è una responsabilità di tipo contrattuale. Voi ricordate la fondamentale distinzione tra responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale, l’una deriva dalla violazione di un preciso rapporto e l’altra dalla violazione del principio generale di non arrecare un danno ingiusto. Allora, tra amministratore e società c’è un preciso rapporto, c’è un contratto di amministrazione. Sulla base di questo rapporto gli amministratori sono tenuti a gestire la società con la diligenza richiesta, ad adempiere i doveri posti dalla legge e dall’atto costitutivo, se arrecano un danno alla società rispondono verso la società e devono risarcire il danno alla società, ed è quindi una responsabilità contrattuale. Lo stesso discorso vale per le Spa e per le Srl. Stesso regime di responsabilità. Anche gli amministratori di Srl se violano il loro dovere e recano un danno al patrimonio della società rispondono verso la società. Ma qui incontriamo una prima differenza di grandissimo rilievo. Chi può proporre, chi può esercitare, o meglio, chi può decide di esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori? Nelle Spa l’azione di responsabilità è promossa dall’assemblea. L’assemblea ordinaria è l’organo deputato a promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori delle Spa. Se ricordate, la norma che elenca le Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale competenze dell’assemblea ordinaria, tra le varie competenze vi è la promozione dell’azione di responsabilità. Naturalmente questa norma ha destato dei giusti rilievi perché significa che l’azione di responsabilità è promuovibile solo dall’assemblea, e quindi dalla maggioranza dell’assemblea. Quindi la stessa maggioranza che ha nominato degli amministratori è quella che potrebbe agire in responsabilità. Quindi si può anche immaginare che sia abbastanza difficile che la stessa maggioranza che ha nominato gli amministratori vada a promuovere un’azione di responsabilità contro i propri fiduciari, o magari amministratori che fanno parte della stessa maggioranza. Il legislatore recentemente è intervenuto, prima per le Spa quotate, poi con la riforma, per tutte le Società per azioni , prevedendo una legittimazione a promuovere l’azione di responsabilità, anche, da parte dei soci di minoranza che raggiungono una certa percentuale. Quindi anche il socio di minoranza che raggiunga una certa percentuale, che è diversa a seconda se la società sia quotata o sia non quotata, può promuovere l’azione di responsabilità. Chiaramente attenzione, promuove l’azione di responsabilità che spetta alla società, quindi il risarcimento del danno non è a favore del socio ma della società, però deve trattarsi di un socio che abbia una percentuale notevole nelle società quotate e una percentuale del 20% nelle società non quotate. Per le Srl il legislatore ha seguito un'altra strada e questa è una prima notevole peculiarità. Nelle Srl è previsto che l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori possa essere promossa da ciascun socio, indipendentemente dalla sua partecipazione. Quindi anche il socio che abbia una partecipazione dello 0,00001% può promuovere l’azione di responsabilità. Questo è sicuramente molto significativo. Ciascun socio ha diritto di promuovere l’azione di responsabilità. Quindi ciascun socio di Srl ha un potere sanzionatorio, ha un potere di reazione nei confronti della malagestio delle violazioni dei doveri degli amministratori, molto forte. E’ chiaro che ogni medaglia ha il suo rovescio, cioè, se da un lato, questo è uno strumento di tutela molto efficace del socio di minoranza, può anche essere uno strumento di pressione, se non di ricatto, da parte di soci che vogliano in qualche modo approfittarsi della situazione. Certamente la Srl è teatro di scontri terribili tra i soci. Nelle società di minore dimensione, soprattutto laddove accanto e oltre la posizione del socio vi sia la posizione di rapporti personali (pensate alla società tra coniugi o tra fratelli) se i rapporti si deteriorano, tutto questo può proiettarsi sulla società, ogni socio può agire a responsabilità contro gli amministratori e quindi la Srl può essere teatro di scontri e di azioni giudiziarie a non finire. Indubbiamente visto da un altro profilo è uno strumento di tutela molto efficace. Seconda fattispecie: la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali. Gli amministratori sono responsabili verso i creditori sociali in presenza degli stessi presupposti per cui sono responsabili verso la società (quindi se violano i loro doveri e danneggiano il patrimonio della società) ma c’è un requisito ulteriore : il danno deve essere tale da pregiudicare i creditori sociali, per rendere insufficiente il patrimonio a soddisfare i creditori sociali. Quindi, per fare un esempio banale, se c’è una società con amministratore unico e l’amministratore unico si intasca dei soldi, scappa con la cassa, chiaramente viola i proprio doveri e crea un buco nel patrimonio della società di 100, immaginando che il patrimonio delle società sia 1000 e l’esposizione debitoria sia 200, è chiaro che il buco di 100 che porta il patrimonio a 900 non incide sulla possibilità per società di soddisfare i propri creditori. Ma se c’è una società con un patrimonio di 500, con debiti di 300 e si fa un buco di 400, il patrimonio si riduce in modo tale da non poter più soddisfare i creditori. E allora i creditori possono promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori che hanno, violando il loro dovere, recando un danno al patrimonio della società, ridotto il patrimonio della società in modo da renderlo insufficiente per soddisfare i propri creditori. E’ una responsabilità sicuramente extra- contrattuale perché non esiste un rapporto contrattuale tra amministratori e creditori. L’azione di responsabilità promossa dai creditori è nei confronti dell’amministratore o degli amministratori che hanno violato i loro doveri. Quindi l’azione sarà promossa nei confronti di un solo Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale amministratore se prendiamo come esempio l’amministratore che è scappato con la cassa, mentre se fossero in tre a essere scappati con la cassa l’azione è promossa nei confronti di tutti e tre. Se è un atto imputabile a tutti gli amministratori i creditori possono promuovere la responsabilità contro tutti. Qui troviamo un'altra peculiarità, che secondo il professore è incomprensibile. Se prendiamo il nostro Codice super aggiornato e leggiamo le norme in tema di Spa troviamo: - responsabilità degli amministratori verso la società; - responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali; - responsabilità degli amministratori verso i singoli soci o terzi. Se guardiamo le corrispondenti norme in tema di Srl troviamo: - responsabilità degli amministratori verso la società; - responsabilità degli amministratori verso i singoli soci o terzi, non si parla di responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali. Non è pensabile che i commissari che hanno partecipato alla commissione che ha redatto queste norme, che erano professori e operatori di primissimo rilievo nel panorama italiano, non avessero presente le tre ipotesi di responsabilità degli amministratori. Ne è pensabile che, nel costruire una norma che prevede un caso, poi un altro e non prevede uno in mezzo, ci sia stata una dimenticanza. Quindi questa è una scelta voluta dal legislatore, il che è anche confermato dal presidente della commissione che ha costruito questa disciplina che proprio sostiene la tesi che nel caso delle Srl non esiste la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali. Questa attenzione è sicuramente una scelta consapevole del legislatore cosiddetto storico, cioè delle persone che hanno redatto il testo di legge, ma come insegnano coloro che si occupano di interpretazione del diritto, l’interpretazione della norma giuridica deve essere fatta in chiave oggettiva, cioè quello che pensavano i redattori, sicuramente può avere un certo rilievo, ma non è affatto decisivo. La norma va letta nel contesto del sistema in chiave oggettiva. Il professore pensa che non sia ammissibile immaginare che gli amministratori di Srl non rispondano verso i creditori sociali. Questo per una ragione di ordine costituzionale, per una ragione sistematica ma prima ancora per una ragione pratica. Fa un esempio portato agli estremi : l’amministratore che scappa con la cassa, che crea un buco enorme e che pregiudica la possibilità per i creditori sociali, i quali possono solo soddisfarsi sul patrimonio della società (non c’è una responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali), la Spa risponde verso i creditori sociali può essere convocata in giudizio e l’amministratore di Srl che si comporta nello stesso modo e si tratta sempre di società a responsabilità limitata dovrebbe essere immune dal questa responsabilità? Quanto meno, al professore sembra che se si arrivasse a questa conclusione ci sarebbe un bel dubbio di legittimità costituzionale per disparità di trattamento. Ma crede che a questa soluzione non si debba arrivare per ragioni sistematiche. Anche se il legislatore non ha previsto la norma ad hoc esiste un principio generale fondamentale che è quello del 2043 c.c. che impone a chiunque arrechi a terzi un danno ingiusto di risarcirlo. È una norma fondamentale del vivere civile, cioè se Tizio è in macchina e senza nessuna giustificazione investe un pedone ( ovviamente il discorso è diverso se il pedone si fa investire o si butta di colpo) e quindi arreca un danno ingiusto a terzi deve risarcire. Qui il discorso è lo stesso gli amministratori hanno violato i loro doveri, hanno arrecato un danno al patrimonio della società e quindi indirettamente ai creditori, che non trovano più soddisfazione. Quindi, anche in mancanza di una norma ad hoc, in base al 2043, alla norma in tema di responsabilità extra- contrattuale sono tenuti a risarcirmi. Per cui è convinto che la mancanza della norma ad hoc non influisce sull’ interpretazione ma proprio in base ai principi anche gli amministratori di Srl sono tenuti a risarcire i danni arrecati ai creditori sociali, quando violino i loro doveri e arrecano un danno al patrimonio della società tale da pregiudicare la possibilità di soddisfazione i creditori sociali. Tesi accolta dalla maggioranza della dottrina, tesi accolta da molte sentenze. L’ultima ipotesi, forse di minore rilievo, qui siamo di nuovo in presenza di una norma assolutamente parallela tra Spa e Srl, gli amministratori rispondono verso i singoli soci o terzi se hanno violato i loro doveri e arrecato un danno diretto al patrimonio del singolo socio o del terzo, quindi non è più un danno al Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale patrimonio della società ma al patrimonio del singolo socio o terzo. Esempio tipico è l’informazione scorretta. Quindi l’informazione scorretta che induce, per esempio un socio a vendere le proprie azioni o la propria partecipazione ad un valore inferiore a quello reale, cioè l’amministratore che dice al socio “le cose vanno male, se riesci a vendere le tue azioni o la tua partecipazione fai un affarone” e poi l’amico dell’amministratore é pronto ad acquistarle per poco. Questo è un caso abbastanza evidente di responsabilità dell’amministratore ed è ovviamente ancora una responsabilità extra-contrattuale perché non c’è nessun rapporto diretto tra l’amministrato e il singolo socio o terzo. Tutto questo va visto in una particolare chiave perché? Perché a parte l’ipotesi di scontri tra i soci di Srl, coniugi/fratelli che sono entrati in collisione tra di loro, ma a parte questi casi, l’azione di responsabilità promossa dalla società, attraverso una deliberazione dell’assemblea o dai singoli soci, nei confronti degli amministratori o l’azione di responsabilità promossa dai creditori pregiudicati sono un’ipotesi del tutto marginale. Cioè le ipotesi di responsabilità promosse dalla società sono quasi sconosciute (salvo i litigi tra i soci), le azione promosse dai creditori sociali sono pressoché sconosciute. Ed allora potrebbe nascere per chi legge la domanda legittima: “Ma perché dare tanta enfasi a questo tema se poi in pratica queste azioni non vengono quasi mai esercitate? Perché fare una battaglia per cercare di dimostrare che anche gli amministratori di Srl rispondono verso i creditori sociali quando poi nessun creditore sociale si sogna di promuovere un’ azione di responsabilità verso gli amministratori?” La ragione c’è. Queste azioni sono praticamente quasi sconosciute finché la società è in salute. Queste azioni sono il pane quotidiano quando la società è fallita. In caso di fallimento sia l’azione che potrebbe promuovere la società (assemblea e singoli soci) sia l’azione che potrebbero promuovere dai creditori sociali sono promosse dal curatore e abbastanza raramente vi è un fallimento senza che venga promossa un’ azione di responsabilità. Qua si, il discorso sull’esistenza di una responsabilità verso i creditori sociali che può essere fatta valere dal curatore è molto importante. Qui tutto il discorso in tema di responsabilità degli amministratori è estremamente importante. Il professore fa una raccomandazione: “Se vi capiterà di diventare amministratori di una Spa o di una Srl pensateci due volte, perché se le cose vanno male il rischio di un azione di responsabilità promossa dal curatore è in agguato in caso di fallimento”. A questo punto si apre il discorso più importante e la novità più sconvolgente in tema di Srl. Questo secondo il professore dovrebbe essere tenuto molto molto presente e ha anche indotto in alcuni casi a fuggire dalle Srl. Perché? E qui ci troviamo di fronte a una novità assoluta e ad una differenza notevolissima dalla Spa. Torniamo un attimo indietro. Possiamo aver un assemblea gestoria, cioè con competenze gestorie, possiamo aver dei soci che come diritto particolare hanno competenze gestorie. Il professore ricorda i primi convegni all’indomani dell’emanazione del testo della Srl dove si sottolineavano queste novità e si enfatizzava il fatto che si potesse costruire una Srl dove gli amministratori stanno al loro posto, gli amministratori avranno le loro competenze ma molte competenze gestorie spetteranno all’assemblea o al limite ai singoli soci e quindi avremo un recupero del ruolo centrale dell’assemblea. Un tempo ci si chiedeva ma l’assemblea è l’organo sovrano della Spa? E si rispondeva :” ma figuriamoci. L’assemblea ha competenze importanti ma la gestione è tutta in mano agli amministratori, oggi il legislatore lo dice ancora in modo netto, ma nelle Srl no. Nelle Srl hai soci in assemblea/singoli soci possono essere date molte competenze gestorie e quindi possiamo avere, si un’ assemblea organo sovrano, un socio gestore. Si, ma con una piccola conseguenza: il socio gestore, quindi il socio che in assemblea assuma una decisione gestoria oppure il singolo socio che abbia come tale competenze gestorie, attenzione, ha la stessa responsabilità degli amministratori. Quindi mentre il socio di Spa non risponde mai perché non può avere competenze gestorie, perché anche se avesse competenze autorizzative comunque non risponde per eventuali danni, il socio di Srl è un socio che se ha competenze gestorie risponde come gli amministratori. Quindi se una certa decisione non è adotta dagli Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale amministratori ma dall’assemblea o da singoli soci di quella decisione i soci sono responsabili, come sarebbero gli amministratori. Notate, di quella decisione sono responsabili i soci ma sono responsabili anche gli amministratori. Questo è anche molto interessante. Il che significa che gli amministratori hanno una posizione tutt’altro che facile, nel senso che siccome alla responsabilità dei soci si aggiunge quella degli amministratori, gli amministratori devono stare ben attenti perché da un lato hanno il compito di eseguire le delibere dei soci (se non le eseguono rispondono per danni per non averle eseguite) ma dall’altro se le delibere dei soci sono pregiudizievoli per la società, fonte di responsabilità, dovrebbero disattenderle. Allora, attribuite competenze gestorie ai soci significa effettuare una scelta, sicuramente legittima, magari opportuna, ma sicuramente pericolosa e deve essere valutata con estrema attenzione. Pericolosa per i soci perché a questo punto i soci si assumono piena responsabilità per le decisioni come gli amministratori. Ma pericolosa per gli stessi amministratori che si trovano veramente tra Scilla e Cariddi perché da un lato sono obbligati ad eseguire le decisioni dell’assemblea, le decisioni dei soci, se non lo fanno violano il loro dovere, se la decisione è corretta; ma se la decisione è pregiudizievole devono disattenderla perché se la eseguono rispondono al pari dei soci. Quindi il professore pensa che attribuire competenze ai soci debba essere una scelta da effettuare con estrema attenzione. Con una stranezza, di un dubbio di costituzionalità: i soci di Srl sono trattati peggio dei soci di Spa, perché i soci di Srl sono responsabili anche quando semplicemente autorizzino un atto. Quindi se c’è una clausola che prevede che determinati atti possano essere compiuti dagli amministratori solo previa autorizzazione dei soci, se i soci autorizzano un atto che sia pregiudizievole, rispondono. Quindi pensate alla differenza. C’è una clausola in uno statuto di Spa in cui si stabilisce che l’acquisto di un immobile deve essere autorizzato dai soci. I soci autorizzano l’acquisto di un immobile ad un prezzo palesemente fuori mercato e sproporzionato, l’acquisto di un immobile senza alcuna verifica in ordine per esempio alla sua statica, oppure autorizza l’acquisto di un immobile ad un prezzo esorbitante che si trova in un’area franosa e dopo 15gg frana tutto. I soci di Spa non hanno alcuna responsabilità. Stessa clausola nell’ambito della Srl, i soci di Srl pur avendo solo autorizzato e non deciso rispondono come gli amministratori. Ora, tutto questo è ancora aggravato dal fatto (il professore non condivide ma è contrastata da uno dei maggiori studiosi italiani in materia di Srl, il professor Zanarotti) che il professore ha dei dubbi nel caso in cui il socio non abbia un potere gestorio ma di fatto interferisca sulla gestione, ha dei dubbi in ordine alla sua responsabilità. Il professore pensa che sia responsabile solo se formalmente sono attribuite all’assemblea o a singoli soci competenze gestorie. Ma l’opinione forse prevalente va addirittura a ritenere responsabile il socio che in qualche modo ha influito sulla decisione degli amministratori inducendoli in qualche modo o confortandoli nelle loro scelte. Allora, qual è poi il risultato molto concreto di tutto questo? Il risultato molto concreto di tutto questo che per ora non emerge ancora tanto ma che è destinato (crede) a venire in considerazione molto concretamente è questo: fallisce una Spa; il curatore nella sua relazione sulle cause del fallimento, sul comportamento dei vari organi sociali dovrà valutare le cause dello stato di insolvenza, verificare se queste cause siano riconducibili a comportamenti colpevoli degli amministratori, valutare in sostanze se ci siano delle violazioni dei doveri degli amministratori, e quindi se sia opportuno promuovere delle azioni di responsabilità contro gli amministratori. Occorre notare che operativamente per pochi dubbi che ci siano molto spesso l’azione viene proposta perché è nell’interesse dei creditori. Nel caso di fallimento di una Srl il discorso è un po’ diverso. Cioè il curatore dovrà valutare il comportamento degli amministratori ma anche il comportamento dei soci. Quindi verificare se i soci avevano delle competenze gestorie, se le hanno esercitate, se le hanno esercitate bene e addirittura, stando alla tesi di maggioranza, pur non avendo competenze gestorie in qualche modo hanno influito sull’operato degli amministratori e se ci sono dubbi a promuovere l’azione di responsabilità anche nei confronti dei soci di Srl. Il che vuol dire non una cosa di poco conto, perché mentre gli azionisti, in caso di fallimento, salvo che abbiano svolto il ruolo di Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale amministratore di fatto (ma questo è un altro discorso), possono fare sogni tranquilli, i soci di Srl invece potrebbero avere dei sogni un po’ più agitati. Ora, è vero che in molti casi soci ed amministratori di Srl coincidono e quindi il problema sfuma, cioè in molti casi in presenza di una piccola Srl con due-tre soci, i soci sono anche amministratori, quindi il problema non ha neanche la ragione di porsi. Ma nei casi in cui vi sia una differenza tra la compagine dei soci e gli amministratori il problema ha ragione ad imporsi. Tant’è vero che in certi casi non è stato adottato il modello di Srl per grandi imprese proprio per timore di una responsabilità che poi gravasse sugli stessi soci. Questo è anche un problema che si è posto nel caso di utilizzo di Srl da parte di enti pubblici. Quindi nel caso in cui sia costituita una Srl tra enti pubblici, oppure tra enti pubblici e soggetti privati, la possibilità di una responsabilità dell’ente pubblico come socio gestore ha creato qualche problema. In questa sede è importante sottolineare che certamente in un corso che ha per oggetto la Società a responsabilità limitata questo è poi uno dei temi da esaminare con molta attenzione e che ci permetterà anche di sconfinare un pochino nell’ambito del diritto fallimentare. Per chiudere questa parte si riserva di riprendere il tema anche per l’estrema novità della cosa, sul controllo. Qui troviamo ancora una volta delle differenze notevolissime con la Spa. Il socio di Spa ha un potere di informazione piuttosto limitato. Il socio di Spa può conoscere solo il libro dei soci e il libro delle adunanze/delle deliberazioni dell’assemblea e può chiedere informazioni e notizie ma in assemblea e pertinenti l’esercizio del diritto di voto. Il socio di Srl ha una posizione totalmente diversa. Il socio di Srl può chiedere qualsiasi informazione e può consultare qualsiasi documento. Ha un diritto di informazione e consultazione praticamente senza limiti come quello dei soci non amministratori di una società di persone. Questo è sicuramente un ulteriore importantissimo strumento di controllo. È sicuramente uno strumento che può essere utilizzato in modo opportunistico, cioè per intralciare la vita della società. Il professore crede, anche se ci sono autorevoli posizioni contrarie, che siano dei diritti non modificabili, non cancellabili dall’atto costitutivo, quindi non possono essere soppressi dall’atto costitutivo ma crede che possano essere opportunamente disciplinati, e forse non sarebbe male per evitare un uso distorto di questi diritti che nell’atto costitutivo si mettesse qualche paletto non per ridurli ma per disciplinarli (ad esempio stabilire che il socio può avere qualsiasi informazione e/o documento ma con un preavviso di 2 giorni e con certe modalità). Nell’ambito della Spa esiste, dopo la riforma, una netta differenziazione tra il controllo sulla gestione e il controllo contabile. Il controllo contabile non esiste più con questa formula ma è stato totalmente ridisegnato in attuazione di una direttiva comunitaria all’inizio del 2010 così si parla di controllo legale sui conti. Quindi nella Spa al collegio sindacale spetta il controllo sulla gestione, attenzione nel sistema dualistico spetta al consiglio di sorveglianza e nel sistema monistico al comitato per il controllo sulla gestione. Nella Spa spetta al revisore o alla società di revisione il controllo legale sui conti. Il controllo legale sui conti può essere attribuito nella Spa al collegio sindacale in alcuni casi. Ricordate, in alcuni casi il collegio sindacale potrebbe assommare il controllo sulla gestione e il controllo legale dei conti. Precisamente perché il collegio sindacale sommi i due tipi di controllo occorre: prima di tutto una clausola nello statuto altrimenti solo in base alla legge il collegio sindacale ha il controllo sulla gestione e basta; inoltre deve trattarsi di una società non quotata (nelle quotate c’è sempre il collegio sindacale e revisore/società di revisione); infine deve trattarsi di una società che non rediga il bilancio consolidato. Quindi se una Spa non quotata che non redige il bilancio consolidato, il controllo legale sui conti può essere attribuito al collegio sindacale. Nelle srl il discorso è tutto diverso o almeno in parte diverso. Intanto il collegio sindacale è un organo obbligatorio solo in certi casi. In particolare il collegio sindacale è obbligatorio quando: - il capitale non è inferiore a quello minimo stabilito per le Spa (quindi su una Srl ha un capitale pari o superiore al minimo previsto per la Spa il collegio sindacale è obbligatorio); - la società Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale debba redigere un bilancio in forma ordinaria (cioè non possa redigere il bilancio in forma abbreviata) cioè supera le soglie per redigere il bilancio in forma abbreviata; - la società è tenuta a redigere il bilancio consolidato; - si tratta di una srl che controlla una società che sia obbligata alla revisione legale dei conti (quindi se controlla una Spa o una Srl con il collegio sindacale obbligatorio); il professore voleva sottolineare che il collegio sindacale è obbligatorio solo in certi casi non sempre. Nelle Spa il collegio sindacale è sempre obbligatorio è un organo necessario, nelle Srl il collegio sindacale è un organo obbligatorio solo in certi casi. Nella Spa il collegio sindacale ha un'unica funzione quella di controllo sulla gestione, occorre una clausola ad hoc per attribuirgli il controllo legale sui conti. Nelle Srl è l’opposto. Nelle Srl il collegio sindacale ha tutti e due i compiti, quindi quando è obbligatorio il collegio sindacale controlla la gestione e ha il controllo legale sui conti e occorre una clausola ad hoc per sottrarre al collegio sindacale il controllo legale sui conti e attribuirlo ad un revisore o ad una società di revisione. Un ultima annotazione anche se esiste il collegio sindacale pur in presenza del collegio sindacale i soci hanno comunque quegli amplissimi poteri di informazione, consultazione di cui ci ha parlato. La presenza del collegio sindacale non impedisce di fatto ai soci di Srl di chiedere qualsiasi informazione, di consultare qualsiasi documento. Poi il legislatore prevede laddove il collegio sindacale non sia obbligarono i soci se vogliono possono nominare liberamente degli organi di controllo, potrebbero anche prevedere la nomina del collegio sindacale quando non è obbligatorio stabilendo come ritengono i poteri di controllo ( per esempio in certe società in mano pubblica per ragioni di trasparenza pur trattandosi di società per cui non è obbligatorio il collegio sindacale viene previsto il collegio sindacale per offrire una garanzia ai soci e ai terzi di particolare trasparenza e di particolare attenzione sulla gestione e sulla contabilità). Il professore vorrebbe oggi concludere la breve carrellata sulla disciplina delle Srl; dobbiamo ancora occuparci dell’assemblea, delle operazioni sul capitale e dei titoli di debito. Come già si è detto il legislatore parla di assemblea dopo essersi fermato a disciplinare l’organo amministrativo e l’organo di controllo. Troviamo tre nomi dedicati all’assemblea; i primi due necessitano di un minimo di commento; si parla di decisioni dei soci e di assemblea dei soci. La ripartizione di competenze tra organo amministrativo e organo assemblea dei soci è nelle Srl una ripartizione non rigorosa. Il legislatore elenca nelle Srl le competenze dell’assemblea che sono sostanzialmente le competenze dell’assemblea di Spa,sono inderogabilmente attribuite all’assemblea, non è possibile spostarle agli amministratori. Non è possibile spostare queste competenze dell’assemblea agli amministratori; possiamo avere un’assemblea con le competenze di un’assemblea di Spa oppure un’assemblea gestoria con competenze gestorie più ampie, in cui pochissime sono le competenze attribuite agli amministratori,tra cui in particolare la redazione del progetto di bilancio. Perché il legislatore parla di decisioni dei soci e di assemblea dei soci, di decisioni dei soci e di deliberazioni dei soci? Perché anche per l’assemblea, come abbiamo visto per il consiglio di amministrazione, il legislatore consente due modalità di adozione delle rispettive decisioni. E’possibile che l’assemblea come quella della SpA adotti delle vere e proprie deliberazioni previa convocazione e unità spazio-temporale ed un certo ordine del giorno. Ma è anche possibile che le decisioni dell’assemblea siano adottate con il metodo della collegialità attenuata, attraverso la raccolta del consenso in luoghi e tempi diversi; è possibile che i soci non siano convocati ma il presidente dell’assemblea sottoponga ad essi una certa deliberazione e che essi possano rispondere per iscritto in tempi diversi; anche qui si tratta di raccogliere il consenso di tutti i soci. Se si raggiunge la maggioranza,la decisione è adottata. Sul piano lessicale, dal momento che il legislatore è abbastanza fedele a questa terminologia, per decisione dei soci si intende in genere una decisione adottata Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale con qualsiasi modalità, ed in particolare una decisione adottata con il metodo della collegialità attenuata; mentre la deliberazione è la decisione adottata con il metodo della collegialità; quindi decisione dei soci è il termine generico che comprende la decisione adottata con metodo collegiale e quella adottata con metodo a collegialità attenuata. Una peculiarità delle decisioni delle Srl è che troviamo la contrapposizione tra le decisioni che riguardano la vita ordinaria della società come la nomina degli amministratori, del collegio sindacale, se esiste, la revoca e l’approvazione del bilancio, e le decisioni che invece riguardano le modifiche dell’atto costitutivo. Queste ultime sono necessariamente delle deliberazioni; per modificare l’atto costitutivo quindi non è ammessa la raccolta “informale” del consenso dei soci, ma la convocazione dell’assemblea ed una deliberazione collegiale. Inoltre le deliberazioni dell’assemblea che modificano l’atto costitutivo hanno particolari regole, in quanto sono previsti particolari quorum deliberativi e costitutivi. Anche nell’ambito delle Srl le decisioni hanno una particolare disciplina sia perché sono deliberazioni, sia per i quorum deliberativi e costitutivi. Però formalmente non esiste come nella Spa la distinzione tra assemblea ordinaria e straordinaria;cioè non esiste un’assemblea straordinaria nella Srl; non esiste questa terminologia, ma se l’assemblea ha per oggetto le modifiche dell’atto costitutivo, è sottoposta ad una particolare disciplina. Quindi non esiste formalmente un’assemblea straordinaria, ma l’assemblea che modifica l’atto costitutivo ha una sua particolare disciplina. Qualche piccola novità è prevista anche con riferimento alla patologia delle decisioni e delle deliberazioni assembleari, anche se la disciplina è costruita in parallelo con quelle delle SpA; se ricordiamo le deliberazione che erano prese dalla società per azioni possono essere annullabili o nulle. Sono annullabili quelle che hanno un vizio e l’annullabilità può essere fatta valere solo da alcuni soggetti: soci non consenzienti, amministratori entro il termine breve di 90 giorni; la nullità si ha quando la deliberazione ha un vizio di procedura che deve consistere o nella mancata convocazione, o nella mancata verbalizzazione, oppure ha un vizio di contenuto. Quindi in presenza di due vizi di procedura: 1)mancata convocazione; 2)mancata verbalizzazione o di contenuto perché il contenuto della deliberazione è impossibile/illecito, la deliberazione è nulla e la nullità può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse, ma il termine è molto più lungo perché non è di novanta giorni, ma di tre anni. Esiste poi un’ipotesi particolare di nullità, un vizio particolarmente grave che si spera sia puramente teorico che è quello che prevede una deliberazione che preveda un oggetto sociale illecito o impossibile ; quindi una deliberazione dell’assemblea che prevede un’attività illecita o impossibile. Si crede sia un’ipotesi puramente scolastica perché nessun notaio è disponibile ad iscrivere nel registro delle imprese una deliberazione di questo tipo ovvero ad esempio che la società non produrrà più frigoriferi ma smercerà stupefacenti. Se per strane ipotesi venisse iscritta nel registro delle imprese una deliberazione di questo tipo, sarebbe presente un vizio di nullità molto grave. Questo è il sistema proprio delle SpA; ed è il sistema che vale anche per le Srl,ma sostanzialmente con una differenza che è facile da spiegare: non è un vizio di nullità la mancanza del verbale; l’unico vizio di procedura è la mancata convocazione. Il prof vuole ancora ricordare, parlando di deliberazioni modificative dell’atto costitutivo, che nelle SpA così come nelle Srl la pubblicità delle modificazioni è pubblicità costitutiva, ovvero la modificazione ha effetto solo quando iscritta nel registro delle imprese. Ci ricorderemo che le deliberazioni modificative dell’atto costitutivo sono adottate con atto notarile e il notaio deve scrivere la deliberazione nel registro delle imprese, a meno che non si rifiuti dando le motivazioni del suo rifiuto. Il notaio verbalizzante deve sempre verbalizzare, mentre il notaio rodante deve rifiutarsi di rodare un atto non legittimo. Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale 3. I finanziamenti ad opera dei soci di S.r.l. Parliamo ora di operazioni sul capitale: qui il legislatore segue molto da vicino, salvo alcuni aspetti, la disciplina delle SpA. Quindi per la disciplina delle modificazioni dell’atto costitutivo vale quella delle SpA con iscrizione con effetto costitutivo nel registro delle imprese; particolari modificazioni dell’atto costitutivo su cui il legislatore si è soffermato sono l’aumento del capitale e la riduzione del capitale. Le varie ipotesi di aumento del capitale - l’aumento del capitale a pagamento, l’aumento del capitale nominale – o le varie ipotesi di riduzione – la riduzione del capitale esuberante, eccessivo o per perdita – sono riprese nell’ambito della disciplina delle Srl. Quest’ultima si chiude con una norma tanto interessante sul piano teorico, quanto di difficile applicazione sul piano pratico che consente alle Srl di emettere delle obbligazioni che vengono chiamati titoli di debito. Noi siamo abituati a parlare di titoli di credito, ma basta parlare di titoli di credito dall’altra parte e diventano titoli di debito. Queste obbligazioni possono essere emesse dalle Srl ma solo a favore di determinati soggetti, ed in particolare di banche e soggetti equiparati; dunque i sottoscrittori di questi titoli possono essere solo sostanzialmente le banche. Poi questi titoli possono essere venduti e diffusi sul mercato ma con la garanzia della banca; quindi chi acquista questi titoli può essere tranquillo che la garanzia verrà rimborsata perché c’è la garanzia della banca. Questo è un bellissimo meccanismo perfettamente applicabile dal punto di vista del mercato; tuttavia nella pratica non ha mai trovato applicazione perché emettere dei titoli sottoscritti dalle banche e poi farli girare con la garanzia ha un tale costo che costa meno chiedere un prestito diretto alla banca. Chiuso questo breve ripasso di carattere generale, il professore vuole riportare alcuni appunti specifici. Questo è un corso monografico e cioè un corso che dovrebbe consentire l’approfondimento di alcuni profili e in particolare per quanto sarà possibile il prof vorrebbe trattare i singoli profili seguendo un determinato ordine ed usando un certo linguaggio proprio per abituare nello studio del diritto a seguire certe categorie e certi passaggi logici; il diritto ha un suo linguaggio e bisogna seguirlo. Il secondo obiettivo è che il diritto è un sistema, ogni parte è collegata: non si possono studiare i singoli istituti senza avere una visione generale, quindi bisogna cercare di affrontare i singoli temi non solo considerando il diritto societario, ma anche abbracciando il sistema fallimentare; questo è un punto molto importante perché certi istituti del diritto societario hanno significato soltanto se considerati sotto il profilo fallimentare ed a volte lo stesso diritto fallimentare ha cambiato il volto agli istituti del diritto societario; i rapporti tra il diritto fallimentare ed il diritto societario sono molto stretti. L’ultimo obiettivo è di cercare un piano costante tra il dato formale (norma) e realtà regolare economica e vedere come questi due aspetti interagiscono tra di loro. Seguendo l’ordine di apparizione, non c’è molto da dire in merito alla costituzione della società. La prima norma che ha avuto molto impatto è la norma relativa ai conferimenti dei soci; l’articolo di riferimento è l’art. 2467 C.C. denominato appunto “finanziamenti dei soci”. Questa norma individua una fattispecie, un particolare fenomeno che il legislatore chiama finanziamenti, all’interno della qual categoria il legislatore distingue due ipotesi di finanziamenti e detta una regola di diritto sostanziale ed una regola di diritto fallimentare. Quindi abbiamo una fattispecie di finanziamenti all’interno della quale troviamo due sub fattispecie ed una disciplina che si divide in diritto societario ed in diritto fallimentare. Questa regola si trova all’interno della disciplina delle Srl, non la si trova all’interno della disciplina delle società di persone; non è presente nella disciplina delle SpA, è presente però una regola di questo tipo in materia della disciplina dei gruppi. Per avere un panorama completo, dovremo andare quindi a considerare la norma in materia di gruppi e verificare se questa disciplina dettata in tema di Srl è Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale esportabile nell’ambito di altre società. Sotto un altro versante è una regola che ha bisogno del diritto fallimentare e va a introdurre forse una nuova ipotesi di azione revocatoria. Dovremmo ripassare velocemente cosa si intende per azione revocatoria, considerando un impatto molto interessante perché questa norma è del 2004 e nel 2006- 2007 si è modificata la disciplina fallimentare. Ma c’è di più: il diritto oggi è una continua evoluzione e la finanziaria del 2010 è andata a modificare questa norma introducendo una nuova regola di diritto fallimentare. È interessante capire come questa norma è stata modificata nell’ambito del diritto fallimentare e se questa modifica ha un impatto anche nell’interpretazione di questa norma perché nella nuova disciplina troviamo una regola che è esattamente l’opposto a dimostrazione di come il quadro in cui la vita societaria si muove sia in continua evoluzione. Prendiamo le mosse da questo; immaginiamo una Srl di piccole- medie dimensioni e che questa società,come abbastanza normale, abbia ad un certo punto bisogno di nuovi mezzi finanziari. Può averne bisogno perché c’è una crisi e la società si trova in uno stato di affanno oppure può averne bisogno perché è in espansione e necessita di nuovi investimenti. Quali sono gli strumenti giuridici che possono essere utilizzati per acquisire in senso lato nuovi finanziamenti? Allora qui le strade sono sostanzialmente due: 1) può dotarsi di mezzi propri, mezzi che accrescono le dimensioni patrimoniali e finanziarie senza obbligo di restituzione oppure 2) può dotarsi di mezzi altrui con obbligo di restituzione. Può dotarsi di mezzi tramite un aumento di capitale con nuovi conferimenti che è la via maestra per dotarsi di nuovi mezzi propri, oppure può acquisire dai soci dei versamenti in c/capitale che sono anch’essi a fondo perduto, senza obbligo di restituzione; l’unica differenza con l’aumento di capitale è che questi non sono imputati a capitale, ma a riserva. Perché le Srl nascono sottocapitalizzate e continuano ad esserlo da un punto di vista nominale e cioè hanno un capitale sociale basso inferiore al minimo legale per le SpA e preferiscono dotarsi di mezzi propri? Per almeno due ragioni: 1) una volta fissato un certo capitale, l’eventuale rimborso di questo capitale prevede procedure complesse, e sicuramente più complicate di quelle previste per la riserve; ma 2) la maggior ragione è che se la società ha un capitale superiore a 120.000 scatta l’obbligo di costituzione il collegio sindacale e di sopportare il relativo costo, mentre la società medio-piccola nasce sotto-capitalizzata con un capitale pari anche solo al minimo di 20.000 euro; allo stesso momento della costituzione oppure successivamente i soci fanno cospicui versamenti di capitale a fondo perduto e quindi creano robuste riserve; se durante la vita della società c’è bisogno di altri mezzi propri i canali sono appunto o l’aumento di capitale o ulteriori versamenti con conseguente incremento delle riserve. La società può dotarsi di mezzi altrui e quindi indebitarsi e cioè ottenere mezzi altrui con obbligo di restituzione e qui gli strumenti sono vari; potrebbe ottenere un finanziamento attraverso il canale delle banche e quindi ricorrere ad un fido bancario; tuttavia oggi ci sono tutta una serie di vincoli ( Basilea) e tutta una serie di difficoltà per ottenere un fido. Le banche sono disposte a finanziare ma richiedono robuste garanzie; se la società è proprietaria del terreno o del capannone in cui opera potrà mettere un’ipoteca su questi, se la società non ha patrimonio immobiliare rilevante dovranno intervenire i soci. A proposito di questo profilo si parla molto della differenza tra società di persone e società di capitale; di società che vedono tutti i soci illimitatamente responsabili e società che invece sono costituite da soci limitatamente responsabili. Certamente la differenza è notevolissima nell’ordine del fallimento perché in caso di fallimento di società di persone falliscono anche i soci illimitatamente responsabili. Però i soci di Srl o i soci di una SpA di modeste dimensioni non sono quasi mai soci che non rischiano niente della propria ricchezza perché se la società vuole avere dei finanziamenti da parte delle banche e se la società non ha un patrimonio immobiliare, i soci devono dare delle fidejussioni per cui si aggiunge in capo ad essi una responsabilità sussidiaria personale. C’è poi il canale dei finanziamenti da parte dei terzi, tuttavia questo è un canale praticamente inutilizzabile; immaginiamo che un terzo finanzi una piccola media società,a meno che il terzo sia collegato alla società Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale allora il discorso cambia del tipo la società appartiene ad un gruppo e il finanziamento proviene da un’altra società appartenente a quel gruppo. Abbiamo ancora la possibilità di emettere titoli di debito, tuttavia è un’ipotesi troppo costosa e poco applicata nella pratica. Arriviamo infine al finanziamento da parte dei soci, quindi i soci che non effettuano versamenti in conto capitale a fondo perduto, ma prestiti a favore della società con obbligo di rimborso. In questo panorama si inserisce la norma per combattere quella che è stata una prassi non virtuosa: la società non va molto bene, avrebbe bisogno di iniezioni di mezzi propri, i soci però non sono d’accordo e allora finanziano la società facendo un prestito con obbligo di restituzione e con il retro pensiero magari che se le cose dovessero andare male la società correrebbe a rimborsare prima di tutto i soci, che hanno anche una conoscenza maggiore, e poi tutti gli altri creditori. Questa è una certa prassi che il legislatore prima straniero e oggi italiano ha bloccato perché l’idea che animato il legislatore tedesco e che ha preso poi a modello il legislatore italiano è che i soci creditori non sono creditori nella stessa posizione degli altri perché i soci sono anche proprietari della società. La disciplina prevista dal legislatore muove i propri passi su questo presupposto: il finanziamento da parte dei soci cioè il prestito effettuato dai soci alla società. La norma ha un contenuto molto ampio ed è rubricata finanziamenti dei soci e quindi tecnicamente è corretto questo linguaggio, e poi nel secondo comma precisa che “ ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento” . La norma prende in considerazione i finanziamenti dei soci in senso lato e quindi dei prestiti con obbligo di restituzione; la norma non prende sicuramente in considerazione i versamenti in conto capitale perché quelli sono a fondo perduto; aggiunge poi che si prendono in considerazione i finanziamenti in qualsiasi forma effettuati. Qui la dottrina si è sbizzarrita a individuare tutta una serie di ipotesi; al prof viene in mente nel commentare questo frammento di norma quel principio di economia che è la prevalenza della sostanza sulla forma: quello che conta qui è che in qualche modo la società abbia avuto un apporto qualunque ne sia la forma giuridica, purchè dall’altra parte vi sia un obbligo di restituzione da parte della società. Ovviamente vi rientrano i mutui, i prestiti in denaro e tante altre ipotesi come quella della fidejussione che è una forma di prestito verso la società anch’essa. Il presupposto qui è sempre il prestito dei soci a favore della società con obbligo di restituzione.; ma non tutti i finanziamenti sono presi in considerazione del legislatore perché all’interno della categoria finanziamenti il legislatore distingue due sub fattispecie che vengono considerate oggetto della disciplina. Detto in altre parole,il legislatore distingue tra finanziamenti buoni e finanziamenti cattivi, oppure finanziamenti sorti in una situazione di normalità e finanziamenti sorti in una situazione anomala. Quelli che il legislatore stigmatizza e sanziona sono i secondi. Quali sono queste categorie? Il primo finanziamento anomalo è individuata dal legislatore con questa formula: “ finanziamenti che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto”, quindi sono finanziamenti concessi in una situazione di squilibrio finanziario e precisamente squilibrio tra indebitamento complessivo della società e patrimonio netto. Questa formula richiede una spiegazione e qualche suggerimento sul piano applicativo ovvero quando l’indebitamento è eccessivo rispetto al patrimonio netto? L’unico punto certo è che la valutazione deve essere fatta al momento della concessione del finanziamento quindi non si deve valutare la situazione successiva, ma la situazione che esiste al momento della concessione che però pone il problema ma qual è il momento di concessione del finanziamento? Dovrebbe essere – o almeno così dice il prof- il momento in Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale cui viene stipulato il contratto, il momento in cui i soci si impegnano nei confronti della società, e non il momento dell’erogazione effettiva delle somme. Quindi affinchè nella valutazione ex-post il finanziamento sia considerato cattivo anziché buono, è necessario che ci sia una situazione di squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto al momento della concessione del finanziamento. Dovrà essere valutato caso per caso, c’è un chiaro rinvio del legislatore agli indici di bilancio ed alle tecniche utilizzate in economia aziendale proprio per misurare questo tipo di rapporto. Questa è la prima sub fattispecie che ha contenuto concettualmente chiaro; la seconda sub fattispecie è un pochino più indeterminata; sono sempre finanziamenti cattivi quelli nati “in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento” . La norma prende in considerazione i finanziamenti effettuati, secondo un criterio di ragionevolezza, quando invece sarebbe stato auspicabile l’apporto di mezzi propri, ovvero il conferimento o il versamento in c/capitale. Qui uno sguardo del legislatore italiano, un’apertura a criteri tipici della common law, ed in particolare al parametro della ragionevolezza, parametro per noi abbastanza sconosciuto anche se nell’ambito delle riforma societaria troviamo altre norme che fanno riferimento a questo principio. Quindi abbiamo due sub fattispecie : 1) o eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto 2) una situazione in cui sarebbe stato meglio un versamento o un conferimento al posto di un finanziamento. Quale è il rapporto tra queste due categorie? Molti hanno ritenuto che siano l’una il rovescio dell’altra o che si possano ricondurre ad una sola perché per esempio si è detto in caso di eccessivo indebitamento sarebbe stato ragionevolmente preferibile un conferimento; tuttavia il prof pensa ed è un’opinione che può essere contestata anche se al prof ha fatto piacere che recentemente uno dei maggiori studiosi di Srl l’abbia seguita è che in realtà siano due fattispecie autonome e che si riferiscano a due situazioni un po’ diverse: 1)ad una società che ha una vita grama,che è in affanno e che è molto indebitata e che avrebbe bisogno non di aumentare questo indebitamento ma di iniettare mezzi propri, e 2) quella di una società che invece è in buono stato di salute e che intende effettuare un investimento di notevole portata e che dovrebbe per questo motivo ampliare i mezzi propri. Questa potrebbe essere una spiegazione per distinguere le due fattispecie; quella delle due che conta non è tanto la seconda, quanto piuttosto la prima. Che dire ancora? Con riferimento alla fattispecie, occorre sottolineare che le due ipotesi di finanziamenti anomali fanno riferimento ad un momento ben preciso: quello in cui c’è stata la concessione del finanziamento, ovvero quello in cui i soci si sono impegnati. Quindi la fotografia per verificare se si tratti di un finanziamento effettuato in una situazione normale o anomala deve essere scattata al momento della concessione del finanziamento; sembrerebbe irrilevante ciò che succede dopo stando al dato letterale. Che cosa succede quando i soci hanno effettuato un finanziamento in una situazione anomala : immaginiamo una società fortemente indebitata verso il ceto bancario,di forte squilibrio economico che ottiene finanziamento dai soci. Così la società si indebita ulteriormente. Il legislatore ha voluto impedire che il credito dei soci per la restituzione dei finanziamenti fosse posto sullo stesso piano del credito delle banche e di altri creditori e addirittura che questo credito trovasse il rimborso prima e anche magari a scapito di altri crediti, con la connivenza di amministratori scorretti. Se abbiamo pazienza un momento, sembra importante che il prof sottolinei che in assenza di queste regole prima della riforma non si chiudesse un occhio di fronte a soci che avevano finanziato la società, mentre altri creditori si aggrappavano al tram. La giurisprudenza ha spesso usato,non avendo una norma a disposizione, una sorta di escamotage: di fronte ad una situazione di questo tipo, e comunque laddove non fosse chiarissima la situazione del finanziamento come finanziamento in senso stretto ovvero prestito lo riqualificava come versamento in conto capitale.: la differenza tra versamento in conto capitale e finanziamento o prestito del socio è importantissima: in un caso abbiamo obbligo di restituzione e nell’altro no, in un caso abbiamo un prestito a bilancio, nell’altro caso una riserva, Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale però in molte situazioni almeno nel passato con società di minori dimensioni non era poi così chiaro sia da delibere societarie ambigue, sia da dati societari non chiari, sia dal comportamento degli amministratori ed al prof è capitato più volte di dovere affrontare questo problema operativamente se si trattasse di apporti dei soci con o senza obbligo di rimborso. Allora nel dubbio la giurisprudenza in questi casi propendeva sempre per dire che i soci non avevano diritto al rimborso. Oggi il legislatore ha preso posizione ed ha creato una disciplina di diritto sostanziale per i finanziamenti dei soci. Qui il legislatore è stato molto stringato, creando dubbi interpretativi. La regola di diritto sostanziale suona così : “il rimborso del finanziamento dei soci a favore della società- poi nel secondo comma il legislatore spiega che si tratta di finanziamento cattivo; i finanziamenti sono una categoria generale, ma quando qui il legislatore parla di finanziamenti intende quelli cattivi.-è postergato rispetto al rimborso degli altri crediti.” Qui il legislatore applica la regola della postergazione rispetto agli altri crediti. Di fronte alle due sub fattispecie di finanziamenti: il finanziamento nato in una situazione di squilibrio e il finanziamento nato in una situazione in cui sarebbe stato più ragionevole un conferimento il legislatore dice: “bene, cari soci avete voluto finanziare la società lo stesso; bene il vostro credito è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri crediti. Ora la postergazione è un istituto che nel diritto civile ha delle applicazioni peculiari, per esempio la clausola di postergazione è una clausola abbastanza utilizzata ma significa solo questo: io sarò pagato se e solo quando quell’altro sarà pagato, c’è dunque un creditore preferenziale; qui invece si parla di postergazione rispetto a tutti i creditori. Operativamente non è facile da immaginarsi; è stata data una prima risposta pi rigorosa, più legata al diritto tedesco e cioè la postergazione opera solo in presenza di un concorso dei creditori e cioè quando tutti i creditori sono messi sullo stesso piano e devono essere tutti concretamente soddisfatti. Ma cosa vuole dire concretamente soddisfatti? Vuole dire in caso di fallimento, in cui tutti i creditori possono partecipare alla distribuzione dell’attivo; nel secondo caso la postergazione opera in caso di liquidazione della società: il liquidatore di una società deve convertire in denaro il patrimonio della società e pagare i creditori. Cosa significa in concreto tutto questo? La società non va tanto bene; i soci non hanno nessun desiderio di mettere mano al portafoglio a fondo perduto ma vogliono il rimborso e quindi effettuano un finanziamento in una situazione di squilibrio; ad esempio sono dieci soci ognuno finanzia per cento; quindi finanziano per mille. Poi la società fallisce. Che cosa succede? I soci possono ottenere il rimborso del loro finanziamento soltanto se sono integralmente soddisfatti tutti gli altri creditori. In caso di fallimento che consenta la soddisfazione di tutti i creditori in cui sono soddisfatti tutti i creditori e resta ancora mille da distribuire tra i soci non appartiene al reale, ma all’immaginario. Ora quando la società fallisce nella maggior parte dei casi i soci non ottengono nulla; c’è chi dice che i soci possono insinuarsi al passivo e lo possono anche fare però potrebbero avanzare di spendere pochi euro di costo di insinuazione al passivo. Un discorso un pochino diverso può essere fatto in caso di liquidazione perché se la società va male, ma non poi così male da dover fallire può anche darsi che si ottenga una somma pari a quella da soddisfare tutti i creditori e poi rimanga ancora qualche briciola per soddisfare i soci. Ovviamente se rimangono mille come nell’esempio l’intera somma viene rimborsata, se rimane cinquecento la metà e così via. E fin qui il discorso è chiaro; il problema nasce se (ed il prof è di questa interpretazione) si ritiene di utilizzare la regola della postergazione al di fuori dal concorso, ovvero durante la vita della società e non nelle ipotesi di fallimento e di liquidazione della società. La società è in una situazione di squilibrio; i soci versano mille: sono finanziamenti nati in una situazione di squilibrio però la società riesce a tirare avanti e a salvarsi. Immaginiamo che decorsi i tre anni i soci avranno diritto alla restituzione del loro credito. Cosa devono gli amministratori? Prima tesi)’è un contratto con i soci quindi alla scadenza gli amministratori devono rimborsare il credito che vantano i soci; la società non è in stato di insolvenza, non c’è un concorso dei creditori e la norma non trova applicazione; seconda tesi) –più rigorosa- Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale è vero la società non è in liquidazione, non è in stato insolvenza, tuttavia sorge una domanda: nel momento in cui la società dovrebbe rimborsare la somma ai soci è in grado di soddisfare tutti i creditori? Se sì l’amministratore rimborsa tutto; se no prudenza nel rimborsare la somma ai soci. Questa seconda interpretazione più rigorosa porta ad applicare la regola della postergazione sempre, in qualsiasi momento della vita della società; cioè questa regola comporterebbe sempre l’obbligo per gli amministratori di valutare se al momento del rimborso la società sia in grado di fare fronte ai propri debiti. Il prof non entra nel merito del discorso che supererebbe anche la preparazione del prof ovvero come debba avvenire questa valutazione; se si devono considerare solo i debiti scaduti o anche i debiti in scadenza; queste sono operazioni complesse di carattere tecnico. Ma se si accede a questa seconda valutazione, si richiede agli amministratori una valutazione non facile al momento del rimborso per verificare se ci sia una situazione tale da consentire il soddisfacimento dei creditori, oppure se questa situazione non ci sia e non sia così possibile il rimborso. È chiaro che così però si fa un cattivo servizio agli amministratori perché si chiede ad essi una valutazione tutt’altro che facile e li si mette ad un bivio non semplice perché se non effettuano il rimborso si assumono la responsabilità di non adempiere ad un contratto, se invece lo effettuano in una situazione incerta a livello di soddisfacimento di tutti i creditori vanno ad applicare questa norma e se ne assumono la responsabilità. Il prof sarebbe per un’applicazione più rigorosa della norma e pensa che il rimborso debba essere effettuato soltanto se si crede che tutti i creditori possano essere rimborsati. Questa norma potrebbe avere una portata ulteriore: in scienza delle finanze si diceva che certe imposte sono importanti non tanto per il gettito che danno, quanto per la loro capacità di orientare verso certe dimensioni. Qui la norma sembra avere un impatto perché sembra rivolgersi ai soci e agli amministratori ed orientarli in una certa direzione e sembra dire: “Cari soci state attenti quando si tratta di finanziare la società: se la situazione è tranquilla,se non c’è un eccessivo indebitamento non ci dovrebbero essere problemi, se non state attenti nel momento del rimborso vi trovate di fronte al dilemma di rimborsare o non rimborsare”. Per cui la norma sembrerebbe dire ai soci e agli amministratori di cercare di evitare i finanziamenti e di effettuare piuttosto o i versamenti in conto capitale o gli aumenti di capitale; prediligere i mezzi propri. Addirittura potrebbe porsi anche questo dubbio: gli amministratori che in una situazione netta di squilibrio economico di fronte ad una società fortemente indebitata oppure in una situazione in cui sarebbe preferibile un conferimento rispetto ad finanziamento consigliano ai soci a fare un finanziamento non saranno poi in qualche misura responsabili o almeno non pongono in essere un comportamento poco corretto? Il prof crede che questa norma imponga agli amministratori di fare presente chiaramente ai soci quali sono le condizioni di un normale di finanziamento; che imponga un obbligo di informazione per gli amministratori; poi chiaramente se i soci insistono per effettuare finanziamenti con obbligo di restituzione sapranno che esiste la possibilità che questi prestiti non vengano mai restituiti. Bene, torniamo un attimo sul profilo temporale: la valutazione in ordine al carattere anomalo del prestito deve essere effettuata al momento della concessione del prestito stesso. Cosa succede se il prestito è effettuato in una situazione anormale e poi il clima cambia. Allora immaginiamo un prestito in una situazione di forte indebitamento della società in cui gli amministratori informano della regola della postergazione i soci, dicendo che il loro credito troverà soddisfazione soltanto dopo avere soddisfatto tutti gli altri creditori. In seguito le cose cambiano e la società non è più in una situazione di squilibrio e questo significherà che tutti i creditori possono essere soddisfatti e quindi anche i soci. Quindi qui il problema non sussiste. Ma cosa succederà invece se il prestito è stato effettuato in una situazione di equilibrio finanziario e poi al momento del rimborso la situazione si capovolge? Qui il legislatore prende in considerazione soltanto il finanziamento effettuato in una situazione anomala; se la situazione anomala è sopravvenuta la norma non trova applicazione, stando al dato letterario. Se i soci hanno finanziato la società quando le cose andavano Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale bene e al momento del rimborso la società è in affanno, gli amministratori stando alla norma dovrebbero rimborsare. Il prof si rende conto che questa è l’applicazione del dato letterale, francamente sembrerebbe però più logico che se c’è una situazione anomala sopravvenuta non si debba rimborsare il credito. Quindi se i soci effettuano il prestito e ci sono queste due condizioni di anomalia i soci non hanno diritto al rimborso, solo in situazioni di concorso di colpa secondo un’interpretazione, secondo l’altra interpretazione più rigorosa la valutazione è da effettuarsi in qualunque momento della vita societaria. Se invece i soci hanno ottenuto il rimborso di un finanziamento effettuato in una situazione anomala (meglio per loro, peggio per i creditori!) e poi la società è dichiarata fallita cosa succede? Quindi quali rischi corre il socio in questa situazione? Questo problema richiede per essere compreso nel fondo un’analisi della situazione: 1) in base alla legge fallimentare e cioè cosa succederebbe applicando solo la legge fallimentare, 2) poi richiede un’analisi in sede fallimentare sulla base dell’applicazione della sola norma sulla postergazione, 3) cosa succede in base alla norma specifica che affronta il problema in sede fallimentare 4) cosa succede alla luce della disciplina recentissima introdotta dalla manovra finanziaria che sembra orientare il problema in senso opposto. È una nuova prospettiva. Riprendiamo con il secondo versante della disciplina del finanziamento dei soci delle SRL, che rappresenta uno dei punti più importanti. Abbiamo visto quali sono i confini di diritto societario, oggi dobbiamo esaminare i confini di diritto attribuiti. I versamenti di soci nati in una situazione anomala possono essere restituiti ai soci alla scadenza solo quando tutti i creditori possono essere interamente soddisfatti. Si discute se questa regola vale sempre o solo in caso di fallimento o di implicazione della società. Cosa succede se il finanziamento viene rimborsato al socio, ma ad un certo intervallo di tempo, vedremo quale, interviene il fallimento della società? i soci riescono a ottenere il rimborso dei finanziamenti, o perché gli amministratori si sono un pò distratti , o perché si sono dimenticati certe norme, e poco dopo interviene il fallimento della società. Dobbiamo esaminare questo tema, che è il profilo più importante, distinguendo tre momenti: proviamo prima di tutto a verificare che cosa succede alla luce della sola disciplina fallimentare; che cosa succede alla luce della disciplina contenuta nell’art. 2467; che cosa succede alla luce di una nuova norma recentissimamente introdotta nell’estate scorsa. Che cosa succede alla luce della disciplina fallimentare? Il prof ricorda brevemente che cos’è l’azione revocatoria: nell’ambito della disciplina fallimentare era uno degli istituti più importanti, che trovavano più frequente applicazione nei confronti delle banche. Il prof fa un esempio molto semplice: Il fallimento è una procedura esecutiva, però la dichiarazione di fallimento ha delle conseguenze molto gravi, prima di tutto nei confronti del fallito (che si vede spossessato dei suoi beni); poi nei confronti dei creditori, che se vogliono essere soddisfatti devono partecipare obbligatoriamente alla procedura, tecnicamente “insinuarsi” al passivo e infine nei confronti dei rapporti in corso dell’ente (c’è una disciplina particolare) . Facciamo riferimento agli “atti pregiudizievoli” per i creditori: che cosa sono? partiamo da un esempio banale: un imprenditore o una società sono in stato d’insolvenza, quindi non sono più in grado di soddisfare regolarmente le loro obbligazioni e di conseguenza cessano i pagamenti. L’imprenditore può non essendo in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, effettua ugualmente qualche pagamento, (perché per esempio si vuol fare amico qualche creditore). A questo punto avremmo la maggioranza di creditori insoddisfatti e una piccola parte che ha ricevuto il pagamento dei loro crediti. Siamo di fronte a una disparità di trattamento palese. L’azione revocatoria è un azione promossa dal curatore diretta a rendere inefficace gli atti compiuti dall’imprenditore in stato d’insolvenza, prima di essere dichiarato fallito, pregiudizievoli per i creditori. Caso tipico è proprio il pagamento di una somma a un creditore, dove però gli altri creditori rimangono insoddisfatti è tipicamente un atto pregiudizievole nei confronti degli altri creditori. Cosa vuol dire che l’atto Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale è inefficace? Banalmente significa che l’atto viene cancellato, e come se non ci fosse. Di conseguenza, venendo cancellato l’atto (e cioè risultando inefficace) il creditore che ha ottenuto il pagamento deve rimborsare la somma al curatore. Quest’ultima rientrerà nella massa attiva, e poi quel creditore parteciperà alla procedura come tutti gli altri; L’azione revocatoria è riuscita a riequilibrare la situazione. In realtà, il sistema duale dell’azione revocatoria è molto più complesso. Nel caso visto il curatore proponeva operativamente azioni revocatorie nei confronti di creditori che avessero ottenuto pagamenti cospicui, in quanto visti i costi dell’azione giudiziaria nessuno si sognava di andare a revocare i pagamenti d’importo modesto, e soprattutto nei confronti di creditori che una volta revocato l’atto, fossero in grado di restituire le somme ricevute. Per cui l’azione revocatoria aveva come destinatari normalmente grandi fornitori, ma soprattutto le banche che avessero ottenuto parzialmente o integralmente la restituzione di un prestito. Il sistema però (e anche la giurisprudenza) aveva premuto troppo l’acceleratore sull’azione revocatoria; non per nulla, infatti la riforma fallimentare è partita proprio dalla riforma dell’azione revocatoria, attraverso la sua modifica nel 2005 e nel 2006/2007. Oggi l’azione revocatoria presenta una serie di atti esentati da essa, inoltre si è notevolmente addolcita nei confronti delle banche. Ma la cosa più interessante, che ha messo l’azione revocatoria in un angolino, è stata la riduzione del cosiddetto “periodo sospetto”. Cos’è il periodo sospetto? Per semplificare le cose il legislatore nell’azione revocatoria dichiara revocabile certi atti, a certe condizioni, purché intervenuti entro un certo limite di tempo rispetto alla dichiarazione di fallimento. Ci sono una serie di categorie di atti e ci sono dei presupposti; questi atti devono intervenire in un intervallo di tempo, che oggi è molto limitato. Per cui l’azione revocatoria è diventata molto marginale rispetto a prima. Gli atti revocabili sono distinti dal legislatore in 3 grandi categorie: - Ci sono degli atti revocabili di per sé: l’unica condizione è che siano intervenuti nei due anni dalla dichiarazione di fallimento, senza la presenza di altre condizioni. Sono atti, che depauperano il patrimonio della società e favoriscono certi soggetti. Questi atti sono: - gli atti a titolo gratuito, che non hanno un corrispettivo; e - i pagamenti di crediti con scadenza successiva alla dichiarazione di fallimento, quindi crediti non ancora scaduti al momento della dichiarazione di fallimento, in quanto il pagamento anticipato di un credito che sarebbe scaduto dopo la dichiarazione di fallimento non ha nessuna ragione di essere esentato. Se questi atti sono compiuti entro due anni dalla dichiarazione di fallimento sono revocabili. - Ci sono atti considerati particolarmente gravi dal legislatore, perché sintomatici dello stato d’insolvenza. Sono atti anomali, che dimostrano che uno è in stato d’insolvenza. Sono sostanzialmente 3 categorie di atti: - gli atti sproporzionati, cioè gli atti in cui c’è una notevole sproporzione tra prestazione e contro prestazione. Per esempio se io sono un imprenditore in difficoltà, pur di ottenere denaro vendo i miei prodotti o i miei servizi ad un prezzo fuori mercato. Questo è un atto sintomatico dello stato d’insolvenza; - Altra ipotesi di atto anomalo è quello del pagamento posto in essere con mezzi non normali; io imprenditore in crisi dovrei pagare 1000 euro, non li ho e allora pago in natura (sì sì, come fa spesso e volentieri mia sorella!!!ehi tu.. non penserai mica male di mia sorella?!? Eh, sarà meglio..), per esempio dando dei prodotti o altri beni. Un atto di questo tipo è abbastanza sintomatico dello stato d’insolvenza. - Un’altro atto considerato anomalo, che riguarda in particolare le banche, è quello della “garanzia non contestuale”; la garanzia concessa contestualmente al momento in cui si fa un prestito è un atto normale, però quello che è anormale è se io faccio un prestito senza chiedere nessuna garanzia e in seguito la vado a richiedere. Questi atti anomali possono essere revocati nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento e Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale il soggetto su cui viene esperita l’azione revocatoria sarà esente da essa, se dimostra (roba tutt’altro che facile nel caso dell’atto anomalo) che non era a conoscenza dello stato d’insolvenza del soggetto, al momento in cui è sorto l’atto. - L’ultima categoria riguarda gli atti normali, in particolare i pagamenti, fatti nei sei mesi dalla dichiarazione di fallimento. Quando l’imprenditore in stato d’insolvenza, paga un creditore, questo atto può essere revocato, quindi il creditore che ha ricevuto la somma deve rimborsarla, se l’atto è intervenuto nei sei mesi dalla dichiarazione di fallimento (c’è quindi un tempo abbastanza circoscritto). In questo caso, però è presente una precisa condizione, l’atto è revocabile se il curatore dimostra, che il creditore che ha ottenuto il pagamento conosceva lo stato d’insolvenza del debitore. Questo è il quadro generale: abbiamo degli atti che non hanno una giustificazione economica, revocabili purché posti in essere nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento; degli atti anomali sintomatici dello stato d’insolvenza revocabili nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, e poi gli atti normali, i pagamenti revocabili intervenuti nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento purché il curatore dimostri che il creditore (che ha ricevuto il pagamento) era a conoscenza dello stato d’insolvenza. Tutto questo è il quadro che abbiamo dal 2007 in avanti. Prima della riforma fallimentare, cioè del 2005 (la riforma fallimentare si è sviluppata nel 2005-06-07) avevamo le stesse categorie di atti ma i termini erano diversi, ed erano sempre 2 anni per gli atti della prima categoria, cioè quelli che non hanno una giustificazione economica; 2 anni per gli atti anomali e 1 anno per gli atti normali . Proviamo sulla base di questo contesto a replicare, in base alla legge fallimentare, che cosa succede in presenza di un prestito rimborsato e per la dichiarazione di fallimento. La società ha bisogno di denaro, viene stipulato un accordo tra la società e i dieci soci, ciascun socio versa 100 euro e la società acquisisce 1000 euro. Nel mese di luglio gli amministratori convocano i soci e gli dicono che vogliono rimborsare il finanziamento. Ogni soci riacquista i 100 sono tutti felici, ma poi la felicità viene meno in quanto dopo la società viene dichiarata fallita. Cosa sarebbe successo prima della riforma della legge fallimentare? La società è debitrice nei confronti del socio che ha effettuato il prestito, quindi quest’ultimo è un creditore della società. Il rimborso del prestito è di conseguenza il pagamento di un debito della società, quindi il socio ha ricevuto un pagamento. È revocabile? Sì, se è intervenuto nell’anno (prima condizione) e (seconda condizione) il curatore deve dare la prova che il socio creditore nel momento in cui ha ricevuto il pagamento era a conoscenza dello stato d’insolvenza (tutto ciò prima della riforma). È un prova difficile? Normalmente no, un socio in una SRL di piccole dimensioni al massimo ha 10 soci, può essere anche un amministratore, non è difficile dimostrare che al momento del rimborso, dopo il quale la società è fallita, era a conoscenza dello stato d’insolvenza della società. Siamo nel 2010, dopo la riforma fallimentare, cosa cambia? Cambia solo il periodo sospetto, il rimborso del pagamento deve essere intervenuto nei sei mesi, il curatore deve sempre provare che il creditore era a conoscenza dello stato d’insolvenza. Fin qui tutto in base alla legge fallimentare. L’articolo 2467 contiene una norma di diritto fallimentare, tutt’altro che agevole da interpretare. In sostanza questa norma prevede che, se il finanziamento è rimborsato dalla società al socio nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. Questa norma non dice altro, a chi deve essere restituito il pagamento? Naturalmente al curatore. Le somme rimborsate al socio debbono essere restituite al curatore perché facciano parte dell’attivo fallimentare. Quale azione è questa? Possiamo immaginare che sia una particolare ipotesi di azione revocatoria contenuta nel codice civile. Se è un azione revocatoria è sottoposta a tutta la disciplina dell’azione revocatoria; se non lo fosse non si saprebbe che disciplina applicare. Immaginiamo che sia una particolare ipotesi d’azione revocatoria. Allora la prima domanda che ci si pone è la seguente: “ Ma quest’azione revocatoria è l’unica strada che può essere Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale percorsa dal curatore oppure rimane in piedi la normale azione revocatoria disciplinata dalla legge fallimentare”? Nulla dice che questa sia una strada esclusiva: quindi molto probabilmente il curatore può giocare su due tavoli, può utilizzare l’azione revocatoria prevista dalla legge fallimentare oppure questa peculiare azione revocatoria prevista dall’articolo 2467, primo comma. Quale sceglie il curatore? Il discorso cambia tanto a seconda che ci si collochi prima o dopo la riforma (oppure se il rimborso è stato posto in essere nei 6 mesi o nell’anno). Quando il legislatore ha dettato questa norma, esisteva ancora la vecchia legge fallimentare e quindi i pagamenti erano revocabili se effettuati entro l’anno dalla dichiarazione di fallimento. Adesso le cose sono cambiate, e quindi si ha una situazione di disparità di trattamento, mentre i pagamenti ha qualsiasi creditori sono revocabili se effettuati nei sei mesi, questi rimborsi ai soci sono revocabili se intervenuti nell’anno; quando si diceva che il creditore ha scelta, in realtà non era esatto, il curatore ha scelta tra le 2 azioni se il rimborso è intervenuto nei sei mesi, ma se il rimborso è intervenuto nell’anno può solo scegliere questa strada. Quindi, se la società fallisce oggi e se il rimborso è avvenuto il 2 gennaio, essendo passati 6 mesi, il curatore non potrà usare questa norma, potrà chiedere la revoca del rimborso applicando questa norma perché il rimborso è avvenuto nell’anno. Se invece, oggi venisse dichiarato il fallimento e il finanziamento fosse stato rimborsato il primo di agosto, stando nei 6 mesi, il curatore potrebbe giocare su due tavoli. C’è un’enorme differenza. immaginiamo il caso concreto: rimborso intervenuto il primo agosto e la società fallisce oggi, a 2 mesi e mezzo di distanza; siamo nei 6 mesi. Il curatore che ha studiato molto bene sia il diritto societario che fallimentare, s’interroga su quale azione esperire. Se sceglie la strada dell’azione revocatoria “normale” prevista dalla legge fallimentare sa che deve provare, che è intervenuto il rimborso di un finanziamento (cosa non difficile in quanto risulta dalle scritture); sa che deve provare che è intervenuto nei sei mesi (anche questo risulta documentalmente). Inoltre, deve provare la conoscenza dello stato d’insolvenza: la conoscenza dello stato d’insolvenza da parte di un socio è molto facile da provare; la giurisprudenza ritiene che possa essere provata anche solo per presunzione. Immaginiamo che un socio ha ottenuto o che un socio amministratore si sia rimborsato il finanziamento al primo agosto e poi la società fallisce il primo ottobre, è molto difficile che il socio non fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza, salvo ipotesi molto marginali, per esempio se sono capitate circostanze molto gravi tra agosto e ottobre, che hanno portato al fallimento. Se invece, sceglie l’altra strada è ritiene di applicare questa norma, cosa deve provare? Prima di tutto che il rimborso sia intervenuto nell’anno, ma non deve provare che il socio fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza, in quanto il legislatore non lo dice. Da questo punto di vista ha un onere di prova più leggero. Ma cosa deve provare? Qui il legislatore parla del rimborso di un finanziamento, quindi di un finanziamento andato male. Per ricorrere a questa norma il curatore deve provare non solo l’esistenza del finanziamento e il rimborso del finanziamento, deve inoltre provare che il finanziamento è nato male, in una situazione di squilibrio finanziario; questa prova in certi casi può essere una prova semplice, in quanto basta vedere i bilanci e fare le operazioni che determinano gli indici di bilancio e ci permettono di vedere una situazione palese di squilibrio. Ma in altri casi può essere molto difficile: questa norma, se per qualche verso agevola il curatore sotto il profilo dell’onere della prova (in quanto non deve provare la conoscenza dello stato di insolvenza), ma per altro verso deve provare che il finanziamento è stato fatto in un situazione anomala: per cui se il finanziamento è nato in una situazione normale non può usare questa strada, può usare solo l’altra norma. Se il rimborso è avvenuto nell’intervallo tra l’anno e i sei mesi dalla dichiarazione di fallimento, il curatore non può che seguire questa strada, e dimostrare che si tratta di un rimborso di un finanziamento che è nato in una situazione anomala. Se invece, il rimborso è avvenuto nei sei mesi, il curatore potrà sia seguire questa strada dando questa prova, oppure potrà semplicemente provare che era il normale pagamento di un credito a favore del socio prima dello stato Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale di insolvenza. Vedete come effettuare un finanziamento a favore della società, in una situazione di squilibrio finanziario è molto pericoloso, perché il socio potrebbe non ottenere il rimborso o magari poi dovrebbe restituirlo al curatore. Il legislatore, con una legge recentissima, ha rovesciato il discorso, dicendo “cari soci finanziate pure la società in crisi, in quanto se poi la società fallisce sarete i primi a essere rimborsati”. Questo è paradossale, in quanto se la società fallisce i soci sono messi al primo posto ad essere rimborsati; con questa norma si ha un totale rovesciamento. In realtà questa norma ha una sua spiegazione e si collega in una situazione di crisi. Per capire la portata di questa norma si deve tenere conto di 2 circostanze: - La difficoltà di ottenere i finanziamenti dalle banche, per questo i soci mettono mano ai portafogli; 1. Il legislatore già nel 2005, 2006 e 2007 con la riforma fallimentare ha cercato di incentivare cosiddette “le soluzioni alternative della crisi”, cioè le soluzioni diverse dal fallimento. Il legislatore ha cercato di incentivare la vendita dei beni che fanno parte dell’attivo fallimentare non singolarmente (atomistica), ma nel loro complesso, o rami d’azienda o addirittura tutta l’azienda funzionante. Il primo obiettivo del fallimento dovrebbe essere quello di non sospendere l’attività d’impresa, e secondo obiettivo è di vendere l’azienda nel suo complesso , per non distruggere la sua ricchezza che è propria di un azienda funzionante, per mantenere il prezzo d’avviamento e i livelli occupazionali. Il legislatore ha previsto soluzioni alternative, attraverso l’accordo tra i creditori per evitare il fallimento e salvare l’azienda. Queste alternative sono: 1) il concordato preventivo; 2) gli accordi di ristrutturazione di debiti. Nel caso di un concordato, il debitore-imprenditore in stato di crisi propone ai creditori un piano che può prevedere o la vendita dei beni per il soddisfacimento dei creditori, in base a certe percentuali, oppure l’acquisizione dei beni da parte di un assuntore che si impegna a pagare i creditori secondo certe percentuali. Nel caso del concordato potrebbe anche continuare l’attività d’impresa durante la procedura e potrebbe essere necessaria la cosiddetta “nuova finanza”, cioè nuovi apporti finanziari proprio per eseguire il piano concordatario. Tale piano viene predisposto sotto la vigilanza del tribunale e con l’ accordo dei creditori. Il legislatore per incentivare questa “nuova finanza” aveva già stabilito che i terzi (banche) che avessero effettuato dei finanziamenti in esecuzione del concordato preventivo, in caso di fallimento, fossero posti al primo posto. Ora in questa norma si aggiunge che, anche i soci che hanno effettuato un finanziamento in esecuzione del concordato o del piano concordatario, ma successivamente il concordato non raggiunge i propri obiettivi e l’imprenditore fallisse, i soci finanziatori sono posti al primo posto nella graduatoria delle restituzioni. Questo proprio per incentivare le banche e gli stessi soci ad effettuare dei finanziamenti per agevolare la realizzazione di un piano concordatario. Qui si ribalta veramente la situazione, perché abbiamo dei finanziamenti fatti dai soci che sono sicuramente dei finanziamenti fatti in situazione anomala. Se c’è un concordato vuol dire che la società si dichiara in stato di insolvenza, o per lo meno di grave di crisi, quindi il finanziamento arriva in un momento dov’è chiaro che la società è in uno stato di forte squilibrio dove però è in esecuzione un piano proprio per superare questa situazione e permettere alla società di non fallire. Il legislatore dice che, in questo caso, se il piano non si realizza, cioè il concordato non va a buon fine e la società viene dichiarata fallita, i soci che hanno fatto il finanziamento hanno il diritto di essere posti al primo posto. Il legislatore aggiunge “ per l’80 %”. Il professore non sa per quale ragione. Quindi i soci hanno il diritto ad essere collocati al primo posto, ma non per ottenere l’intero rimborso, ma per ottenere l’80% della somma data per finanziare la società. Per il restante 20% non parrebbe dubbio che trattandosi di finanziamenti concessi in situazioni chiaramente anomale, non valendo questa norma, si tratta non solo di un credito non messo al primo posto ma di un credito postergato. Quindi i soci devono sapere che: se Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale finanziano la società, in esecuzione di un piano concordatario, e le cose vanno bene, la società non fallirà; ma, se le cose vanno male, ottengono il rimborso per l’80% e per la restante parte (20%) possono mettere una bella croce, in quanto valgono le norme generali che prevedono un credito postergato. E’ significativo che la norma di cui ci sta parlando dica proprio “in deroga all’art.2467 c.c “. Quindi chiaramente lo stesso legislatore che dice che questa norma, che consente di collocare in primo piano (80%) il credito dei soci finanziatori, è una norma che deroga. E’ chiaramente l’opposto dell’ art. 2467. In che contesto è nata questa regola? È nata nell’ ambito di un lungo, complicato ed eterogeneo decreto d’urgenza, che contiene la manovra finanziaria di quest’anno. Il decreto legge 31 maggio 2010 n.78, convertito in legge (con alcune modificazioni) n. 122 del 30 luglio 2010. E’ necessario guardarsi un po’ attorno. Non bisogna mai esaminare le norme solo nel loro contesto ma occorre avere sempre un quadro più generale. L’art. 2467 è collocato nella disciplina delle Srl, quindi vale solo per i finanziamenti effettuati dai soci di Srl a favore di tale società. E se i soci di Spa effettuano un finanziamento? E se i soci di Spa effettuano un finanziamento in grave in una situazione di squilibrio finanziario? questo credito dei soci sarà postergato oppure è un credito come quello di tutti gli altri creditori?La domanda non è di poco conto perché a seconda della risposta, avremo una notevole disparità di trattamento tra i soci delle Srl e delle soci di Spa. I soci delle Srl sono bastonati se effettuano finanziamenti in una situazione anomala (sono un po’ più brutti, un po’ più cattivi) e i soci delle Spa sono trattati meglio, (sono più belli)? E invertendo, i creditori di una Srl sono tutelati e i creditori di una Spa no? La risposta alla domanda non è tanto facile. Un aiuto ci può essere dato da un’ altra norma, molto importante, che parla di finanziamenti rinviando a questa disciplina. Forse un ulteriore risposta ci viene data da una norma introdotta dalla manovra finanziaria. Nell’ambito della disciplina dei vari modelli societari, il legislatore, dopo aver disciplinato i sei modelli di società con scopo lucrativo, si occupa di profili di carattere generale (liquidazione, operazioni straordinarie e profili, molto importanti, di direzione e coordinamento). La disciplina della direzione e del coordinamento riguarda la disciplina dei gruppi. Il legislatore non ha introdotto una disciplina generale dei gruppi, ma sostanzialmente parlando del potere di direzione e coordinamento ha previsto le regole più importanti. Una di queste regole riguarda i finanziamenti infragruppo. Si fa riferimento a finanziamenti effettuati da una società del gruppo a favore di un’ altra società del gruppo. Immaginiamo un ipotesi molto semplice, dove c’è una controllante, poi una o più controllate (figlie) e poi altre controllate e così via. L’art. 2497 quinquies riguarda i finanziamenti con riferimento ai gruppi (mentre attenzione l’art. 2467 riguarda i finanziamenti nelle Srl). La norma è molto semplice e dice :” Ai finanziamenti effettuati a favore della società all’interno dei gruppi si applica l’art. 2467”. Questo vuol dire che la norma che abbiamo esaminato in tutte le sue componenti si applica ai finanziamenti infragruppo. Immaginiamo che ci sia la società Alfa che controlla la società Beta. Quindi la società Alfa è socia di maggioranza delle società Beta. Se viene effettuato un finanziamento in una situazione anomala la restituzione sarà possibile solo secondo i criteri della postergazione, cioè quando gli altri creditori possono essere soddisfatti. Se il finanziamento è stato restituito scatteranno le norme che abbiamo esaminato se fallisse la società finanziata. Il legislatore parla di finanziamenti infragruppo, quindi di finanziamenti effettuati dalla società controllante alla controllata, oppure dalla controllata alla controllante, o da 2 società dello stesso gruppo (due società sorelle), oppure da una società sorella ad un’ altra società del gruppo. Quindi possiamo avere dei finanziamenti effettuati da non soci. Immaginiamo il caso più semplice: Alfa controlla, cioè è socio di maggioranza, di Beta e di Gamma. Gamma finanzia Beta o Beta finanzia Gamma. Beta e Gamma sono due società sorelle, tutte e due controllate da Alfa ma non sono mica socie di maggioranza. Vedete sono finanziamenti da non soci, da società del gruppo non soci. Certo, il finanziamento dalla controllante alla controllata è sempre un finanziamento di un socio alla società socia. In Andrea Balla Sezione Appunti Diritto commerciale
Questa è solo un’anteprima: 36 pagine mostrate su 181 totali. Registrati e scarica gratis il documento.